Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere…

Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere…

ANTOLOGIA VOL. 186

Iannozzi Giuseppe

silhouette of woman

ASPETTANDO INVANO

Da quando t’ho confessato
il mio amore,
sei fuggita in lontananza
presa da un assurdo spavento
che però sapevo da sempre
ti sarebbe venuto a cuore
più del mio battere i denti
per freddo, aspettando
invano l’arrivo del bacio
del disgelo dalle tue labbra
rosse, rosse d’un amore
che non è per me

EROS IL MONELLO

Ah, l’amore!
Fa più morti
di quel dio
tremendo
che dicono
si faccia
chiamar
Marte…

Ah, Eros!
Monello
senza cervello:
tutto cuore
non lo sa
quanto può
far male
al cuore di noi
che siamo
qui in terra
mortali

Come cristalli
ci spezziamo
in due
al minimo
cambiamento
d’umore

FUORI DALLA TEMPESTA

È stata la tempesta,
non l’ho voluta
ma è stata;
così, adesso,
che sono
e sono fuori
dall’ingombro
di nuvole e vili strali,
taccio, lasciando
la parola non a Dio,
non all’amore
e nemmeno al mio Io.
Lascio che il Silenzio
parli a lungo
con parole malfatte;
e abbandono il sorriso,
quello di Calibano.

È stata la tempesta,
non l’ho voluta,
ma oggi ne sono fuori.

Miro l’orizzonte
a fronte alta
sfidando della stupidità
la somma spergiura.

NON PERDERE LA TENEREZZA

Un gesto, uno
per non sprofondare
nella paura d’amare
e per non dimenticare la tenerezza
Donare fiori di campo,
fiori rubati al vento
che accarezza i campi;
regalare secondo l’occasione
rose o fiori d’oro
a chi oggi c’è
e anche a chi domani no,
seppellendo al di là di noi
il superfluo,
pungenti spine e petali appassiti
che potrebbero far sfiorire
nel tempo breve d’un secondo
l’anima del ricevente.

SENZA UNA MINIMA FORTUNA

Ho visto uomini seminare il male
e li ho visti toccare un secolo di vita
senza che un alito di vento
gli scomponesse mai la chioma

Giù in paese dicevano parole,
le ripetevano come un mantra;
aspettavano i retti che il tempo
trovasse il tempo d’esser giusto
Aspettavano che la giustizia
sposasse del popolo la verità
Aspettavano, speravano

Ma ogni giorno, ogni santo giorno
uscivano dalla chiesa le bare,
quelle di uomini poveri in canna
che mai avevano rubato una paglia;
ogni giorno un timorato di Dio
finiva male, a pezzi, in orizzontale,
senza neanche aver sfiorato
la mezza età

Ho visto uomini seminare il bene
e in sequenza li ho visti cadere
senza che una minima fortuna
gli asciugasse la fronte di sudore

VIGLIACCAMENTE

nella notte
mascherato
sei venuto
e forte
m’hai battuto
col manganello
più duro e nero
perché cadessi
ai tuoi piedi
esangue
senza fiato,
senza ombra
– scomoda
testimone! –
a ricordarti
ch’ero vivo
anch’io,
ch’ero uomo
di cervello
anima e cuore

vigliaccamente
alle spalle;
forte sì
ma solo del buio,
nell’anima invece
dannatamente
debole

m’hai ucciso, sì
…e uguale sorte
a quei mille
prima di me
che ora però
con me gridano
il tuo nome
all’inferno
perché sempre
e per sempre
sia maledetto

DENTRO AI FANTASMI

C’è un mare qui,
più grande d’ogni spiaggia
C’è sabbia qui,
che fra le mani scorre
mentre s’increspano le onde
e si muovono a lutto le ombre
sotto i cumulonembi
C’è un mare qui
che fa impressione:
basta uno sguardo
per naufragarti dentro
ai fantasmi del passato
C’è qui l’urlo di Poseidone
che tuona e butta giù barche
e cantori;
e ci sono vecchie sirene stanche
che cantano il dolore
che non trova pace, mai,
nemmeno tra le stelle marine
Qui c’è quel che c’è,
sale sulle ferite passo
dopo passo

IN FILA

Dissero di me, poeta
Io ero muto in attesa,
in fila con tanti altri
per il bagno comunale

IL DIAVOLO SULLA GUANCIA

Con la mascella slogata
Con il diavolo impresso sulla guancia
Con gli occhi un po’ strabici
Con il naso rotto ma storto di suo
Con il sorriso spezzato
Con i capelli scompigliati
uguali a quelli d’un delinquente qualunque,
osservo il nostro amore prender fuoco
in un rogo che prima era un pagliaio

Non sbaglio
Hai gli occhi belli e un poco dolenti
Non sbaglio, sei il solito diavolo
che m’innamora in una tempesta di guai

Sei la solita romantica
che mi tira per i capelli
Sei la sola che mi spacca in due
per poi lasciarmi vivere
senza una donna accanto

Sei l’unica capace
d’uno schiaffo
e d’un addio tra i denti
E poi eccoti di nuovo qui
a me davanti con le mani sui fianchi
e gli occhi puntati addosso a me
E poi eccoti di nuovo qui
che mi fai segno con l’indice
senza aprire bocca mai
per quel pagliaio che brucia ancora

Non sbaglio
Ho il diavolo impresso sulla guancia
E il tuo indice ne infiamma il segno
E la tua mano lo sfiora a ogni nostro incontro

Non sbaglio
Hai gli occhi belli e ardenti
Non sbaglio, sei il solito diavolo
che m’innamora in una tempesta di gioie

Non sbaglio, sei la solita,
la sola che mi spacca in due
per lasciarmi attendere il tuo ritorno
giorno dopo giorno, giorno dopo giorno

Sei la sola che sempre si fa cercare
come un ago in un pagliaio
giorno dopo giorno, giorno dopo giorno

IL POSTER DI MATISSE

No, non verrà mattino
Riposa ora nella Casa del Destino

Lo ricordo che sognava
sempre troppo a lungo
il folle volo rivoluzionario d’un sasso
Lo ricordo che rincorreva
sempre troppo a lungo
il folle metro rivoluzionario d’un passo

No, non verrà nella Casa del Sacrificio.
E’ ora dimenticato nel tubetto del dentifricio

Noi tutti sapevamo quanto e quanto soffrisse,
ma eravamo stanchi di lui e del Poster di Matisse:
le Odalische gli rubavano sempre qualcosa,
un giorno un pennello, quello appresso il cervello
E non potevamo noi sopportare che si credesse
più forte della nostra compagnia che non c’era

Una volta gli avevo detto della carriera d’avvocato
ma lui mi guardò strano come se il matto fossi io:
era un pittore, un fallito perso dietro alle Odalische,
un amico che dipingeva l’incapacità di vivere
Non potevamo noi sospettare quanto e quanto

Non verrà a citarci in Giudizio
Riposa ora in un sogno più grande della realtà,
e un po’ di cervello dalla bocca sbava
quando lo imbocchiamo con un cucchiaio di noia

Ricordo che il suo volo lo abbiamo incatenato,
e non soddisfatti abbiamo gambizzato il suo metro

No, non verrà mai più
a ritirare il Poster di Matisse

L’ULTIMO BACIO

Grazie per l’ultimo bacio
che mi desti,
piangendo il cuore fra le gambe

Grazie per l’ultima tentazione
che in ginocchio mi offristi

E grazie anche per aver fatto di me
un uomo
che conosce la paura e la solitudine

ALL’ALBA

Corsi lo sguardo fra le genti,
nei fumi mescolati all’alba
appena iniziata e già stanca,
sempre cercando al desio mio
un appiglio che fosse almeno
un po’ di risicata fortuna:
il tuo fiato a piedi nudi sulla strada
o l’illusorietà d’un angelo in volo.

CENERE ALLA CENERE

ti ho amata
e non avevo un cuore di riserva

fa male a me quanto a te
ma di più a quella che è stata la nostra fine
un dirsi semplicemente cenere alla cenere
sulla stadera del mai detto

però tu, stasera, non fumare un’altra sigaretta
il fumo si spreca nell’aria sempre
il filtro, quello invece rimane nel posacenere
e non fa quasi mai una bella figura
anche se porta impresso il bacio del tuo rossetto

OCCHI NERI

La prima volta che ti ho incontrata,
l’ho capito dal tuo sguardo
che eri una strega: tacchi alti,
gambe lunghe, e occhi neri, lucenti sì,
ma d’una luce diversa, presa dall’Inferno!

La prima volta che ti ho regalato una rosa,
non hai battuto ciglio, l’hai presa in mano
e mi hai guardato strano; in quel momento
ho capito, ero fregato per sempre e di più

La prima volta che ho tentato di baciarti,
con uno schiaffo mi hai fatto volare lontano
dal tuo bel seno: cinque petali di fuoco
riposano ancora sulla mia guancia
Però le labbra mie ardenti non han perso
né il vizio né il desiderio d’incontrare
il tuo sapore, la tua lingua

Ci sono state tante prime volte con te
Io ho sempre perso qualcosa, un dente
il cuore, un ritaglio d’animo, e mai la vita
nonostante tu ci abbia provato
a portarmela via con tutta la tua malizia,
vestendoti di nudità, magia e ambiguità
Ci sono state tante prime volte con te

Strega, una strega sei: non sei cambiata
d’una virgola da quando ti ho conosciuta
Sempre bella uguale sei, sempre perfida
Lo stesso sguardo nero più del nero,
che viene dritto dall’Inferno e che sfida
degli uomini la saggezza e la stupidità

Una strega sei, con te ogni partita è persa
sin dall’inizio: avevo messo in conto,
pure questo, perciò non smetterò mai
di portarti di mia mano ogni dì una rosa,
una rossa rosa

LA FINE DEL TEMPO

Queste pesanti campane di piombo
che da mane a sera
l’una contro l’altra battono
dell’uomo segnano
il destino la fortuna e la caduta
Non dire che non le senti
La frusta di Satana piega e piaga le schiene,
si tingono di rosso i fiumi e straripano i mari
Spezza gli scogli la bianca schiuma,
alta si leva sino a incontrare
dei cieli la furia

Era da così tanto tempo
che si raccontava la Fine
e adesso che è arrivata
non uno che si tenga in piedi,
tutti in ginocchio
con il coraggio nelle mutande
a pregare per la piccola loro vita
vissuta fra cotidiani razzismi
e immani soprusi

Ha esposto il ciabattino bene in vista
il cartello in bottega: “Il meglio in saldo
molto prima del previsto”
A titolo gratuito
l’azzeccagarbugli di turno dispensa consigli,
mentre i predicatori giù in strada urlano
che non ce la farà nessuno
Lo scrittore alla moda invano cerca
la sua copia della Bibbia
fra mille volumi, per una vita intera,
nell’indifferenza martirizzati
E come un diavolo
Hendrix suona la sua Fender Stratocaster
e quasi ce la fa a coprire del piombo il suono

Non dire,
non dire che non capisci
I giochi sono a un punto morto
E’ solo questione di tempo
e tutto finirà com’è stato predicato
sin dalla notte dei tempi

Allergici all’incenso,
alle candele per sempre
Domani il giorno non sarà di Luce
Son già di neri corvi i cieli
per inumane urla
La chitarra di Jimi brucia,
per l’ultima volta brucia
Nessuno ha un riparo sicuro
dove riparare le chiappe
Esultano i sette mari
mentre si ritirano le terre
Non c’è una sola spiaggia sicura
dove in santa pace poter morire

E’ il tempo dei Tempi,
cadono i templi in frantumi,
al centro si spezzano le clessidre,
perdono le ore gli orologi
e il nostro amore, Amore mio,
finisce così presto, così presto
Quanto vorrei saper piangere
una lacrima, quanto lo vorrei!

E’ il tempo dei Tempi,
predicono la morte le campane
e il nostro amore, Amore mio,
vien seppellito
Niente rimane,
non una briciola,
non una mosca
o una più colorata farfalla
– il cervello se ne va in pappa

Non mi dire
che anche tu vuoi pregare
insieme al gregge,
non mi dire che stai per cadere
in ginocchio! Restami accanto
fino alla fine, fino alla Fine
Oramai non c’è altro
che possiamo fare
Godiamoci la Fine
perché non ci sarà un’alba da vedere

SEI SODDISFATTA?

“Quand’è che hai smesso d’amarmi?”
Lui si grattò la punta del naso con l’indice della mano destra. Non aveva voglia di rispondere. Lei continuava a ripetergli quella domanda, ogni santo giorno che stavano insieme, quando lui avrebbe solo voluto starsene in pace nel suo mutismo.
Alla fine, stremato, quel giorno, dopo che lei gli aveva ripetuta la domanda per la centesima volta, si decise a risponderle ma profondamente seccato: “Probabilmente da quando hai iniziato a pormi ‘sta domanda. E da quando ho iniziato a non rispondere. Sei soddisfatta, ora?”
Lei gli sorrise, allegra quasi: “In pratica non m’hai mai amata.”
Lui si strinse nelle spalle. E muto come un morto. E allora lei aggiunse: “Sì, sono soddisfatta. Non ce la facevo proprio più a chiederti ‘quando’ da un’eternità, anche per te!”

LA SPOSA

Ieri ho ricevuto da un amico una lettera: racconta di sé, le solite cose che già so. In ultimo mi scrive che presto si sposerà. Ho guardato mia moglie e le ho riferito la notizia. Lei non ha fatto una piega: ha sempre odiato i miei amici, soprattutto quelli che non è riuscita a portarsi a letto. Amico, che Dio ti benedica!

LA MAGGIOR PARTE DELLE DONNE

La maggior parte delle donne crede che la tenerezza sia debolezza di carattere. Per via di questo equivoco, certe donne diventano presto brutte d’animo, arcigne, impossibili da trattare. Ma un vero uomo in una donna, onesta e leale con sé stessa, ama soprattutto la tenerezza, vale a dire la femminilità.

VIVERE L’OGGI

Vivere l’oggi sempre pensando al domani equivale a un mero sopravvivere a sé stessi e forse neanche questo. Una vita abbiamo e una soltanto: ci si può illudere che un demiurgo abbia creato la vita, ma nessuna religione è mai riuscita a dimostrare alcunché. Le argomentazioni fideistiche sono inutili e nocive, e per la filosofia e per il pragmatismo legato al vivere quotidiano.

SPARARE CHIACCHIERE

Colui che abituato è a vivere nell’ombra nascosto sempre adopera la propria lingua per sparare chiacchiere e menzogne. Si fanno di cenere i secoli e mai muta il carattere piccolino di questa sporca cosa che diciamo umanità.

PER ESSERE UN POETA

Il Poeta, quello con la “P” maiuscola è una sorta di Profeta, è un personaggio ispirato da Dio, qualcuno che è avanti al futuro. Io non so vedere il futuro, non mi affido ai tarocchi né sacrifico agnelli su qualche altare insanguinato per dar corso alla estispicina e divinar così responso. Al massimo mi spingo a toccarmi i coglioni quando butto giù dei versi d’appendice. Ecco perché non posso dire d’esser poeta.

L’INFERNO ESISTE

L’inferno esiste e ha un nome vecchio di secoli, di abitudini malsane, di cancri mai estirpati. Da tempi di quel fantomatico Italo, vissuto ben sedici generazioni prima della guerra di Troia, nulla è cambiato. Aristotele scriveva: “Divenne Re dell’Enotria un certo Italo, dal quale si sarebbero chiamati, cambiando nome, Itali invece che Enotri” (Politica, VII, 9, 2). Siamo ancora fermi all’età del ferro.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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