Marco Candida – Il diario dei sogni – intervista all’autore di Giuseppe Iannozzi – Las Vegas edizioni

Marco Candida

Il diario dei sogni

di Giuseppe Iannozzi

Marco Candida
Il diario dei sogni
Las Vegas edizioni
Collana: I Jackpot
Uscita: gennaio 2008
Pagine: 176
Isbn: 978-88-95744-02-5
Prezzo: 10 €

leggi un assaggio del libro

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1. In che misura “Il diario dei sogni” è romanzo autobiografico e/o diaristico? Per quali motivi?

Mi pare che l’uso di “e/o” nella tua domanda leghi concetti diversi. L’autobiografia riguarda i contenuti di un romanzo. Posso raccontare anche una storia di alieni gialli sul Pianeta 746 e non per questo essere meno autobiografico che se scrivessi un romanzo intitolato: “I miei primi quarant’anni”. Il diario, invece, è una forma letteraria – e tra l’altro talmente ben nota, che non occorre aggiungere ulteriori spiegazioni. Ciò premesso, Il diario dei sogni non ha la forma letteraria di un diario: è un resoconto. In secondo luogo, all’inizio del libro c’è una pagina dove si ricorda che ogni riferimento a fatti, luoghi e persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. Immagino che questo valga anche per me.

2. Sei al secondo romanzo. Che cosa aggiunge, o toglie, alla tua prima esperienza editoriale, “La mania per l’alfabeto”?

Nel romanzo La mania per l’alfabeto sono per così dire indicate alcune strade – di pensiero, di linguaggio, di forme letterarie, di idee… –: ora si tratta di cominciare a percorrerle queste strade, e se necessario anche a tracciarle. Il diario dei sogni sviluppa, ad esempio, alcuni elementi già presenti nel precedente romanzo: principalmente il microracconto. Poi posso aggiungere questo. Soprattutto nelle pellicole cinematografiche – ma anche nei libri – arriva il momento di quello che tra amici si usa chiamare il “discorso finale”, dove il protagonista tira le somme e cerca di dare un senso a quel che si è raccontato. Gli esempi sono infiniti. Dico quelli che avevo in mente io: da Moonlight Mile con Holly Hunter e Susan Sarandon, a Kramer contro Kramer con Meryl Streep, a Rocky, a Rambo… Ci sono momenti dove il protagonista parla, come si dice, con il cuore in mano, e tira fuori tutto quello che gli brucia dentro. Ecco, le due e-mail, il Discorso per il mio funerale, lo “Scritto per l’ufficio” e altri testi contenuti in La mania per l’alfabeto sono una collazione di possibili “discorsi finali” dove il protagonista fa parlare le sue viscere. Il diario dei sogni, invece, si può considerare come un romanzo dedicato a quelle parti dei romanzi che di solito almeno io tendo a saltare: cioè il racconto dei sogni. Come lettore lo sguardo del subcosciente del protagonista di solito non mi interessa, lo leggo con noia, addirittura lo salto. Un’immersione totale, però, credo potrebbe essere interessante. L’idea di caratterizzare un personaggio quasi esclusivamente attraverso i suoi sogni e costringere il lettore a farsi un’idea del profilo della sua personalità in pratica soltanto attraverso i suoi sogni come lettore mi attrae.

3. “Il diario dei sogni” è una sorta di taccuino, almeno a mio avviso, dove in una forma narrativa più o meno coerente vengono esorcizzate le paure del protagonista. Dico giusto?

Questa è una delle possibili interpretazioni. Credo che però in questo romanzo si tratti essenzialmente non di angosce personali ma di superstizioni. Verino sferra critiche ferocissime a molte credenze superstiziose. Alcune di queste credenze sono già largamente considerate come superstizioni – come la telepatia, la telecinesi, la possessione spiritica… Accanto a queste alcune solide certezze che fondano le nostre esistenze vengono smascherate come credenze superstiziose.

4. Negli anni della Beat Generation, Jack Kerouac scrisse “Il libro dei sogni”. Nel suo caso si trattava di scrittura automatica. Il tuo lavoro invece ha richiesto qualcosa come sei mesi di gestazione. Il tuo Verino Lunari ha dei sogni, particolarmente vividi, che raccolti insieme danno luogo ad una sorta di narrazione. Verino annota tutti i suoi sogni, subito dopo che li ha sognati: impiega circa 40 minuti, dopodiché il sogno gli rimane addosso, come un profumo. La domanda è questa: c’è una qualche relazione fra la scrittura automatica di Kerouac e la tua, e se sì, perché?

Non pensavo a Kerouac e alla scrittura automatica. Non pensavo a nessuno. Desideravo soltanto scrivere un testo dove mi fosse possibile lasciar correre a briglie sciolte la fantasia e proporre idee a getto continuo. Soprattutto proporre idee a getto continuo. In qualità di lettore forte a causa di una forma di perversione il racconto di impianto tradizionale – che comunque ne Il diario dei sogni c’è – oggi come oggi rischia di stancarmi presto. Il racconto che si brucia in una pagina o due invece mi infiamma. E’ un concentrato emozionale. Di solito invece un racconto spalma le emozioni nell’arco di più pagine. Addirittura ci possono volere due o tre pagine di noia assoluta proprio allo scopo di emozionare il lettore con quello che segue. Mi pare che il lettore – con il suo bagaglio di storie che gli piega la schiena (storie che vengono dal cinema, dalla televisione, dai fumetti, dalla chiacchiera della strada) – possa essere sufficientemente pronto per trarre godimento da un racconto brevissimo – alla Manganelli. Per riprendere quel che dicevo sopra e cioè che La mania per l’alfabeto è un romanzo che si può leggere come una successione di “discorsi finali” come quelli che si trovano nei film, Il diario dei sogni si può considerare una successione serrata di micro-riassunti di trame di film – come quelli che compaiono su Sky se schiacci il tasto i per avere informazioni sul film che stai guardando, che trovi nelle guide televisive… e che trovi anche nelle quarte di copertine dei paperback supereconomici.

5. In uno dei primi romanzi di Jonathan Carroll, “Bones of the Moon” (1987), la protagonista, Cullen, ha dei sogni molto tridimensionali, per così dire. Ma non sono dei semplici sogni, perché ognuno di essi è frammento di una storia che alla fine collima con la dimensione del mondo reale. E’ un po’ quello che accade anche nel tuo romanzo. Che cos’è la dimensione onirica e quanto influenza la vita di tutti i giorni? E in ambito strettamente letterario?

H.P. Lovercraft teneva quaderni dove annotava idee per i suoi racconti. Queste idee venivano anche dai sogni che faceva. Tra i miei file ci sono due o tre idee che vengono da sogni che ho fatto. In ambito letterario i sogni possono essere d’aiuto. Quanto all’influenza sulla vita di tutti i giorni, se si crede negli Oroscopi, forse si può credere anche che un sogno posso dirti qualcosa sulla tua vita. Spesso sogno di volare. A ventidue anni, avevo incubi spaventosi. Qualche volta un brutto sogno mi resta nella pelle per tutto il giorno. Qualche volta mi chiedo: “Questo l’ho sognato o mi è proprio successo?”. La mia opinione sull’argomento è la seguente. Il sogno è una cosa che produciamo con il nostro corpo – così come con il nostro corpo produciamo altre cose. Credo che tutto ciò che produciamo con il nostro corpo eserciti qualche influenza su di noi: sul nostro umore, soprattutto. E questo è quanto. Mi fermerei qui. Cioè, non penso certo che un sogno possa predire qualcosa o farmi vincere all’Enalotto.

6. Verino Lunari comincia ad avere una forte attività onirica dopo esser stato costretto ad assumere escitalopram per tenere sotto controllo gli attacchi di panico, di cui ha cominciato a soffrire in maniera abbastanza repentina. Si tratta essenzialmente di uno stabilizzatore dell’umore, ma Verino Lunari l’assume e sogna, sogna troppo. Suggerisci forse l’idea che il mondo onirico possa esser stimolato per mezzo di antidepressivi e ansiolitici?

I depressi non fanno sogni o sognano molto poco. Curando la depressione è possibile che si cominci a sognare o a sognare con maggiore frequenza.

7. Un attacco di panico è un evento traumatico per la psiche ma anche per il fisico di chi ne è vittima. Chi ha un attacco di panico non può far quasi nulla per ostacolarlo: il pensiero è uno e uno solo ed è di morte imminente. Verino Lunari ne soffre, ma ha anche delle allucinazioni. Tuttavia non mi sembra che Verino cada in uno stato di allarmismo totale, come invece accade nei soggetti colpiti da DP (o DAP).

Verino Lunari riporta i sogni che ha trascritto sul suo diario. E’ interessato a riportare i sogni più significativi – e più volte nel corso della narrazione ribadisce che quel che sta facendo non sembra avere molto senso, anche se noi lettori siamo in grado di comprendere che il senso c’è, ed è liberarsi di alcuni turbamenti interiori, rendere delle confessioni, però confondendo le carte, mischiando il sogno e la realtà. Non ci racconta i suoi attacchi di panico. Effettivamente, Giuseppe, Verino non ha attacchi di panico. Ha delle allucinazioni, ma non siamo sicuri che quello che sta raccontando sia completamente reale, perciò non possiamo essere sicuri che quello che ha davanti agl’occhi si possano precisamente definire allucinazioni. La storia cammina sempre sull’orlo di un’ambiguità pressoché totale.

8. In Verino Lunari si manifestano più che altro delle fobie: quella di diventare cieco, ad esempio. Forse sbaglio, ma Verino Lunari più che essere soggetto a DP è invece un tipo psicotico, pericoloso (per sé stesso).

Sì, può essere.

9. Rispetto a “La mania per l’alfabeto”, ritieni d’aver fatto un passo avanti come scrittore? E’ a tuo avviso “Il diario dei sogni” uno scritto di una persona più matura?

Devi scusarmi se schivo la domanda, ma preferisco non fornire giudizi di merito su quello che propongo.

10. Il protagonista è uno che un “lavoro vero” non ce l’ha. E’ uno scrittore. Che pubblica anche, seppur per piccole case editrici. E’ un ventottenne ed anela a vivere grazie ai compensi che gli vengono dalla scrittura, che però sono troppo pochi. A tuo avviso si può dire che lo scrittore è un “lavoratore”?

Proprio non so cosa rispondere. E’ strano. Se non sei uno scrittore di successo e vuoi fare lo scrittore allora devi lavorare ventiquattrore su ventiquattro – e fare la fame, e condurre una vita più o meno terrificante. Se hai successo immagino, invece, che tu possa anche permetterti di scrivere una paginetta ogni tre mesi. In entrambi i casi lo scrittore non è una lavoratore normale. Nel primo caso è un mostruoso sgobbone, storpio, mezzo cieco, raggrinzito, calvo, che sputa maledizioni verso tutto e tutti, e in pratica non fa altro che lavorare, e quasi nessuno gli riconosce quello che fa. Nel secondo caso, invece, è un coglione.

11. Quali testi hai consultato per scrivere “Il diario dei sogni”?

Mi sono basato su alcuni testi che avevo letto da tempo  Hervey de Saint-Denys, I sogni e il modo di dirigerli (2000), edizioni Phoenix. Malcolm Godwin, Il sognatore lucido (1999), edizioni Corbaccio (scritto benissimo…). Bruni O., Principi di medicina del sonno in età evolutiva, Mediserve 2000. E poi i classici.

12. Quali sono i tuoi autori preferiti, quelli che hanno maggiormente influenzato il tuo modo di guardare al mondo?

Non credo di avere particolari modelli. Dovendo cercare di dire le cose come io le sento, non mi pare di aver bisogno del modo di qualcun altro per dirle. Così non devo dire grazie a King, London, a Calvino, a Nice, a Carlo Sini…

13. Il tuo romanzo potrebbe essere definito “un tentativo di scrittura avantpop”?

Mi auguro che venga considerata una buona storia.

14. C’è un qualche messaggio sociale nel tuo romanzo?

Non mi sembrerebbe di buon gusto rispondere di sì.

15. Se tu dovessi regalare un libro: quale consiglieresti e perché.

E un libro che invece non consiglieresti nemmeno al tuo peggior nemico?

Di solito regalo o consiglio libri che mi pare possano essere interessanti o produttivi per la singola persona. Tendo a non generalizzare e a pensare: “Nella loro libreria questo libro dovrebbero averlo tutti!” o “Nessuno dovrebbe avere questo libro!”.

16. Perché tra tanti libri in uscita, qualcuno dovrebbe decidere di comprare e leggere il tuo romanzo?

Credo principalmente per i motivi che abbiamo cercato di elencare in questo dialogo.

Grazie, Marco. In bocca al lupo… 

 Grazie a te, Crepi…

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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2 risposte a Marco Candida – Il diario dei sogni – intervista all’autore di Giuseppe Iannozzi – Las Vegas edizioni

  1. Felice Muolo ha detto:

    Ho letto l’assaggio. Veramente ottimo. Come l’intervista, del resto.

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  2. Iannozzi Giuseppe ha detto:

    Bene, ciò mi fa piacere, tanto più che a breve, parleremo dell’ultima fatica di Marco Candida, Bamboccioni Voodoo (Historica edizioni).

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