Dicevi che tutti sapevano di noi

Dicevi che tutti sapevano di noi

ANTOLOGIA VOL. 263

Iannozzi Giuseppe

ECCOLO L’AUTUNNO

eccolo l’autunno
le foglie brune
che dai rami
si staccano

a una a una cadono
e una carezza di vento
le spazzola

nei colori disposti a spegnersi
l’assenza di una speranza
per un domani non crudele

PRIMA DELLA TOMBA

In silenzio
gli occhi
sulla notte
li chiudiamo,
e chi lo sa
se poi domani
li riapriremo
Forse no
E allora
un gran buio
sarà tomba
profonda profonda
alla conoscenza
nostra preclusa;
sarà il Nulla
senza coscienza
– pace eterna per noi
che siamo stati
e mai più saremo
persona o spirito
o semplice alito
di vento

RE

Un Re giusto
sa essere ferale
con chiunque
osi versar sangue
al suo cospetto,
foss’anche Ginevra

PER COLPA TUA
HO DIMENTICATO LA BELLEZZA

Per colpa tua
ho dimenticato la bellezza,
più non la so riconoscere
Da quando mi hai lasciato
ogni cosa se la mangia la polvere,
e s’è perso lo sguardo mio
in una vetrina di vecchi giochi
da ragnatele accarezzati

Ripetevi che tutti sapevano di noi
e a cosa ci avrebbe condotto
vivere nella stessa casa
Sono crollati ponti e dighe,
e i più hanno gettato la spugna
per vivere su un treno in corsa
Che dovrei mai pensare?
Non è mai stata una questione
fra scacchi bianchi e scacchi neri,
ma un Re è stato fatto matto!

Il fuoco ha divorato le case dei nemici,
e i nostri amici, incontrandomi,
mi parlano del deserto intorno a loro

Per colpa tua
ho imparato a detestare l’innocenza,
cercando di non sporcarmi le mani
più del necessario
Che dovrei mai pensare?

Dovrei far ritorno a Nashville
e spaccarmi la testa
con la chitarra di Cash,
ma la testa resta qui
dentro alla vetrina dei giochi

Da quando mi hai lasciato
ho lasciato perdere il gioco,
quella mia mano fatata
che tremante toccava la Regina

NON TI PREOCCUPARE, CAPIRAI

Non ti preoccupare, un giorno capirai
che han gli uomini tasche fonde
piene di sale, più spesso di sporchi avanzi
rubati a chi lungo disteso morente
senza manco più un fiato nei polmoni,
ma soltanto immensa paura
nello sguardo sull’incognito dilatato

Non ti preoccupare, domani saprai
che fanno in fretta i volti amati
a diventar grigi teschi tutti uguali
e tutti sconosciuti a chi li incontra
sulla sua via in cerca di nessuno
in particolare

GROUPIE

Le Belle che credeva io fedeli mie groupie
han fatto presto a tradirmi
con chissà chi, e in qual letto, non so.
Dovrei sentirmi tradito, incazzato nero
e in effetti così mi sento, sul serio
pugnalato e tradito, nell’intimo ferito.
Così tanto burlesco lo spirito femmineo!

Oddio, lo sapevo, la Mamma mia
per giusto tempo m’avvertì;
però proprio non immaginava io
che alla presa per i fondelli s’accompagnasse
del silenzio lo scherno. Così, adesso,
mio malgrado son costretto a scagliare
l’ira su ogni femmina che lo sguardo mio
dovesse per sbaglio incontrare.

Crudeli, infedeli groupie,
il tenero cuore mio avete fatto lacrimare;
ma l’offesa sì presto sopraggiunta, giuro,
per nulla al mondo resterà impunita.
Già l’ingegno mio lavora per farvi la festa,
così se ora di me temete l’imago
ne avete ben ragione:
abituato a schioccar le dita una volta
e una soltanto, furor tremendo mi prende
quando la Bella chiamata a me non viene!

Non groupie ma arpie,
arpie senz’anima né pudore,
questo siete, non negate.

Per quant’è vero Iddio, cioè Io,
dai letti disfatti una a una vi stanerò;
e una a una nel sacro mio boudoir
con infernale duro conio vi ripagherò.

BUDDHA BAMBINO

Traballa sulle gambe ma sorride
Il giovane monaco sa
I gradini portano a un ballo di sangue
E non posso credere ci sia soltanto
questa visione di sofferenza

Noi monaci cadiamo,
cadiamo senza far rumore
Ogni angolo in ombra
nasconde un manganello
e una pozza di sangue
che non si cicatrizza

Con il cuore e con la mente
cammina accanto a me
e porta il mio canto alto
Moltiplicalo per cento
là dove tu stai, amico mio
Camminiamo insieme
fino a quando l’ultimo di noi
non cadrà
Alzandoci
riprenderemo il cammino
perché credo
nel sorriso del Buddha bambino
Perché non sono capace
di credere che il nostro sangue
finito in ultima pagina
sia tutto quello che c’è

Alla violenza rispondo OM
Rispondo OM

Camminiamo insieme
fino a quando l’ultimo di noi
non cadrà
Alzandoci
riprenderemo il cammino
perché credo
nel sorriso del Buddha bambino

VINCENTE

L’aria imbronciata,
e fuggono all’occhio i colori,
e hanno avvistato Dio a Las Vegas
Domani sarà un giorno di pioggia
Lascia che
i bow-window bevano il sole,
e spegni la tivù
Non c’è molto altro che possiamo
Non c’è molto altro
Non c’è molto
Non c’è

Hai sentito di quello
che si è pugnalato al cuore
e di quell’altro
che ha falciato il grano con la 45?
Sono caduti con la faccia nel piscio,
perciò, almeno per oggi,
spegni la tivù e metti su Chet Baker
Non c’è molto altro che possiamo
Devi credermi
Un momento fila dritto
e quello appresso non è già più così
Non c’è altro,
ma se hai un dollaro che ti avanza
puoi darlo in pasto
a una di quelle stupide macchinette
parcheggiate giù al bar
e scoprirlo da te
che non c’è proprio nient’altro
che si possa fare
quando Dio si dimentica di noi

Sembra assurdo,
ma Dio non si scolla dal gioco
Si spende per un jackpot,
e dei suoi figli se ne infischia

Non c’è molto altro che possiamo
Non c’è molto altro
Non c’è molto
Non c’è

NEL SORRISO

Nel sorriso mio sì serio
la strada di Kerouac
in cerca del Dharma,
di quei vagabondi
che affrontavano la Mezzanotte
con una preghiera Incandescente
e con una infinità di jazz

DOVREI DARTI UN BACIO

dovrei essere meno duro con me stesso
(per come resisto malmesso come sono);
la mia puttana morta con un cuscino in faccia
& io che giorno e notte mi faccio la barba
per la crudele carezza d’una fredda lama

c’è fuori un luna park di luci venuto da lontano;
& due cristalli sognanti e una dose di marmellata
da una vita riposano nella mia buia tasca bucata

ho fatto a cazzotti – ho preso un occhio nero
ho fatto all’amore – ho preso un sospetto di scolo
& per l’affitto ho fatto via gli ultimi dieci dollari
& non ho più niente che mi trattenga in città
dovrei cambiare posto e capire che è finita

dovrei mettere la testa a posto, sorridere
ma la strada un serpente in un cimitero:
io che disegno la via per l’eternità dorata

dovrei darti un bacio adesso che sei morta
& poi fuggire dove ci sono gli amici miei,
arrendendomi all’idea che ti amo ancora

… arrendendomi alla celestiale idea
che dove ci sono gli amici miei ci sono
folli e ciechi che scambiano e scambiano
il tappo d’una bottiglia per un diamante

INNOCENTE

Non disperato
Accusato
d’esser un poeta

Ne uscirò innocente
nonostante lo spavento
che a ogni verso
mi prende

IN FONDO IN FONDO

Cammino come un barista
in bilico sul filo d’una speranza
intravista nei fondi di caffè,
prego a raffica peggio d’un buddista
Non mi capisco per niente
La gente mi spara alle spalle
risate, dentiere e capsule d’oro

Non ho colpa, non ho colpa
di tutto il sangue che scorre
tra la Senna e il Po

Grido, nessuno sente
Ho il cuore d’un passero
e il passo pesante e leggero
Ho dentro una confusione
che non puoi capire tu

Che non puoi setacciare
nei tuoi fondi di spazzatura

VERRÀ PRIMAVERA

Verrà primavera
Avrà il tuo nome
Verrà con gli occhi
bagnati di lacrime
Verrà in silenzio
quasi, e al tuo seno
piano si stringerà
Verrà in preghiera
perché sepoltura
sia data a quei corpi
martoriati,
dall’inverno tenuti
a lungo nascosti
Verrà primavera
e avrà il tuo nome
di umana pietà,
fra stelle alpine
e fior di pervinca

Sotto un cielo blu
non più livido
né reclamante vita,
con la neve
sciolta oramai
anche lassù in alto,
dalle tue mani
un fiore cadrà
piano
per ogni morto
al sole svelato

Primavera verrà
fra le montagne
imbevute di sangue
e di giovane libertà

GRANDE VUOTO

Dammi indietro il mio sitar,
i libri degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia

Quando sono venuto
te l’ho detto chiaro e tondo,
“Sono di passaggio”;
hai taciuto,
mi hai messo in mano un rasoio
e con sguardo tagliente
hai accarezzato i miei capelli
Ho obbedito,
ci siamo poi seduti
senza scucire una parola:
fuori c’era aria di rivoluzione

Dammi indietro quel giorno,
il suono estatico del sitar
che insegnava all’anima
la ribellione e la comunione
Dammi indietro le ciocche dei miei capelli
e il Grande Vuoto dell’Universo
Quando sono venuto non ho mentito,
credevo davvero d’essere una zucca vuota,
uno che solo studiava per non capire un’acca
Ora ho bisogno di suonare,
di tornare sulla strada sotto il sole
Ho conosciuto tante malattie,
alcune potenzialmente mortali,
e sono ancora qui
Ho visto piccoli uomini spaccare teste
e ho visto i loro stupidi becchini
Ho visto monaci scivolare lungo il fiume
con la pancia gonfia d’acqua e il volto ammaccato
L’Universo ha impiegato proprio niente
per cadere nel suo Centro
Così ti chiedo di darmi indietro il sitar
Sono una zucca a metà e non vuota,
me l’hai insegnato tu immersi
nelle luci delle candele
Ma ora devo trovare il Suono Perfetto
che ci sollevi dalla Miseria
Fuori c’è più morte che rivoluzione,
non è tempo buono per la meditazione

I Beatles sono quasi tutti morti
I Rolling Stones sono neri dentro

Oh sì, sono così neri dentro
Tutti noi lo siamo
Dammi indietro il mio sitar,
le stagionate parole degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia
per dirmi “ti amo”

SI TEME IL NANO

Si teme il nano
e non Dio o il Diavolo,
il nano
che ti prende per mano
con la scusa
della bassa sua altezza

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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