Laura Liberale in TanatoParty – intervista all’Autrice – MeridianoZero

Laura Liberale
TANATOPARTY

Intervista all’autrice

a cura di Iannozzi Giuseppe

fonte: Jujol.com cultura e spettacolo

Libro che non è solo mera narrativa. E’ anche e soprattutto corpo investigativo: la nostra società che sino a ieri, con gli Egizi ad esempio, pensava all’immortalità attraverso il processo di mummificazione, oggi cerca invece di ingannare la “decadenza fisica” per mezzo di quel processo che è la plastinazione. L’anatomopatologo tedesco Gunther von Hagens è in giro per il mondo con una mostra itinerante, che spiega anche che cosa è la “plastinazione”. Argomento non facile, ma che l’autrice ha saputo portare sulla pagina con maestria: in Tanatoparty non mancano spunti orrorifici vicini ai mostri di Chuck Palahniuk, e forte è il sentore ballardiano che attraversa la scrittura, la storia di Laura Liberale. Come nella “Mostra delle atrocità” di Ballard, Laura Liberale ci accompagna dentro il cadavere dell’Arte e del senso estetico soprattutto, al mutamento che esso ha subito nel corso degli ultimi decenni. Se ieri la trasgressione e l’Arte erano la disgregazione della figura dell’impenitente Dorian Gray, oggi dobbiamo fare riferimento a tutt’altro, a partire dalla materia fecale che Piero Manzoni indicò come Arte, per passare poi dalle parti di Andy Warhol, degli esponenti della popart, nonché dell’horror più o meno splatteroso di Stephen King e Clive Barker, per arrivare infine alla ribellione anarcoide di Palahniuk e dei vari esponenti dell’avantpop.
Laura Liberale ha saputo condensare tutti questi movimenti culturali ed artistici in una storia di forte impatto, coraggiosa anche perché il tema della morte è purtroppo in Italia ancora un tabù.

Iannozzi Giuseppe

Laura Liberale– Laura Liberale – foto per gentile concessione –

1. In primis, chi è Laura Liberale?

Laura nasce il 15 maggio del 1969 a Torino.
Ho iniziato a scrivere alle elementari (come tutti, d’accordo, però sto parlando di poesie… orride composizioni sullo spauracchio della terza guerra mondiale e sulla commovente abnegazione delle mamme).
A diciannove anni ho cominciato a suonare il basso. Poi mi sono iscritta a Filosofia (studente-lavoratore, mi si conceda orgogliosamente di precisare). Mi sono laureata in Religioni e Filosofie dell’India. Ho fatto un dottorato di ricerca in Studi Indologici. Ho continuato a scrivere poesie (un po’ più belle delle prime), a cui si sono aggiunti saggi sull’India e racconti di vario genere. Ho insegnato, tradotto, mi sono trasferita a Padova per amore, ho fatto una figlia a cui ho dedicato una raccolta poetica. Ho conosciuto Marco Vicentini di Meridiano Zero.
Marco mi ha detto: “Perché non scrivi un romanzo?”. Io ero già lì lì per farlo. E quindi…

2. “Tanatoparty” si apre con una citazione tratta da un famoso romanzo di Philip K. Dick, autore che oggi viene indicato come il guru della fantascienza, di quegli universi che cadono a pezzi. “Tanatoparty” quanto deve agli universi che cadono a pezzi, ai simulacri dickiani?

In realtà non molto. Il famoso “moratorium” dickiano in cui i vivi possono dialogare con i morti “riattivati cerebralmente”, mi ha certamente suggestionata [“(…) Lei era ancora con me. L’alternativa è il nulla (..)”, Ubik]. Ma il vero universo in rovina da cui è scaturito TP è il mio, alla morte di mio padre nel 2004.

3. Nel tuo ultimo romanzo si parla della morte “nera e secca” che viene spettacolarizzata, che viene portata addirittura sul palco al pari d’un’opera d’arte. Gunther von Hagens porta in giro per il mondo una mostra fatta di morti: arte, spettacolarizzazione, o perversione?

Meglio precisare che TP è il mio romanzo d’esordio.
A detta di von Hagens, innanzitutto “divulgazione scientifica”.
E questo bisogna concederglielo. “Non ho mai disumanizzato una plastinazione. Non ho mai usato una vescica come vaso”, dice il signore in questione. Finché e se i cadaveri esposti provengono da donazioni volontarie, e sottolineo volontarie, non vedo perché discutere del “magazzino umano” di von Hagens e non del florilegio di reperti anatomici presente negli scantinati di tanti vetusti Istituti di Medicina.
Ciò su cui dovremmo piuttosto ragionare è il perché la sua mostra itinerante non sia ancora stata ospitata in Italia…

Tanatoparty4. In un capitolo del tuo romanzo, c’è un piccolo accenno alla necrofilia. Non sono rari i casi di furti di cadaveri nei cimiteri, né il fare sesso con dei morti. In una civiltà come la nostra, dove la Morte è spettacolarizzata e passata a tutte le ore in tivù al pari di uno show, riusciremo ancora a essere vivi, od è ipotizzabile che un domani si diventi tutti degli inconsapevoli simulacri?

La morte oggi è un evento quotidiano, seppur mediatico, virtuale.
Ma la morte reale? È il grande tabù. Non siamo più in grado di occuparcene. Deleghiamo la cura dei morenti e dei corpi morti a degli “esperti”; i nostri rituali di morte, quelli superstiti, hanno perso di significatività; mastichiamo morte tutti i giorni, ma è la morte anonima, incolore e inodore della fiction…
Tutto ciò fa parte di quella che si chiama decadenza.
Però no, “macchine senza memoria e senza desiderio”, come auspicato provocatoriamente da Stelarc, no, mai.
Certo che riusciremo ancora a essere vivi. È mio dovere e responsabilità di madre crederlo.
Quanto alla necrofilia, è cosa vecchia, letterariamente e umanamente parlando.

5. C’è gente che si eccita solamente di fronte a un corpo bell’e morto. Nella storia non sono mancati personaggi, anche famosi, che hanno condiviso la loro genialità con la necrofilia, ad esempio Beethoven. In tempi più recenti, Ted Bundy uccideva per avere dei cadaveri a sua completa disposizione. Che ne pensi? La genialità e la perversione sono forse facce d’una stessa medaglia?

Beethoven e Ted Bundy?
L’accoppiata non mi piace molto (e Ted Bundy non è il vicino di casa feticista del piede, tanto per distinguere fra “perversione” e “perversione”).
La perversione appartiene a una singola biografia umana.
Il genio è ciò che trascende l’individuale per consegnarsi all’universale.
O forse volevi parlare, meno impegnativamente, di “genio maledetto”?

6. In “Tanatoparty” c’è una provocazione, una delle tante, ma che io ho trovato piuttosto inquietante, più delle altre: la fantomatica cellula del P.G.F. il cui compito è quello di dare addosso alle lobbies funerarie. Davvero una inumazione può contribuire al depauperamento e alla distruzione delle risorse naturali di Gea?

Il mio Fronte per la Difesa di Madre Gea si ispira a reali fenomeni di ecoterrorismo (anche se relativi a contesti differenti).
Rappresenta l’altro polo (altro rispetto a Lucilla Pezzi) di una “strategia per l’immortalità”, ovvero la sacrificabilità della mortalità del singolo individuo all’immortalità del gruppo, della Causa.
Mentre Lucilla, invece, incarna l’immortalità attinta dall’individuo singolo attraverso la creazione artistica, nella memoria collettiva.
I dati che riporto circa il depauperamento delle risorse naturali e le fonti d’inquinamento provengono da internet e non dovrebbero essere campati in aria ma, sottolineo, non posso certo assicurarne l’attendibilità.
Quanto ai funerali ecosostenibili, ricordo che da più di un decennio, in Gran Bretagna e altrove, sono nate associazioni pro esequie naturali, nel rispetto totale dell’ambiente.
Ecco, questo è qualcosa per cui tutti possiamo impegnarci, ahimè, nessuno escluso.

7. Come ti è venuta l’idea di scrivere un romanzo che parla della spettacolarizzazione mediatica della morte?

Prendendo atto della realtà.
“La morte in diretta” (film) – (e siamo solo nel 1980), l’eutanasia (trasmessa su Sky) di Craig Ewert, Jade Goody del Grande Fratello inglese…

8. Non te l’ho chiesto in prima battuta ma per una precisa ragione: chi sono gli autori che ti hanno maggiormente influenzata? Per quali motivi? E: quanto c’è di loro nel tuo “Tanatoparty”?

Partiamo dalle letture per me più significative:
J. Mitford, “Il sistema di morte americano” – E. Kübler-Ross, “La morte e il morire” – F. Giovannini, “Necrocultura” – T. Macrì, “Il corpo postorganico – E. Morin, “L’uomo e la morte” – Z. Bauman, “Il disagio della postmodernità” – U. Galimberti, “Il corpo” – Tolstoj, “La morte di Ivan Il’ič” – A. E. Waugh, “Il caro estinto” – E. A. Poe…
La poesia, soprattutto, in primis per la fondazione di uno stile. Appartengo alla schiatta di autori che scrivono “per riduzione”, acrobati sull’abisso dell’indicibile (questa è un’irruzione della poetessa che è in me, chiedo scusa), irresistibilmente attratti, però, dall’esatto contrario, dai “saturatori” come Foster Wallace (e, se vogliamo parlare di Italia, Umberto Casadei).
Sono stata influenzata dall’arte: Nitsch, Stelarc, Marcel.lí Antunez Roca, Hirst, la Body Art…
Dalla figura della poetessa Anne Sexton.
Dal cinema (chi si ricorda dell’abominevole dr. Phibes, con Vincent Price?).
Dalle sacre reliquie.
Dall’attuale scena politica italiana.
Dalla musica (ho amato e amo il dark, il gothic, il punk).
Ho una sitografia di riferimento di tutto rispetto: centri di studi tanatologici, siti dell’imprenditoria funebre, di tanatoprassi, cimiteriali…
C’è tutto questo, più l’infinità d’altro che mi ha portata a scrivere come e ciò che scrivo.

9. Se dovessi dare al tuo romanzo una categoria letteraria, in quale lo seppelliresti? “Tanatoparty” sarebbe idealmente insieme ai noir, od insieme ai romanzi horror dark e gotici, o con i neoromantici di Isabella Santacroce?

Possiamo, se proprio si deve, definirlo un necrococktail “impegnato”. E se invece, come vorrei, non ci sentiamo costretti a definirlo, diremo che è uno squarcio sofferto, pensato, sincero del mondo interiore e delle idee di Laura Liberale.

10. Il tuo libro, per certi versi, è molto forte. Non è che tutti i giorni si parli di necrofilia… Nel maggio di un lontano 1961 Piero Manzoni portava sul mercato novanta barattoli di merda d’artista. Qualcuno disse che Manzoni cedeva una parte del suo Io corporale al pubblico.
La tua Lucilla Pezzi dona sé stessa, o meglio il suo cadavere, all’arte e al pubblico. E’ la stessa cosa? In una chiave freudiana le feci rappresentano l’attaccamento alla morte ma anche la primissima esperienza sessuale.

No. Non è la stessa cosa, se non sul piano della provocazione.
Lucilla Pezzi chiede che la gente si fermi a guardare sotto la superficie, nel sottopelle.
In tempi in cui, per citare Bauman, “l’identità diviene una collezione di maschere indossate una dopo l’altra”, Lucilla Pezzi ribadisce la sua identità, “fissa” se stessa una volta per tutte, riafferma la vocazione come destino (sempre, per dirla con Bauman, contro “le identità adottate come vesti e non come pelli”).
Lucilla Pezzi si “pietrifica” provocatoriamente in un eterno presente. Ma non è quello che già facciamo oggi quando neghiamo il tempo come costruzione graduale di noi stessi, come biografia, per congelarci invece in un simulacro di giovinezza ottenuto grazie alla tecnica?
Lucilla Pezzi, da morta, è più viva di tanti malati tenuti artificialmente in vita contro la loro stessa volontà.
Lucilla Pezzi si propone, con macabra teatralità, come “oggetto” , quindi non più oggettivizzabile dagli altri (soprattutto dalla congrega medica).
Lucilla Pezzi ci ricorda che la morte non è quell’evento accidentale che la tecnica vorrebbe arrivare a controllare, ma la condizione di significatività della vita stessa.
Naturalmente Lucilla Pezzi agisce e parla da laica ma, almeno nelle mie intenzioni, ci apre al mistero del corpo (e della vita, certo), alla sua polisemia, al simbolico.
Chiaro, nel mio libro c’è un’“ossessione “corporale”. Io vorrei però chiamarla desiderio di riabilitazione del corpo, della sua enorme potenzialità quale messaggero contro l’attuale appiattimento culturale, contro la terrificante sfilza di corpi-artefatto, adulterati, inautentici che ci circondano.
Una sorta di resistenza estrema contro l’avanzata degli zombie, insomma.
A me piace citare gli altri, quando dicono cose intelligenti.
“Che gran parte di una nazione si identifichi nel corpo ormai poco atletico, chirurgicamente modificato, imbellettato di un signore 73enne , non può che fornire un segno sinistro sullo smarrimento di tale nazione”, Marco Mancassola.
Se non è “necro” tutto questo, allora cosa?

11. C’è un messaggio socio-politico nel tuo Tanatoparty?

Ho già risposto, no?

12. Impresari di pompe funebri a parte, a chi altri consiglieresti di leggere il tuo romanzo? Per quali motivi?

Dunque: lo vorrei romanzo di nicchia letto da tutti. Si può fare?
Per quali motivi? Per le ragioni per cui, da che mondo è mondo, si legge.

13. In ultimo: credi nella resurrezione del corpo o dello spirito, nella trasmigrazione delle anime? O piuttosto sei dell’opinione che per chi muore c’è, se si è molto fortunati, un bel buco di due metri per due e basta?

Credo nella speranza e nella responsabilità.
Una poetessa che amo molto ha scritto: “Non c’è vita che almeno per un attimo non sia immortale. La morte è sempre in ritardo di quell’attimo.”
Questo. E non il buco di due metri.

Grazie Laura, sei stata molto gentile. Spero di non averti lasciata sulle spine troppo a lungo, di non averti fatta soffrire più del dovuto con le mie domande, cattive!

Grazie a te, Giuseppe. Di cuore (vivo e pulsante)
Ma erano cattive le domande?

TANATOPARTYLaura LiberaleMeridiano Zero – ISBN 978-88-8237-202-6 – pagine128 – Euro 10

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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3 risposte a Laura Liberale in TanatoParty – intervista all’Autrice – MeridianoZero

  1. vanessa ha detto:

    La genialità e la perversione .

    Ho letto in questo libro

    degenerazione,alterazione e deviazione degli istinti l’ho trovato aberrante e negativo, tanto che ad un certo punto ho dovuto smettere di leggerlo.

    Mi dispiace caro King non ho letto nulla di geniale, ma come tu sai il mio giudizio non vale è l’insieme dei giudizi che vale.Comunque io non lo consiglio.
    bye vany

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  2. Iannozzi Giuseppe ha detto:

    Se non ricordo male, cara Vany, rimanesti piuttosto turbata più che spaventata. AH AH AH
    Dovrò dirlo a Laura. 😉

    Ho riproposto il libro di Laura Liberale perché come ben sai mi è molto piaciuto e perché oggi è ancora più attuale rispetto a ieri.
    Certamente è come dici tu, l’insieme dei giudizi è quello che conta. Il lavoro di Laura Liberale evidentemente era un po’ troppo per te. 🙂

    In ogni caso ognuno ha diritto di esprimere la propria opinione in piena libertà ed è questo una delle cose che mi propongo attraverso questo e i gli altri blog che gestisco. Libertà di informazione e di opinione.

    Segnalo i parecchi commenti su IBS, alcuni negativi ma la maggior parte molto positivi, e difatti il libro ha ricevuto a oggi 4 punti su un massimo di cinque:

    http://www.ibs.it/code/9788882372026/liberale-laura/tanatoparty.html

    Io invece lo consiglio fortemente.

    kisses

    beppe orsetto

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  3. Pingback: Madreferro. Saga familiare minima – Laura Liberale – PerdisaPop – in libreria dal 6 giugno | Iannozzi Giuseppe aka King Lear

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