Spirito di Natale futuro – “Cantico di Natale” di Charles Dickens

Spirito di Natale futuro

Cantico di Natale di Charles Dickens

Spirito di Natale futuro

Lento, grave, silenzioso, s’accostò il fantasma. Scrooge, in vederselo davanti, cadde in ginocchio, perché in verità questo degli Spiriti era circonfuso di ombra e di mistero.
Un nero paludamento lo avvolgeva tutto, nascondendogli il capo, la faccia, ogni forma: solo una mano distesa sporgeva. Senza di ciò, sarebbe stato difficile discernere la cupa figura dalla notte, separarla dalle tenebre che la stringevano.
Sentì Scrooge che lo Spirito era alto e forte, sentì che la misteriosa presenza gl’incuteva un terrore solenne. Non sapeva altro, perché lo Spirito era muto e immobile.
– Sono io in presenza dello Spirito di Natale futuro? – chiese Scrooge.
Non rispose lo Spirito, e solo accennò con la mano.
– Tu mi mostrerai le ombre delle cose non accadute, ma che accadranno nel tempo che ci aspetta, – proseguì Scrooge. – Dico bene, Spirito? –
La parte superiore del paludamento si aggruppò un momento nelle sue pieghe, come se lo Spirito avesse inclinato il capo. Fu questa l’unica sua risposta. […]

Un cimitero. Qui, dunque, lo sciagurato di cui gli sarebbe stato svelato il nome, qui giaceva sottoterra. Un bel posto davvero. Circondato da case, ingombro di erbe e cespugli, una morte anzi che una vita di vegetazione, soffocato dalle molte sepolture, grasso fino alla nausea. Un bel posto davvero!
Lo Spirito stette fra le tombe e abbassò il dito segnandone una. Scrooge vi si accostò tremando. Era sempre lo stesso Spirito, ma parve a Scrooge travedere un pensiero nuovo e terribile nella solennità della sua forma.
– Prima di accostarmi a quella pietra ove tu accenni, – disse Scrooge, – rispondi a una sola domanda. Son queste le immagini delle cose future o soltanto delle cose possibili? –
Lo Spirito teneva sempre il dito abbassato verso la tomba vicina.
– Le azioni umane adombrano sempre un certo fine, che può diventare inevitabile, se in quelle ci si ostina. Ma se vengono a mutare, muterà anche il fine. Dimmi che così è, dimmelo, in queste scene che mi vai mostrando! –
Lo Spirito era immobile sempre.
Scrooge si trascinò a quella volta, tremando; e seguendo il dito, lesse sulla pietra della tomba negletta il proprio nome: EBENEZER SCROOGE.
– Son io, io quell’uomo che giaceva sul letto? – gridò cadendo in ginocchio.
Il dito accennò dalla tomba a lui e da lui alla tomba.
– No, Spirito! Oh no, no! –
Il dito non si moveva.
– Spirito! – gridò egli abbracciandosi alla sua veste, – ascoltami! Io non son più lo stesso uomo di prima. Io non sarò l’uomo che sarei stato, se non t’avessi seguito. Perché mostrarmi tutto questo, se per me non c’è più speranza? –
Per la prima volta la mano parve agitarsi.
– Buono Spirito, – ei proseguì, sempre prostrato – tu ti commuovi perché sei buono, tu hai pietà di me. Dimmi, assicurami ch’io posso ancora, mutando vita, cangiar queste scene che m’hai mostrate! –
La mano tremò di nuovo in atto di conforto.
– Io onorerò sempre Natale nel cuore, io ne serberò il culto tutto l’anno. Vivrò nel passato, nel presente e nell’avvenire. Mi parleranno dentro tutti e tre gli Spiriti. Non mi scorderò delle loro lezioni. Oh, dimmi, dimmi che mi sarà dato cancellare lo scritto di questa pietra! –
Afferrò, nell’angoscia che lo straziava, la mano dello Spirito. Questi cercò divincolarsi dalla stretta, ma Scrooge pregava e teneva forte. Lo Spirito, più forte di lui, lo respinse.
Alzando le mani in una estrema preghiera di veder mutato il suo fato, ei notò una trasformazione nella veste e nel cappuccio del Fantasma. Lo Spirito si strinse in sé, si rannicchiò, si rassodò, divenne una colonna di letto.

da Cantico di Natale di Charles Dickens,
a cura di Federigo Verdinois,
Ulrico Hoepli, 1888

Charles DickensCharles John Huffam Dickens è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico. Nacque a Portsmouth nel 1812, ma si trasferì ben presto a Londra dove visse fino alla sua morte, nel 1870. I nonni paterni erano stati domestici presso famiglie della nobiltà; il nonno materno, colpevole di appropriazione indebita, s’era sottratto all’arresto con la fuga. Nel 1824 il padre, un modesto impiegato con gusti e abitudini superiori alle sue possibilità, fu rinchiuso per debiti nelle carceri londinesi di Marshalsea e il piccolo Charles, interrotti gli studi, venne messo a lavorare per sei mesi in una fabbrica di lucido per scarpe. Questa precoce esperienza di miseria, umiliazione e abbandono (anche dopo la scarcerazione del padre, la madre aveva insistito perché Charles continuasse a lavorare) lo segnò in modo irreparabile. Dopo un’istruzione sommaria, lavorò come commesso in uno studio legale, poi come cronista parlamentare e collaboratore di giornali umoristici. Finché con Il Circolo Pickwick il ventiseienne Dickens diventò di colpo uno scrittore di successo. La sua popolarità aumentò con i romanzi successivi, che uscivano a dispense mensili, con le conferenze, gli spettacoli teatrali da lui organizzati (vi si esibiva anche come attore). Nel 1846 fondò un quotidiano, il «Daily News», che durò meno di un anno; dal 1850 al 1859 diresse il settimanale «Household Words». Innamoratosi della giovanissima Ellen Ternan, nel 1858 Dickens si separò dalla moglie, dalla quale aveva avuto dieci figli; ma la nuova relazione non fu fortunata.

Il Circolo Pickwick (1836-37), le cui dispense dalle iniziali 400 copie arrivarono alla tiratura di 40.000, è un capolavoro dell’umorismo. La trama è poco più d’un pretesto per mettere in scena una miriade di personaggi, gentiluomini e popolani. Se ne ricava l’immagine idealizzata e nostalgica di un’Inghilterra eccentrica e cordiale, estrosa e ricca di umanità, ancora integrata nonostante le divisioni di classe. Ma quest’immagine risulta già capovolta in Oliver Twist (1837-38), la tetra storia di un orfano, prima segregato in un ospizio di mendicanti e poi gettato nel mondo della malavita, tra ladri e prostitute. Dopo Nicholas Nickleby (1838-39) e il racconto grottesco La bottega dell’antiquario (1840), Dickens scrisse Barnaby Rudge (1841), romanzo «storico» sull’insurrezione anticattolica nota col nome di Gordon Riots, avvenuta a Londra nel 1780; ma dietro lo schermo di quei lontani moti popolari sono evidenti i sentimenti contrastanti dell’autore per la grande agitazione cartista che toccò il punto culminante proprio nel 1840, e per gli scioperi di quegli anni, finiti in tumulti sanguinosi. L’America (1842) è la relazione su un viaggio negli Stati Uniti, che ispirò a Dickens anche il romanzo Martin Chuzzlewit (1843-44): entrambe le opere riflettono l’amara delusione di Dickens, che aveva sperato di trovare attuati nella giovane democrazia americana i suoi ideali di libertà e di giustizia. Dal 1843 al 1848 apparvero i popolarissimi Racconti di Natale. Al soggiorno di un anno in Italia si riferiscono invece le Impressioni d’Italia (1846).
Tra Dombey e figlio (1847-48) e Casa desolata (1852-53), due romanzi di forte impegno sociale, Dickens scrisse David Copperfield (1849-50), uno dei suoi libri più fortunati. Pensato come autobiografia, David Copperfield è eccezionalmente felice nella descrizione dell’infanzia, dei suoi amori e dolori, paure e meraviglie. Tra il 1951-53 lavora anche a A Child’s History of England, che compare in serie su Household Words e che copre un periodo che va dal 50 a. C. al 1689. In Tempi difficili (1854) l’analisi sociale di Dickens investe il proletariato industriale. Lo sfruttamento economico e la crudeltà delle istituzioni sono temi dominanti anche in La piccola Dorrit (1857-58) e Grandi speranze (1860-61), nei quali si avverte anche un notevole approfondimento psicologico. Nel 1859 era uscito Le due città e nel 1864-65 vede la luce Il nostro comune amico, il romanzo più complesso e disperato di Dickens. Le ultime illusioni sulla missione progressiva della classe borghese sono definitivamente cadute e anche il proletariato, per elevarsi alla condizione della borghesia, ne ha assunto le caratteristiche di ipocrisia e di durezza. L’analisi psicologica si fa particolarmente sottile in Il mistero di Edwin Drood, un romanzo «poliziesco» rimasto incompiuto nel quale Dickens esplora il conflitto tra il bene e il male nell’animo di un singolo uomo.
Se Dickens ha conosciuto in vita e fino ai giorni nostri una popolarità straordinaria, la sua fortuna critica è stata invece discontinua. La reazione antivittoriana finì spesso per confondere anche l’opera di Dickens tra le tipiche espressioni della società che essa rifiutava. La successiva rivalutazione non è mai stata immune, specie da parte della critica accademica, da riserve più o meno ampie. L’opera di Dickens non è certo esente da difetti, in parte riconducibili al superlavoro cui lo costringevano le ferree scadenze editoriali e il suo bisogno di essere sempre a contatto con il suo pubblico. Eppure, nonostante la mancanza di misura, gli errori di gusto, gli eccessi patetici e moralistici, Dickens è il maggior narratore inglese del suo secolo e tra i massimi di ogni paese. Dickens creò una nuova forma letteraria, il romanzo sociale, nel quale fuse e sviluppò due grandi filoni della narrativa inglese: la tradizione picaresca di Defoe, Fielding e Smollett e quella sentimentale di Goldsmith e Sterne. Egli tuttavia esplorò i generi più diversi, dal racconto di fantasmi a quello poliziesco, dal romanzo umoristico alla satira di costume.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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2 risposte a Spirito di Natale futuro – “Cantico di Natale” di Charles Dickens

  1. romanticavany ha detto:

    Buone Feste di Natale Auguro a te e a tutti i tuoi cari. Adesso che siamo quasi alla buona notte, una notte silenziosa, una notte d’amore che entra nel Natale adorando il bambino Gesù. Per andare alla fine di un anno atipico, che chiuderà l’Anno 2020, un anno per la memoria dell’umanità, che rimarrà impressa nella memoria e nel cuore di tutti noi. Per l’arrivo del 2021. Buona notte e buon Natale. Anno nuovo prospero, sano e felice.

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  2. Iannozzi Giuseppe ha detto:

    Buone feste, buon Natale a te, cara Violetta. E’ stato un anno ben strano, non felice, e non è ancora finito, speriamo dunque che qualcosa presto cambierà. E’ di questo che oggi abbiamo bisogno, di un cambiamento che ci riporti a una parvenza di normalità.

    Un forte abbraccio a te e ai tuoi affetti. Il nuovo anno sarà migliore se ci impegneremo affinché lo sia. ❤

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