“Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger: un romanzo non inferiore a “Se questo è un uomo” – recensione di Giuseppe Iannozzi

Ho sognato la cioccolata per anni

Trudi Birger

di Giuseppe Iannozzi

Ho sognato la cioccolata per anni – Trudi Birger
Traduttore: Maria Luisa Cesa Bianchi
Piemme – Collana: Pickwick – Pagine 191
ISBN : 9788868366476 – Prezzo di copertina: 8,90 €

Ho sognato la cioccolata

Trudi Birger, sopravvissuta agli orrori della Shoah, al termine della Seconda guerra mondiale si è trasferita a Gerusalemme dove ha vissuto, fino alla fine dei suoi giorni, insieme alla sua numerosa famiglia. Derubata della giovinezza, ha scelto di dedicarsi con tutte le sue forze ai bambini più poveri, di qualunque etnia e religione fossero, fino alla sua morte, nel 2002. ”Ho sognato la cioccolata per anni”, il racconto della sua esperienza nei campi di concentramento, è stato tradotto in tutto il mondo, suscitando grande commozione. Il seguito della storia è narrato in ”Da bambina ho fatto una promessa”. Entrambi i titoli sono disponibili nel catalogo Piemme, più volte e giustamente ristampati.

“Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger, un romanzo autobiografico, e per molti versi esemplare, non inferiore a “Se questo è un uomo” di Primo Levi. La Birger ci consegna, con assoluta modestia, un grandissimo romanzo che ci parla della Shoah, della guerra, e di una madre e di una figlia che giurano a sé stesse di essere persone migliori, nella speranza che un domani ci sarà. Ecco servita una narrazione che guarda sì alla Shoah, ma con particolare attenzione alle radici della propria famiglia e non solo a quelle del popolo ebraico. Questa peculiarità restituisce al lettore una emozione proiettata verso le innumerevoli sfaccettature della Storia. L’azione balsamica, o terapeutica per usare un aggettivo oggi molto in voga, grazie alla penna di Trudi Birger, non è fine a sé stessa, congeniale al solo rapporto scrittore-lettore, ma al contrario si consegna alla memoria collettiva, con commozione e autentica pietas. La testimonianza della Birger ci insegna che mai ci si deve arrendere all’odio. Nella prefazione a firma di Jeffrey M. Green si legge: “Questa è la storia eccezionale di un essere umano: Trudi Birger, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, strappata alla morte poco prima di essere spinta nel forno crematorio del campo di concentramento di Stutthof. […] Intenzione di questo libro non è semplicemente l’esposizione di una serie di fatti, quanto quella di far rivivere il vissuto personale dell’esperienza di Trudi.”

La rabbia, dovuta all’incomprensibile sterminio di massa, una rabbia umana che è la forza di rimanere aggrappate alla vita nonostante tutto, la fame che scandisce i giorni ma non divora mai completamente la speranza che un giorno gli alleati metteranno a tacere l’orrore nazista, viene descritta dall’autrice con sofferta emozione, che non cede all’autocommiserazione:

“Al campo ero sempre affamata. Di notte sognavo tazze fumanti di cioccolata e croccanti panini con tanto burro. Erano sogni così intensi da sembrare reali e in pieno contrasto con le piccole quantità di cibo che ci venivano date. Malgrado le disumane condizioni della vita, malgrado la paura e la degradazione, la sofferenza fisica e la fame, ero ancora ostinatamente attaccata alla vita e lottavo per tenere alto il morale mio e di mia madre. Anche la rabbia ci dava forza, la rabbia di essere state abbandonate, di essere tagliate fuori dal resto del mondo. Quanto ancora ci sarebbe voluto prima che gli Alleati sbaragliassero i nazisti? Eravamo sicure che avrebbero perso la guerra, e ci aggrappavamo alla speranza di poter vedere quel giorno.”

Aleggia delicato il desiderio di rimuovere l’accaduto, ma non è davvero possibile, perché Trudi sa che i cinque anni trascorsi nel lager fanno oramai parte non solo della sua vita ma della Memoria, e non sarebbe davvero giusto dimenticare dimenticando i tanti che non ce l’hanno fatta a vedere la luce del sole al di là del filo spinato, a salvarsi dalla follia nazista:

“Ancor oggi una parte di me dice… Cancella quei cinque anni dalla tua vita! Non parlarne. Vivi nel presente, per il futuro. Quella parte di me vuole scrollarsi di dosso i ricordi. Ma io non fuggo, perché un’altra parte in me dice che cancellare il passato è un’offesa alla memoria di chi ha sofferto e all’immensa moltitudine che non è sopravvissuta. Per questa ragione ho spesso parlato a gruppi di scolari israeliani nella giornata commemorativa dell’Olocausto. Trovo penoso e spossante stare di fronte a un gruppo di persone ed esporre le mie sventure. Mentre parlo, non vedo più i giovani davanti a me. Vedo il ghetto e i campi. Vedo le vittime e i loro cadaveri. E tutta la paura di quegli anni ha di nuovo il sopravvento. Eppure, per quanto sia estenuante, continuo a farlo. Mi sento in dovere di trasmettere la storia dell’Olocausto alla nuova generazione, ed è giusto che sia così visto che c’è ancora chi la può raccontare”.

È questa la storia di una bambina che viene strappata dalla quotidianità di Francoforte per trovarsi presto rinchiusa nel ghetto di Kosvo, in attesa di finire nel campo di concentramento di Stutthof; è la storia di una bambina la cui vita è appena all’inizio, di una bambina armata solo della sua innocenza; è la storia di un grande coraggio là dove speranza fatica non poco a non scemare… la protagonista si lega alla madre, a tutto ciò che essa rappresenta per lei e per la Memoria del popolo ebraico. Un’intensità dolorifica e salvifica esposta senza censure né ritrosie, neanche quando annichilita nel corpo, ma non nello spirito, nuda e rasata a zero viene accompagnata verso il forno crematorio.

“Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger è una testimonianza di grande impatto emotivo, un romanzo che non posso fare a meno di consigliare a chiunque oggi tenta, bene o male, di parlare delle tragedie personali e globali che si sono consumate prima durante e dopo la Seconda guerra mondiale. È da leggere per la lezione di umano coraggio che ci offre, per la pietas che in questa storia c’è; per la forza dilagante di non dimenticare mai le proprie radici familiari, e non da ultimo perché alto esempio di scrittura autobiografica, ma senza strascichi di ottusità votata alla commiserazione.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
Questa voce è stata pubblicata in attualità, classici della letteratura, consigli letterari, critica, critica letteraria, CULT, cultura, editoria, Iannozzi Giuseppe, letteratura, libri, narrativa, recensioni, romanzi, scrittori e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a “Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger: un romanzo non inferiore a “Se questo è un uomo” – recensione di Giuseppe Iannozzi

  1. My Low Profile ha detto:

    “Se questo è un uomo” lo lessi alle medie su suggerimento della professoressa: ne fui scioccata, rattristata e disgustata, perché la mia mente giovane non era mai entrata in collisione con le barbarie umane. Grazie del suggerimento, Giuseppe! Segno nella lista.

    Piace a 1 persona

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.