Streghe e Befane
Giuseppe Iannozzi
Dall’archivio privatissimo perché non ce l’ha solo lui…
e chi ha orecchi per intendere intenda. – g.i.
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Angeli caduti
Beppe Iannozzi
Cicorivolta edizioni
ISBN 978-88- 97424-56-7
pagine: 230
© 2012
prezzo: € 13,00
D’amore 4
Romantica Vany e Giuseppe Iannozzi
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ISBN 9781291228212
pagine: 122
© 2012
prezzo: € 10,00
La Strega
Appena separata
da quell’angelo di tuo marito?
E però la scopa a casa
te la sei portata di gran carriera
e l’hai provata e pure la sfera
per rimbambire il destino
e il portiere un po’ tanto meschino
che ti fa la posta giorno e notte
per portarti a letto
Ma tu, che sei strega e befana,
gli hai dato buca e ‘na grossa grana
da pelare invece della tua bella gatta!
Ché quello non aveva denari,
né altri lucenti affari
per le mani, niente di niente
che potesse far felice l’anima tua ingorda,
che di certo non aspira né alla vergogna,
né a pender da una vile corda
Così adesso balli con me
Balli con me che son brutto Belzebù,
che un Gesù non ce l’ho
e che però non ti lascio giù
a prenderti le livide fiamme dell’Inferno:
preferisco infatti portarti nel mio cuore ogni verno
e primavera; e, in caso, spaccarti quella sfera
che ti porti dietro da mane a sera
per divinar responso su questo e quello
manco potessi cambiar le stelle,
la decisione che noi ci uniremo
per imeneo infernale,
andando in gita per la vita sull’Acheronte
Avanti, asciugati la fronte
E continuiamo a ballare, a ballare:
poi ci toccherà anche di scopare
Occhi neri
La prima volta che ti ho incontrata,
l’ho capito dal tuo sguardo
che eri una strega: tacchi alti,
gambe lunghe, e occhi neri, lucenti sì,
ma d’una luce diversa, presa dall’Inferno!
La prima volta che ti ho regalato una rosa,
non hai battuto ciglio, l’hai presa in mano
e mi hai guardato strano; in quel momento
ho capito, ero fregato per sempre e di più
La prima volta che ho tentato di baciarti,
con uno schiaffo mi hai fatto volare lontano
dal tuo bel seno: cinque petali di fuoco
riposano ancora sulla mia guancia
Però le labbra mie ardenti non han perso
né il vizio né il desiderio d’incontrare
il tuo sapore, la tua lingua
Ci sono state tante prime volte con te
Io ho sempre perso qualcosa, un dente
il cuore, un ritaglio d’animo, e mai la vita
nonostante tu ci abbia provato
a portarmela via con tutta la tua malizia,
vestendoti di nudità, magia e ambiguità
Ci sono state tante prime volte con te
Strega, una strega sei: non sei cambiata
d’una virgola da quando ti ho conosciuta
Sempre bella uguale sei, sempre perfida
Lo stesso sguardo nero più del nero,
che viene dritto dall’Inferno e che sfida
degli uomini la saggezza e la stupidità
Una strega sei, con te ogni partita è persa
sin dall’inizio: avevo messo in conto,
pure questo, perciò non smetterò mai
di portarti di mia mano ogni dì una rosa,
una rossa rosa
Con la Strega a Nozze
Quand’è
che ci sposiamo?
Dài, fissa la data
E poi la luna di miele
Avanti, fissa la data…
O ti prendo lo stesso
E poi non potrai
neanche gridare
che ti faccio male
Ti prendo lo stesso
e ti metto a letto
Ti butto sul letto
tutta nuda come sei
Ti prendo e cosi sia
Avanti, smettila
di agitarti, smettila
Adesso devi amarmi
Devi amarmi, Strega
Avanti, vieni, vieni
Fammi sentire l’amore
Bagnami di lacrime
Bagnami di dolore
Bagnami di orgasmi
Avanti, vieni, vieni
Avanti, sei in testa
La mia preferita
Vieni e non ci pensare
Bagnami di risate
a squarciagola
Bagnami, amami
fino a farmi morire in te
Avanti, sei la prima
Sei la festa dei sensi miei
Sei il principio e la fine
Avanti, vieni e basta
e sculetta come piace a me
Avanti, donna e strega,
sculetta come piace a me
Avanti, vieni e basta
Sculetta come piace a me
Tutta nuda, tutta nuda
Sculetta come piace a me
Tutta nuda, tutta nuda
Sculetta come piace a me
Come piace a me, a me, a me…
Tutta nuda, una Maria Maddalena
nel mio letto, per il nostro sesso
Tutta nuda, una Maria Maddalena
nel mio letto, per il nostro sesso
Nuda, nuda come il peccato
Nuda e cruda come il peccato
DIANA
Strega, una strega sei tu, Diana
Sei il mio diletto, il letto in difetto
e il dispetto che porto in petto:
segnato e crociato come chi
monta l’asta e lo scudo in mano
per muover guerra ai Saraceni
Strega, una strega sei tu, Diana
Faccia di cera la tua, che il desio
mi dispera, ma che non disperde
l’essenza del viro che sono, pronto
a un postribolo nuovo ogni sera
Del mio bel sorriso che oggi conosci
Del mio bel sorriso che oggi conosci,
domani resterà un vuoto di carie
per la tua bocca schiusa alla speranza
ma muta di parole, di sostanza
perché chi come me oggi scrive, domani no;
chi invece come te scrive per professione
ogni giorno muore un po’,
in un ricordo che
– noi lo sappiamo – subito si stempera
nell’intervallo fra l’alba e il tramonto
Del mio bel sorriso che oggi conosci,
domani un utile vuoto per un dì
che gli occhi miei non vedranno mai
Sepolto rimarrò, ché io meno d’un frangente
– giusto un guizzo schizzato dentro alla mente
Più freddo del marmo sarò, del legno
senza più la radice madre, buono però
per la terra, per i semi nelle zolle sepolti,
e per il concime dall’aratro rivoltato
Dove vai lascia che ci sia
Dove vai, dove? Parti e via, parti, vai via
Guardo il cielo, c’è una goccia di sole
e c’è una goccia di pioggia, una lacrima
Dio comanda alle gambe d’andare
Dio comanda di lavorare per mangiare,
per fare all’amore – lavorare fino a quando?
Non ho orecchi, ho una bocca capricciosa
e il cervello sempre spettinato
che non si abitua mai alle ciminiere,
a tutto il fumo che vomitano nell’aria
Ma tu devi andare via, un’altra volta via
E io non ho armi per trattenerti,
né un giornale da leggere per ingannare il tempo
E quasi cado in tentazione,
quasi cado in ginocchio a pregare
affinché tu possa un giorno far ritorno da me
Dovunque tu vada, porta con te un po’ di me
Dovunque il viaggio della vita ti porterà,
lascia che ci sia anch’io al tuo fianco,
come un’ombra leggera
– da prendere a calci, calpestare, ignorare
Lascia solo che in qualche modo ci sia,
per una promessa di vita sotto questo cielo,
sotto questo cielo di stanchezze e tenerezze
Lascia solamente che ci sia, che ci sia
Sangue galeotto
Giuro che malinteso fu
Un galeotto maligno
s’insinuò fra noi, Vampira
Lo so che non sei più bimba
e che ora il sangue dalle vene
mi vorresti succhiar tutto,
tutto d’un fiato e buttarlo giù
fino a vedermi ai tuoi piedi
Ma te lo giuro su Gesù
che io non vedo più un tubo:
sarà che il diavolo c’ha messo
lo zampino o non so che altro
Però se vieni a casa mia
vedrai che non si vede
né l’aglio né mio figlio
oramai perso chissà dove,
forse in qualche osteria
a pizzicar i culi alle mignotte;
o ubriaco,
com’è più facile immaginare,
a farsi cavar i denti
da un marinaio ben in arnese
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