“La lebbra” di Giuseppe Iannozzi. Un nuovo capitolo bonus

La lebbra di Giuseppe Iannozzi

La morte di Oriana Fallaci

Un nuovo capitolo bonus

La lebbra - Giuseppe Iannozzi - acquista dall'autore

La lebbra – Giuseppe Iannozzi – acquista dall’autore

La lebbra – Giuseppe Iannozzi – Il Foglio letterario – 150 – ISBN-10: 8876064540 -ISBN-13: 9788876064548 – Prezzo: € 14

Le mancava l’aria.
Le sovvenne di quando, nel giugno del 2006, senza mezze misure, aveva dichiarato al quotidiano The New Yorker: “Vogliono costruire delle dannate moschee dovunque. […] Allo stesso modo di come i Mussulmani vorrebbero che tutti diventassimo mussulmani, loro vorrebbero che tutti diventassimo omosessuali”.
Firenze non mostrava pietà. Un sole settembrino si faceva strada attraverso le commessure degli scuri abbassati. Le feriva gli occhi affaticati e già quasi del tutto spenti, mentre ogni secondo era lotta mortale contro gli artigli del nero corvo della morte.
“Voglio morire nella torre dei Mannelli guardando l’Arno dal Ponte Vecchio. Era il quartier generale dei partigiani che comandava mio padre, il gruppo di Giustizia e Libertà. Azionisti, liberali e socialisti. Ci andavo da bambina, con il nome di battaglia di Emilia. Portavo le bombe a mano ai grandi. Le nascondevo nei cesti di insalata”. Così aveva chiesto che fosse la sua dipartita, però nella torre dei Mannelli non ce l’avevano portata. L’avevano sbattuta in un clinica, come una qualunque, e questo proprio non lo poteva accettare.

Oriana Fallaci

Oriana Fallaci

All’improvviso davanti agli occhi sol più una nebbia fortemente grigia.
Provò a mantenere i nervi saldi, ma la paura era più forte di lei.
In un men che non si dica la nebbia s’insinuò in profondità, ben al di là delle orbite scavate nel cranio. Con divina facilità penetrò dentro al suo corpo scheletrico oramai sconfitto dal tumore.
Non era così che si era immaginata di lasciare baracca e burattini. Indarno cercò di gridare che non era giusto. Che non era giusto che finisse così presto. Cercò e cercò di partorire un urlo di rabbia e paura, ma dalle labbra non si dipartì un minimo gemito.
Dalla nebbia grigia presto emerse una ridda allucinatoria di scimmie armate di pietre.
E la lapidazione ebbe inizio.
Ghignando felici, con volti quasi umani, le scimmie scagliavano pietre su pietre e più ne lanciavano più i loro peni diventavano grossi e turgidi.
Una tosse violenta prese a squassarle il petto. Nonostante lei si opponesse, nel giro d’una manciata di secondi la tosse le tolse ogni possibilità di respirare un’ultima boccata d’aria.

Una volta sveglio, Martino si rese conto d’aver avuto un incubo, tremendo. Faticava a riprendere fiato. Si sentiva soffocare: ancora era prigioniero nei panni della sua eroina. L’incubo continuava a occhi spalancati. E il cuore gli martellava forte in petto. Si cacciò le mani fra i capelli. Singhiozzando gemette: “No, lei non è morta. E’ tutto falso. Non è morta e io non sono lei!”. Però lo sentiva arrivare: era alle sue spalle, un nuovo attacco di panico che gli prometteva morte e solo morte.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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2 risposte a “La lebbra” di Giuseppe Iannozzi. Un nuovo capitolo bonus

  1. romanticavany ha detto:

    Purtroppo a volte certe situazioni ce le creiamo da soli. Non siamo tutti formichine operose o risparmiatrici, siamo molto spesse cicale.Non siamo pensieri puri , nemmeno i Santi lo sono qualche peccattuccio è dimostrato lo hanno fatto .I nostri errori e non a volte vengono pagati cari dalla malattia o dal vizio.
    Buon pomeriggio.
    Bacetti bacetti.
    ♥ vany

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  2. Iannozzi Giuseppe ha detto:

    Hai ragione, carissima Vany. Anche i Santi qualche peccatucccio l’hanno commesso e noi che Santi non siamo, siamo formichine, talvolta nere altre rosse. Ma più spesso siamo cicale. Siamo fragili, nell’anima, nel corpo e nella mente: ed è forse per questo che sempre nel prossimo cerchiamo un nemico da combattere piuttosto che un fratello da comprendere.

    ♥ ♥ ♥ Una pioggia di bacetti freschi freschi, Mya UniKa RegYna

    orsetto

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