Non cavare un ragno dal buco

Non cavare un ragno dal buco

ANTOLOGIA VOL. 185

Iannozzi Giuseppe

RITRATTO DI DONNA

oramai non ho più paura, sai
non ho pause né baci in sottofondo
oramai dormo poco e sogno tanto
oramai nasco sulla bocca
come un fiore partorito da una tomba
oramai non ho più parole
da darti in pasto per farne concime,
per sbriciolarle in quel che fu l’epitaffio
del nostro amore

oramai mi sembra tutto così normale
che sia finita così, con il mio dolore
e la tua completa indifferenza

metto su quel vecchio disco di bob dylan
che ti piaceva tanto e canto
ho imparato che il sogno è tutto
tutto il resto è destinato a marcire

l’uomo della pioggia non si stanca mai
domani bel tempo, dopodomani lacrime e sudore
il telegiornale mi dà alcune informazioni
c’è una guerra in corso e c’è un uomo in fuga
un altro l’hanno accoltellato alle spalle in un vicolo
perché sapeva troppo sul conto di quel parrucchiere
questo mondo non cambia mai nonostante gli anni

quando conosci l’inferno sai che la luce non tornerà
quando capisci che non hai più paura non ce l’hai più

oramai mi sembra tutto così normale
che sia finita così, con il mio dolore
e la tua completa indifferenza
ma berrò alla tua salute un goccio di vino rosso
l’ebreo errante per ora è ancora qui col suo tormento
non aspetta l’inverno o un’altra stagione
l’uomo della pioggia gli ha spiegato tutto da un pezzo

oramai non ho più paura, sai
non ho pause né baci in sottofondo
oramai dormo poco e sogno tanto

CAMICIA DI RELAZIONI PERICOLOSE

Hai visto, hai visto anche tu?
L’attore che amavamo di più,
senza pensarci su,
ha puntato la 45 della pazzia alla tempia
per riuscire finalmente a recitare
la commedia d’una disumana esistenza
in un manicomio di finestre di piombo
Sfoga adesso i suoi sorrisi assassini
addosso a certi camici bianchi
che malamente lo imitano
addormentandosi a tarda sera
in una camicia di relazioni pericolose

Hai visto, hai visto anche tu
di cosa è capace un uomo
che il bagaglio della vita
tutto l’ha impegnato
per toccare gli estremi gemelli
dell’apice e del fondo;
e vogliamo forse noi imitarlo
per essere come lui delle scimmie
senza un minimo di decadentismo wildiano,
ma con una grassa gobba nel cervello?

Lungo i fianchi lascia cadere le mani,
e con un silenzio d’oro metti a tacere
il pubblico che più non sta nella pelle,
che come serpente tentatore sibila
e dalle poltrone scivola con il culo basso

Con un silenzio d’oro
metti a tacere chi non ha capito
e chi mai capirà
come sul palco del mondo si sta

LA FAMA E LA FAME

E c’è che forse mi son rotto,
andare, andare e continuare
sempre cercando l’ago nel pagliaio
Cambiano delle strade i nomi,
non la fama e la fame
che in fondo ai tombini scivola

C’è che forse mi son rotto
di tenere un faccia a faccia
con il solito zuzzurellone impiccato
che dal mazzo le carte le sceglie
e all’orizzonte il destino mi profila

C’è che forse mi sono venuto a noia…
scrivere, scrivere e tutto dimenticare
nell’eco delle parole, nell’assurdità
che il giorno lo spogliano
per il solito girone infernale
fra Dante e un Buddha adorante

Cambiano gli uomini i nomi
che li hanno conosciuti un po’
perdendosi in un labirinto borgesiano
Cambiano come cambiano,
ma mai l’identità che li forma e li sforma
in un venire di sdentate finzioni

C’è che bella o brutta che sia
m’affascina di più la realtà,
la realtà con il cuore in gola,
quella realtà veloce e lenta
che la vita di botto te la schianta
quando meno te lo aspetti

PERSO

Mi sono sempre sentito così
Fuori posto
La testa affogata nei sogni
e l’anima non so
Continuavano a ripetere
che sarebbe passato
Non gli ho creduto mai

Non gli ho creduto
Ero diverso, ero perso
Avevano ragione a tenermi
lontano
a colpi di fionda?
Mi sono sempre sentito così
Costretto a fare i passi miei
da solo,
a non cavare un ragno dal buco mai

Un disastro completo
dovunque andassi
perché mi sentivo così
Avevano ragione a stringere
il nodo della vergogna intorno a me?
Tutti quelli che conoscevo
hanno avuto la giusta sorte,
morte per impiccagione
all’albero della cuccagna

Adesso mi chiedo se ne sia valsa la pena
vivere così a lungo fuori dal puzzle
Posso dire che mi sono sentito sempre così
Fuori posto,
con il blues a scarpe slacciate accanto a me

Avevano ragione a non darsi,
a non farsi carico del mio blues?
Mi sono sempre sentito così
Così perso nel blues
Nel blues

MIA VENERE

Al tuo cospetto
eccomi qui
col petto grigio
a te davanti
perché possa tu farne
vanto o eterna agonia
con le tue mani
di farfalle,
e con la tue labbra
di rossetti infiammati

Qui sono:
nudo,
senza difese
Reco poesia
che è vecchia,
come le età
che al vento m’hanno
malamente raccontato
Però sono qui,
e sono per dispormi a te

La luna in cielo alta,
e ululano e ululano i lupi,
e al gracchiare dei corvi
in cielo a spiare
del bosco i movimenti
tengono compagnia:
forse anche questi canis
cercano una amante
o una creatura da sbranare
Io ho soltanto poesia
che è vecchia
e non so mentirti
Se ancor mi vuoi
mi dovrai accettare così,
a petto nudo
Se ancor mi hai a cuore,
mi dovrai baciare,
e lanciare poi un urlo più alto
di quello delle mie ossa

Qui sono adesso
e per sempre,
per saperti Venere

SENZA TE ACCANTO

Un amore più grande del mio
t’ha rapita al mio cuore
fragile di petali di rose
Un cuore più forte del mio
t’ha portata lontano lontano
dove nemmeno dio può osare
uno sguardo o una maledizione

Tutte le stelle, tutte le luci
che in cielo brillavano,
perché son diventate di nebbia,
d’improvvisi collassi?

E io qui a dannarmi l’anima
in attesa d’un miracolo
che so mai verrà

Ma ti amo lo stesso
per quel che m’hai dato
in un giorno ch’era un sorriso
più immenso di quel dio
che invano ancor in sogno
cerco io senza te accanto

HO FATTO IL MIO DOVERE

Ho fatto il mio dovere,
frantumando sgrammaticature
e parole cariate vuote di luce
Ho fatto quel che andava fatto
e non ricordo più niente, più niente
Non un ricordo ingombra la memoria,
non uno sgarbo o uno sgorbio sposa
la storia che fra noi mai fu

Ho fatto il mio dovere,
e l’ho fatto per amor mio,
per amore della mia statura

Voi anelate a un’incomprensibile banalità,
io a una professionalità uguale
a quella di uno che semina morte
Voi cercate ancora la luna in fondo al pozzo,
io no,
io so che posso essere più d’un cecchino

Ho fatto il mio dovere
mentre Dio si dava via a una distrazione,
a un capriccio di donne un po’ così e così
Ho fatto il mio dovere
consumando il passato a lume di candela,
aggiustando versi su versi
fino a sfiorare una perfezione da coglioni

Voi anelate a vivere fra nani e mezze verità,
voi amate andare avanti con le gambe corte,
io no, punto a una semplicità più che perfetta
che uno a uno sgozzi agnelli bianchi e neri

Ho fatto il mio dovere,
fino in fondo ho fatto
tutto quello che andava fatto
per amore della mia statura,
della mia statura solamente

E ora non ricordo, più niente ricordo
Solo anelo a una professionalità uguale
a quella di uno che semina morte,
solo aggiusto lo sguardo per cacciarmi
in una perfezione da coglioni e superarmi

INSIGNIFICANTE E POVERO

insignificante e povero
per essere il tuo cuore,
rimango da solo a contare
i giorni che mi rimangono
pria d’affidar al cielo
quella che dicono anima
e cui non credo

le donne innamorate
belle sono all’occhio
di chi le guarda,
tenerezza portano all’acerbo
che nelle vene dei vecchi scorre
ma non al giovane che l’amata
la perde tra fiori d’arancio
e spruzzate di bianco riso
quasi a smorzare l’eco
delle risate felici, di beffa,
tutte d’attorno

così io perdo te
senz’aver avuta una sola speranza,
una pallida scintilla del tuo amore

DIMENTICHERAI

Dimenticherai, di me
ogni segno e gesto
Dimenticherai, di me
il sasso scagliato
e l’allegria triste
che mi disegnava il viso
Sì, mi dimenticherai
e ti porterai sul cuore
un uomo migliore di me
E farai l’amore per amore
fra grida d’angeli
e risate dal mare
di vergine bianca spuma
sulla non mai
troppo calda sabbia
Mi dimenticherai, e sì,
non sarà peccato
all’alba scoprire
che sei viva più che mai

PER DOVE LA TUA CAREZZA

Dove vagoli? Dove
cerchi la tomba,
quel sacro suolo
che accoglierà
domani l’alma tua?
Dove riposi oggi
il corpo tuo bramoso
di attenti baci
che non siano
segno abituato
a esser soltanto
nova cicatrice?

Raccontami dei tuoi fianchi
Insegnami la dolcezza
del vento fra i tuoi capelli
E sfiorami con una carezza

Per dove – per dio! -,
per dove la tua bella carezza

Io so meno di te
Però rimango qui
qui ad aspettarti

GIOVANE BIONDA

Quale fredda amarezza
si ripete nell’intimo, in eco,
in quell’età che si ha
una volta solamente,
di gioventù che par
non debba oggi finir mai
Quante, quante tristezze
cova dentro l’alma,
tristezze piene
d’un senso
che non si osa dire
se non in un’ansia così e così,
imprecisa

Tu giovane bionda
così libera,
tu non la sai la libertà,
non ancora la sai,
non ancora,
ma paura profonda hai
d’annegare in te
– di volare
per un sogno, un incubo
o ancor meno

QUANTI BACI PERDUTI

Baci, quanti ne ho dati,
quanti ne ho perduti
Tornati indietro
alcuni lontani ricordi
uguali a brividi,
a pentimenti
– note di blues
e dolori di whisky

Baci, quanti! A piangerli tutti
non son oggi capace
Eppure sempre rimango rapace
di labbra pizzicate,
stuzzicate come corde di violino
per sentirne il sussulto vicino
proprio accanto alla smorfia
che mi disegna il labbro pendulo
incredulo davanti alla Fine
dell’amore, del nostro amore!

STANDARD

La maggior parte delle persone si dà un gran daffare per apparire, semplicemente non capisce che così si seppellisce nella volgarità del pensiero comune (standardizzato).

PARLARE DI SÉ

Parlare di sé, in pubblico, conduce a una sorta di autolesionismo… porta a veder sé stessi vittime di chissà quale complotto cosmico. Vedo tanta gente che parla e parla di sé, gente preoccupata di aggiungere dettagli ai dettagli. Vedo tanta gente che finge di interessarsi a quella gente per cui le chiacchiere sono l’Alfa e l’Omega dell’esistenza. Saggio chi oggi in silenzio ascolta i battiti irregolari del cuore di Beethoven in musica immortalati.

ERO IERI UN COGLIONE

Prima, prima pensavo che dovevo cambiare il mondo, le persone. Prima, prima pensavo che potevo farcela. Prima pensavo fosse mio compito tentare. Ero ieri un coglione. Oggi penso a salvare me stesso… sarebbe un ottimo risultato e non solo per me.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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