Letteratura al femminile? Non c’è. Le copertine però te lo fanno venire duro

Letteratura al femminile? Non c’è

Le copertine però te lo fanno venire duro

di Iannozzi Giuseppe

non chiedo pernesso

non chiedo pernesso

Sull’abominevole stato dell’editoria italiana e non, ci sarebbe molto da dire: ma non basterebbe né un saggio, e temo nemmeno un’enciclopedia intera. Mi limiterò dunque a dire che vengono stampati, ogni anno, milioni di libri: e solo un centesimo merita d’esser preso in visione. Un esempio banale: se da un milione di libri stampati, con tanto di ISBN, si salva un titolo, dobbiamo considerarci ben più che fortunati; questo titolo non è però detto affatto che arriverà ai posteri o che supererà indenne l’oblio, in agguato in una parentesi di tempo di appena dieci anni.

Dopo questa necessaria premessa, arriviamo al clou: esistono libri che possono essere tranquillamente giudicati dalla copertina, o da una parte di essa senza neanche guardare alla quarta di copertina o alle “indicazioni e precauzioni d’uso” nei risvolti. Di libelli stampati e portati a ingombrare gli scaffali delle librerie, purtroppo, troppi davvero: non si nega il diritto agli autori di scrivere corbellerie né si vuole indicare agli editori di non stamparle, però l’invasiva mole di libri inutili finisce con il mettere in ombra libri e autori veramente validi. Oggi entrare in un megastore o in una più modesta libreria a conduzione familiare è un po’ come immergersi in un pornoshop; a far triste mostra di sé copertine patinate, di culi tette e gambe all’aria. Per chi non è uno spietato moralista, lo spettacolo produce un mezzo cachinno: un po’ disgustato e un po’ arrabbiato, le mani finiscono col palpare le copertine per arrivare a una tragica conclusione, una risata afona che è di per sé giudizio critico.

Dopo Melissa P., e prima ancora Lara Cardella, dopo innumerevoli emulatrici, il fenomeno della carne spacciata sui bancali delle librerie per letteratura è in netto aumento: non che la gente legga realmente questi librettini – che potremmo definire tranquillamente “di carne” e non carnali, facciamo attenzione -, ma però l’occhio ce lo butta e in mancanza d’altro s’accarezza pure la patta per un volontario atto di onanismo alla faccia della tirannica cecità blaterata dal Vaticano. A interessarsi alle copertine patinate di culi e tette e gambe all’aria sono soprattutto quelli di mezza età, che in vita loro hanno letto poco o niente e che hanno, il più delle volte, alle spalle un matrimonio fallito e un’amante che li cornifica mentre sognano di farsi la di lei acerba figlia. Alla fine è naturale che qualcuno parti di testa e faccia una strage. Per fortuna i più s’infartano e finiscono sottoterra; tutti gli altri finiscono con l’assumere massicce dosi di ansiolitici, che in breve tempo li porta alla più dura e incurabile impotenza.

Marilù Manzini ha dato alle stampe almeno due libri la cui copertina è la parte essenziale del poco che c’è da rosicare. Sia chiaro dall’inizio, mai letto un solo rigo della Manzini, nemmeno i risvolti di copertina. Quindi queste mie osservazioni critiche si basano esclusivamente sulle copertine, che ad occhio mi sembrano la sola cosa degna di nota, in quanto ci portano a rivalutare in chiave voyeuristica il porno, e non l’eros, mettiamo i puntini sulle “i” come si suol dire. Se volessimo dire della Manzini a partire dalle copertine, allora il giudizio potrebbe essere “Belle! Ma si può fare (osare) di più!”, tanto nessuno si muoverà mai a scandalo per la tanta carta sprecata che l’hardcover racchiude quasi fosse un panino McDonald’s bello da vedere ma letale all’intestino degli affamati. Io non chiedo permesso è la copertina più famosa della Manzini: credo che siano in molti a ricordarsi d’una adolescente che lascia intravedere le bianche chiappe portando le mutandine a fiori quasi completamente al di sotto delle natiche. Più d’un pippaiolo in questo momento sospirerà. Bene, cioè male. In ogni caso non c’è di che preoccuparsi, i pippaioli esistono dalla notte dei tempi, sono una specie mai in estinzione e che sempre trova di che allietarsi, diciamo pure così.
Marilù Manzini è di nuovo sulla breccia dell’onda con Il quaderno nero dell’amore; e la copertina è un mezzo spettacolo, anche se si poteva davvero osare di più. Ricordate Sharon Stone quando accavallava le gambe nel primo animalesco Basic Instict? Bene: ne Il quaderno nero dell’amore a tutta copertina, quella che si suppone possa essere una ragazza decisamente giovane, con tanto di stivaletti e minigonna, pullover verde che lascia intravedere la pancia, e due gambe mozzafiato che sconsigliamo ai cardiopatici e a quanti avessero severi problemi respiratori. Insomma, questa in copertina ce la fa e non ce la fa vedere, ma di sicuro ce la fa immaginare. Così dopo Il libro nero del Comunismo, dopo Il libro nero del Capitalismo, ecco “il quaderno nero”, però questa volta dell’amore.
Come già accaduto per il finto J.T. Leroy e Melissa P., anche la Manzini avrà il suo bel film: infatti sono stati acquistati i diritti per una riduzione – nel senso più ampio del termine questa riduzione – cinematografica tratta da Io non chiedo permesso; così dopo il flop di The Heart Is Deceitful Above All Things, per la regia di Asia Argento, con Asia Argento nella parte della protagonista Sarah, dopo il flop di Melissa P.. per la regia di Luca Guadagnino, non è difficile immaginare che, con permesso parlando, anche per Marilù si prospetta un ennesimo buco nell’acqua.
Tornando a parlare della copertina de Il quaderno nero dell’amore, se Marilù Manzini rappresenterebbe la voce della nuova letteratura al femminile, allora niente: in maniera molto diretta, scrivere al femminile non esiste, esiste invece un po’ di porno patinato, tutto qui. E’ poco, è tanto? Ognuno decida per sé, nel segreto della sua propria toilette.

Ma intanto qualcuno ha pensato – bisognerebbe chiedergli con quale faccia – di pubblicare le foto di Lady Diana morente. E non si è ancora contenti: un libro, l’ennesimo, su Lady D. sarà corredato da fotografie della Principessa – senza ormai quasi più vita – incastrata fra le lamiere della sua Mercedes: ovviamente le foto sono opera dei paparazzi, quella razza non-razza che non appartiene né al genere umano né a uno mefistofelico. La morte, l’atroce spettacolo diventa business. In Italia l’anteprima della morte di Lady D. è già stata data da un chiacchierato giornaletto di gossip: la stampa inglese ha reagito con forte indignazione. Sulle pagine dei tabloid: Sun, Daily Mirror e Daily Express, tutti deplorano la decisione del settimanale italiano di pubblicare le foto di Diana. “Hanno pensato solo a fare soldi senza vergognarsi e senza curarsi dei sentimenti di chi amava la principessa, a cominciare dai suoi figli”, ha affermato il magnate proprietario dei magazzini Harrods. Clarence House, l’ufficio del principe di Galles, non ha voluto fare commenti, ma una fonte – ancora non confermata – ha riferito al Daily Express che Carlo d’Inghilterra non esclude la possibilità d’intentare una causa contro il settimanale italiano.

Siamo alla fine, non alla frutta: siamo proprio alla fine, il sesso è una copertina di un libro, la morte anche. E’ il trionfo del cattostalinismo più faustiano e del capitalismo maccartista più squallido, è il loro imeneo e gli invitati sono bande di schizzati schizofrenici, businessmen e paparazzi.

La conclusione è triste, non del tutto disperata però: la letteratura al femminile c’è, c’è stata, è sufficiente leggere con rinnovata attenzione Jane Austen, Emily Brontë, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Lalla Romano, Marguerite Yourcenar

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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