Il bastardo. Capitolo quattro

Il bastardo

Iannozzi Giuseppe

Ogni riferimento a persone esistenti
o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Capitolo quattro

Beretta 98FS

Il cielo sopra Torino vomita nero seppia.
Chi lo conosce sa bene che Salgari è uno che non scherza. E’ un vecchio ebreo impallato con la Cabala e con Grigorij Efimovič Rasputin che venera più del suo Dio. Ha le mani in pasta in ogni malaffare di questa città. E’ lui il padrone, quello che fa il buono e il cattivo tempo. Senza il suo nulla osta non si muove paglia. Se Salgari ha visto qualcosa è perché di mezzo c’è anche lui, poco ma sicuro.
Accarezzo la Beretta 98FS che tengo incollata dietro la schiena. Un tempo accarezzare la canna fredda della semiautomatica mi faceva sentire vivo, oggi non più. Il petto mi fa male, il fiato mi manca, però non posso tirar le cuoia proprio adesso.
Salgari vive al settimo piano d’un vecchio condomino di sua proprietà, in Via Berthollet. Bisogna fare le scale a piedi, non c’è ascensore.
Non tiene guardie, Salgari: non ha paura, sono gli altri a dover avere paura di lui. Nessuno lo tocca e chi può gli sta alla larga. Salgari non ama la compagnia, tranne quella dei ragazzini che si fotte.
Farmi sette rampe di scale mi spompa.
Davanti alla porta di Salgari, sempre aperta a tutti e a nessuno, cerco di riprendere fiato. In petto non ho più dei polmoni, sol più due spugne raggrinzite che non fanno il loro lavoro. Se non sto attento rischio di perdere i sensi proprio sullo zerbino di Salgari. Inghiotto più aria che posso, cerco di far arretrare di qualche passo la morte, per incontrare la faccia del venditore di Bibbie.
“Entra, René!”, sbraita Salgari da dietro la porta.
Il disgraziato non cerca neanche di nascondere il fatto che lo sapeva che sarei andato a fargli una visita di cortesia!

Non mi faccio pregare. Entro.
Salgari è seduto in mezzo ai suoi libri, soprattutto Bibbie in quasi tutte le lingue del mondo.
Si accarezza la barba, squadrandomi da capo a piedi: “Non hai una bella cera.”
Mio malgrado sorrido.
“Se sei qui c’è un perché e io credo di sapere quale”, prosegue serafico.
“Accomodati”, dice, e con l’indice mi indica una vecchia sedia impagliata.
“Preferisco di no”, dico io.
“René, lo so cosa stai pensando.”
“Bene”, faccio io. “Né tu né io abbiamo tempo da perdere, giusto?”
“Tentarono di avvelenarlo con il cianuro, ma non crepò. Dovettero sparargli, prima a un fianco, poi alla schiena. Non voleva che saperne di schiattare. Alla fine dovettero sparargli in fronte per mandarlo al Creatore. Non è però questo il punto. Il suo cadavere lo gettarono nelle gelide acque del Moika. Riemerse due giorni dopo. Dall’autopsia emerse che non fu il veleno a ucciderlo. Non ce n’era traccia. I suoi polmoni erano pieni di acqua.”
“Salgari!”
“Abbi pazienza, René, sono vecchio.”
“E io…”
“Non morirai, non oggi in ogni caso, caro il mio René.” Scoppia a ridere.
Stringo i denti.
“Dunque, ti stavo dicendo che aveva i polmoni pieni di acqua. Rasputin non morì per colpa del cianuro e nemmeno per i colpi di pistola, almeno tre, di cui uno in fronte. Fu il fiume Moika a dargli il colpo di grazia e non i suoi nemici. Capisci cosa intendo?”
Che gran figlio di puttana!
“Intendo, ora dimmi quello che…”
“Con calma, René. Non essere precipitoso.”
“Sai perché lo starec lo volevano morto?”
Faccio una smorfia, di dolore e confusione.
“Te lo dico io perché. Lo accusarono d’aver condizionato l’allora zar Nicola II e sua moglie Aleksandra Fëdorovna Romanova.”
Sputo sangue.
Sto perdendo la pazienza insieme a quel poco di vita che mi rimane.
“René, tu non capisci o fingi di non voler capire”, sentenzia Salgari.
“E’ una minaccia?”, dico io, con un rantolo.
“René, qui nessuno ti minaccia, non ce n’è bisogno.”
Con la punta delle dita accarezzo la Beretta 98FS.
Salgari se ne accorge.
“Chi ha fatto fuori Carla? Devi dirmelo”, dico, cercando di raccogliere le poche forze che ancora mi tengono in piedi.
“Quella donna ti ha rivoltato il cervello come un calzino, non solo il cuore e i coglioni”, sentenzia Salgari.
“Non sono affari tuoi, questi.”
“Lo sono, eccome se lo sono. Carla non era una semplice puttana. E tu questo non l’hai mai capito.”
Si accarezza la barba grigia e ride di gusto Salgari: “Un uomo innamorato si condanna da solo, René.”
La vista mi si annebbia.
Cado in ginocchio.
Penso che sono arrivato al capolinea, e perdo i sensi.

(c) Tutti i diritti riservati / All Rights Reserved 

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
Questa voce è stata pubblicata in arte e cultura, attualità, cultura, gialli noir thriller, Iannozzi Giuseppe, letteratura, narrativa, romanzi a puntate, società e costume e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.