Poesie che non valgono un soldo

Poesie che non valgono un soldo

ANTOLOGIA VOL. 223

Iannozzi Giuseppe

PER COLPA TUA HO DIMENTICATO LA BELLEZZA

Per colpa tua
ho dimenticato la bellezza,
più non la so riconoscere
Da quando mi hai lasciato
ogni cosa se la mangia la polvere,
e s’è perso lo sguardo mio
in una vetrina di vecchi giochi
da ragnatele accarezzati

Ripetevi che tutti sapevano di noi
e a cosa ci avrebbe condotto
vivere nella stessa casa
Sono crollati ponti e dighe,
e i più hanno gettato la spugna
per vivere su un treno in corsa
Che dovrei mai pensare?
Non è mai stata una questione
fra scacchi bianchi e scacchi neri,
ma un Re è stato fatto matto!

Il fuoco ha divorato le case dei nemici,
e i nostri amici, incontrandomi,
mi parlano del deserto intorno a loro

Per colpa tua
ho imparato a detestare l’innocenza,
cercando di non sporcarmi le mani
più del necessario
Che dovrei mai pensare?

Dovrei far ritorno a Nashville
e spaccarmi la testa
con la chitarra di Cash,
ma la testa resta qui
dentro alla vetrina dei giochi

Da quando mi hai lasciato
ho lasciato perdere il gioco,
quella mia mano fatata
che tremante toccava la Regina

AL DI LÀ DEL MURO

Togliamoci i sassolini dalle scarpe,
ognuno di noi lo sapeva
che c’erano orecchie per sentire
al di là del muro
Siamo andati incontro al fallimento
perché, in fondo,
nostro desiderio era d’affondare
con baracca e burattini
Dovremmo mettere le carte in tavola

Adesso che non possiamo tornare indietro,
i lupi hanno zanne e occhi rossi di sangue

Dovremmo fare il punto,
e senza respirare buttare lo sguardo
al di là del muro

Abbiamo i nostri stracci addosso,
e c’è un intero branco
che fiuta il nostro odore dato al vento
E arrestare il passo per riprendere
un poco il fiato, no, non ci conviene

LIBERATI CON ME

Liberati con me
Spezza le catene
che al passato
ti legano
Non c’è niente
che valga quanto
la libertà
Decidi quando,
lo puoi tu soltanto

Decidi quando,
lo puoi tu soltanto
Cattura il vento
e non piangere
per quel che è stato
e più non sarà

E poi insieme a me canta
anche se ti parrà stupido stonare
Anche se ti sembrerà assurdo
metter seduto il vecchio zio Sam
Spezza le catene, cattura il vento
come ti ha insegnato Ray

SERPENTI IN TE

Son serpenti i pensieri
che s’annodano
e s’annodano
Non si viene a capo mai
d’un bel niente
a dar loro retta;
par che quando ce li hai
in pugno sia per sempre,
e invece un momento
e già son liberi di nuovo
pronti a morderti le labbra
e non di rado altrove, forse
con più gravi conseguenze

Così i serpenti
che tanto amiamo,
Amor mio bello

INDIANI DI FUMO

Ora apparirà
No,
non apparirà
La notizia c’è
ma non c’è
la Volontà
Poi, chissà!
Per non fare
brutta la figura
può anche darsi
che una pezza
in fretta e furia
la buttino giù
Però mi sa di no
Gli Indiani
fumo negli occhi,
mica niente di più
Come a dire:
lasciamolo stare
a quel Gondoliere,
noi teniamo
archi frecce e pistole
a cui pensare,
parrucche e ricchi scalpi
ancora da scovare,
e roghi e censure
da tirar su
E poi a dirla tutta
quel Gondoliere
– pelato Iscariota! –
ci ha abbandonati
tanto tanto tempo fa,
ed allora
che se ne stia
coi Leopardi suoi;
che non ci rompa
i coglioni a noi
amanti della glicerina,
dell’olio di ricino
e d’una supposta verità

FATTORIA DEGLI ANIMALI

Andati
a trovare il Fattore indiano,
l’intenzione
era poi solo quella
di comprare
a buon prezzo
qualche giovane pollo
e un paio di galline

Quale delusione!
Arrivati alla Fattoria
non c’era
che polvere da mordere
– rapidi mulinelli
a schiaffeggiare i volti
di noi poveri avventori
Tante le carcasse d’attorno,
bianche e nude, così pulite
che manco una mosca
a tenergli compagnia

A gran voce chiedemmo
Risposta fu l’eco nostra
La Fattoria degli Animali
un cimitero per l’occhio
Le carcasse d’attorno
parlavano chiaro,
facevano male al cuore
prima che allo stomaco
Di tutti gli animali
nessuno pareva
si fosse salvato; soltanto
odor di morte

Risponde infine
un Maiale grande e grosso,
rosso, pasciuto a dismisura,
sbucato da chissà dove;
in due parole ci invita
a sloggiare, “Non c’è trippa
per gatti!”, poi spara
e quasi ci prende; la piccola
anima innocente (che con me stava)
dallo schioppo nemico
fu però risparmiata; e subito dopo
si udì di Dio l’ira in tuoni
e fulmini; si fece negro il cielo,
il Maiale che aveva osato,
rimase incenerito, non più buono
per ricavarci due salsicce
o un magro prosciutto; carcassa
fra le carcasse oramai,
ci fu chiaro che la Fattoria
doveva esser stata vittima
di chissà quale sanguinosa
rivoluzione; e seppur in ritardo,
Dio alfine s’era svegliato incazzato,
deciso a non tollerare oltre
del porcello stalinista la presunzione

Senza polli e galline in saccoccia,
col cuore almeno un poco lieto,
lasciandoci alle spalle la Fattoria,
con lo sguardo puntato al futuro
prendemmo la strada per casa nostra,
raccontandoci l’un l’altro le storie
dei tempi lieti al sole che la Fattoria
non conosceva il delitto per il delitto

COL PRIMO ROSSORE

Perché fissi silenziosa
le mie pallide labbra,
quando t’ho amata
col primo rossore
di bambino che tenta
d’esser uomo?
Quale incanto era
riconoscer il tuo sorriso
che perso rimane
in me… ricordo
che non muore…
che attesta altra voglia
di baciarti sì, come allora
con uguale timidezza

LA BELLEZZA DELLE DONNE

Non fermiamoci,
non su questa riva
dove il blues
in altro blues affoga,
dove beccano
i gabbiani
di uomini e donne
solo la sfortuna

Sempre,
a ogni passo
qua o là,
si fa pesante
il bagaglio
un po’ di più;
così crediamo,
e di certo
non prendiamo
noi un abbaglio

Delle donne
la bellezza
preghiamo
– invochiamo –
perché domani
un blues a due
per sempre sia

SIRENETTA

I tuoi fianchi
di proibite dolcezze
dalle morbose mie mani
sedotti
presto si sciolgono
in liquido ardore
sostentato
dal finto furore
dentro ai tuoi occhi
di velluto
nei miei fissi

Tu, nuda mia sirena,
mio unico desiderio,
immensa fortuna,
lascia che affondi
una volta ancora
nella preziosa tua
profondità; e ti prego,
non muovermi contro
troppi capricci

QUANDO LA PIOGGIA

Quando la pioggia
giù in strada ti spinge
a cantare una canzone
anche se non sai cantare
Quando la pioggia
un po’ di lacrime lava via
dalla barba d’una settimana
Quando la pioggia
a posto ti mette la testa
dopo l’ultima sbornia
finita e finita a male parole
Quando la pioggia…

LA BAMBOLINA MIA

La bambolina mia
vuol con me fuggire
in Giappone
perché sia la passione
e solo la passione
a farci sentire vivi,
in estasi
fra Terra e Cielo

Il mio cuore vuol
diventare la geisha
che per sempre amerò

CUORI AMANTI

Da te arrivo e spengo il fuoco
Ci bastano le stelle brillarelle
lassù in cielo per farci sognare
E un cuscino d’erba fresca,
d’altro non abbiam davvero bisogno
per amarci in tenerezza; il battito
dei nostri cuori riscalderà pascoli
e valli, e fin giù in paese si spingerà
per ricordare a chi l’avesse dimenticato
che due cuori amanti son di semplicità,
miracolo che respinge i venti

E’ UN BAMBINO IL CUORE

E’ un bambino
il cuore in petto
che per te batte
incessantemente

Non ti far pregar,
graffiami di dispetti
prima che sia
la prossima luna

PREGO DI NON DIMENTICARE
(1ma versione)

Non mi vuoi più
Dovevo immaginare
che sarebbe finito
presto il sogno

Hai ragione, hai ragione tu
Con le pezze al sedere
e i tanti pensieri pesanti
che m’imbottiscono la testa
sol può essere la fine
della nostra relazione

Vagabondo senza meta
con la tua foto in fronte,
e prego Iddio
di non dimenticare mai
il tuo sorriso
Non mi resta che questo

PIANGESTI ANCHE AL MIO FUNERALE

Alla pioggia le tue lacrime mischiavi
In silenzio mi feci intruso al tuo fianco
Non dicesti nulla, eccetto il tuo nome

Ricordo bene i tuoi occhi
e i serpenti di fumo legati alle lapidi
Eri giusto una bambina spaventata,
tenevi in braccio una foto ingiallita,
e impiccato al collo un Gesù d’oro
Mi chiedevo cosa ci facessi da sola
nel tristo paesaggio del cimitero

Pregavi, una cosa che non ho mai saputo fare
Dal volto bagnato provai ad allontanarti i capelli,
e si stampò rosso sulla mia faccia uno schiaffo
Pregavi per Janis, Jimi e Jim persi chissà dove

La seconda volta fu al mio funerale
In nero sei sempre stata molto chic
Una donna oramai – l’invidia del Paradiso
Due minuti soltanto di pianto e ti portasti via,
lontano
Era alto e bello il sole, non era proprio il caso
di piangere a lungo

CARUSO, TRAGICO AMICO MIO!

E faccio,
faccio facce buffe,
e nei cimiteri scavo
per una Bibbia o una tibia,
e pure faccio il verso al pagliaccio
che sono, a quello che fui
e che domani forse ancor sarò;
e mai, mai e poi mai
che si preoccupi un po’
una donna
per l’anima mia
sconfitta
in pasto data alla teatralità
nell’impossibilità
di recitar agli astanti
la verità
che sempre soli si è
nelle note di colore del cerone,
della sua poesia

Ma sempre si va
e si va avanti
perché non sia la Morte
a coglierci di sorpresa,
dopo tanti ruoli accumulati
e persi dove non si sa;
perché non sia proprio Lei
a strapparsi per noi la gonna
e nella sua risata seppellirci,
Caruso, tragico amico mio!

GROUPIE

Le Belle che credeva io fedeli mie groupie
han fatto presto a tradirmi
con chissà chi, e in qual letto, non so.
Dovrei sentirmi tradito, incazzato nero
e in effetti così mi sento, sul serio
pugnalato e tradito, nell’intimo ferito.
Così tanto burlesco lo spirito femmineo!

Oddio, lo sapevo, la Mamma mia
per giusto tempo m’avvertì;
però proprio non immaginava io
che alla presa per i fondelli s’accompagnasse
del silenzio lo scherno. Così, adesso,
mio malgrado son costretto a scagliare
l’ira su ogni femmina che lo sguardo mio
dovesse per sbaglio incontrare.

Crudeli, infedeli groupie,
il tenero cuore mio avete fatto lacrimare;
ma l’offesa sì presto sopraggiunta, giuro,
per nulla al mondo resterà impunita.
Già l’ingegno mio lavora per farvi la festa,
così se ora di me temete l’imago
ne avete ben ragione:
abituato a schioccar le dita una volta
e una soltanto, furor tremendo mi prende
quando la Bella chiamata a me non viene!

Non groupie ma arpie,
arpie senz’anima né pudore,
questo siete, non negate.

Per quant’è vero Iddio, cioè Io,
dai letti disfatti una a una vi stanerò;
e una a una nel sacro mio boudoir
con infernale duro conio vi ripagherò.

LIBERO COME AQUILA

Stavo pensando a quanto ho dormito stanotte
A quanto ho sognato
Son tornato bambino, dispettoso e cattivo
seduto in ultima fila a tirar le trecce alle bimbe,
a tirar gessetti addosso ai maestri,
a inventar uscite di sicurezza contro la noia

E all’improvviso mi son svegliato
nulla affatto cambiato, quasi allegro
libero come aquila puntata sull’agnello,
quel che si dice un libero pensatore

PERDERE LA BUSSOLA

Tu non puoi affondare
Il mio cuore hai in pegno
Con un bacio l’hai preso
mentre ballavamo
sotto il chiarore della luna
Non puoi affondare così,
a tradimento
Quando ci s’innamora
anche il più duro
diventa di burro
Non puoi portare a fondo
tutto quel che ho
Non ho mai avuto molto
Nato disgraziato
in una famiglia bastarda,
fin da piccolo le ho prese
Una volta cresciuto
niente è cambiato,
solo le cinghiate si son fatte
d’una tempesta più forti
Ci sono stati giorni neri
che ho creduto di perdere
la bussola
Mi sono imbarcato
senza speranza,
lasciando il porto
per non poggiare mai più
il piede sulla terra
che i natali mi diede
Ti ho poi incontrata sul ponte
di questa piccola grande nave
Hai preso un impegno
con il mio cuore
Non puoi affondare ora,
ora che ho messo a nudo
l’anima mia, scoprendo
le lacrime tue salate
Non ho mai avuto molto
Sei tutto quello che ho
Se affondi, se affondi
allora portami con te
Posso perdere la vita ma non te
Posso perdere la vita ma non te

MAI IN PACE

Non ti lascerò mai in pace
Non sarai mai
in un angolo da solo

Compagno,
ci hai provato a portare in giro
uno come Me e ti ha detto male
Non indovini perché?

Non ti lascerò mai in pace
Ti prometto che sarai sempre
a portata del mio sorriso,
dei miei lunghi affilati denti

Pietà l’è morta,
vecchio compagno di giochi
L’è morta
e non ha ricevuto sepoltura diversa
dal mio bacio di trentadue denti

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
Questa voce è stata pubblicata in amicizia, amore, arte e cultura, attualità, cultura, eros, Iannozzi Giuseppe, passione, poesia, società e costume e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a Poesie che non valgono un soldo

  1. Pingback: Poesie che non valgono un soldo | Isabella Difronzo

I commenti sono chiusi.