Rinuncio all’Aldilà ma non a te

Rinuncio all’Aldilà ma non a te

ANTOLOGIA VOL. 275

Iannozzi Giuseppe

favola

CHAPLIN TI FACEVA PIANGERE
(Bambole)

Chaplin ti faceva piangere
Ricordi la neve che cadeva?
Non ne volevi che sapere
di tornare alle bambole sfregiate
C’era nei tuoi occhi una luce bella
ma diversa da pupilla a pupilla
Scherzavi e ci credevi
che un giorno saresti arrivata
là dove nessuna è andata mai
Eri una bambina con tante idee
e le unghie lunghe per graffiare

Conservo ancora le bambole
Come allora piangono sangue
e io davvero non le so calmare
Ho idea che ti scriverò una lettera
per sapere di te, se l’hai poi incontrato
quell’uomo favoloso che amavi
Domani però, adesso esco
a spalare la neve davanti casa

SONO TORNATO DAL MAESTRO

Ho fumato il corpo di un bel po’ di sigarette
e mi sono poi fatto monaco per mille anni
prima d’accompagnarmi qui da te

I giorni passavano lenti
in compagnia della tua assenza
Il Maestro m’invitava
a esser forte con grazia,
a imitare il colibrì;
la mia azione fu la scemenza
di dormire attaccato alla bottiglia
mentre i rami perdevano
fiori e foglie

Una borraccia gonfia
è presto diventata la pancia;
per questo mi sono svegliato
e ho preso a correre sul filo teso
in punta di piedi
sicuro che la morte
non mi avrebbe preso
E così è stato
Sono tornato dal Maestro
per un nuovo consiglio
Mi ha guardato e studiato
a lungo, da capo a piedi,
e alla fine ha sorriso
e mi ha chiamato figlio,
l’ho dunque invitato
a strapparmi i calli
e poi a bere il caglio
dalle mie mani

Ho staccato teste mani e piedi
ad amici e nemici per non far torto
a nessuno di loro; e Buddha
ha gradito la mia perspicacia
Ho dato alle fiamme castelli
Ho raccolto i capelli delle amanti
legando assieme bruno e biondo
Ho dato fuoco ai componimenti
che fecero di me un pagliaccio,
ed ora sono qui, pronto a ricevere
la tua Bionda Lancia nei fianchi

KAMALA, SONO DI NUOVO DA TE
(versione inedita di “Sono tornato dal Maestro”)

Ho succhiato il corpo del pane degli dèi
e mi sono poi fatto monaco per mille anni
prima d’accompagnarmi di nuovo qui,
in questa tua dimensione di erotismo

I giorni passavano lenti
in compagnia della tua assenza
Il Maestro m’invitava
a esser forte con grazia,
a imitare il colibrì;
la mia azione fu la scemenza
di dormire attaccato alla bottiglia
mentre gli alberi perdevano
fiori e foglie

Una borraccia gonfia
è presto diventata la pancia;
per questo mi sono svegliato
e ho preso a correre a piedi nudi
sulle brutture del mondo
sicuro che la morte
non mi avrebbe baciato
E così è stato
Sono tornato dal Maestro
per un nuovo consiglio
Mi ha squadrato ben bene,
mi ha poi regalato il suo sorriso
e mi ha chiamato figlio,
l’ho dunque invitato
a mangiare i calli dei miei piedi

Ho staccato teste mani e piedi
ad amici e nemici per non far torto
a nessuno di loro; e Buddha
ha gradito la mia perspicacia
Ho dato alle fiamme castelli
ricchi di ragnatele, fantasmi e paure
Ho raccolto i capelli delle amanti
interrogandomi a vuoto sui misteri
dei buchi neri e delle stelle
E ho dato fuoco ai componimenti
che fecero di me un vero buffone,
ed ora sono qui, pronto a ricevere
da te benedizione o condanna
da te che ti fai chiamare Kamala

MILLE AMANTI

Non te l’ho mai detto,
non ho mai osato dirtelo
che se non c’è il sole non fa niente
ma che di te ho bisogno

Ti conosco,
hai la tua giovinezza a cui pensare,
la chiesa e i tarocchi
Per me non hai occhi

Ti conosco

Non è vero
che senza di te non posso vivere,
anche se in compagnia della tua assenza
mi prende un nodo alla gola
e mi figuro orizzonti di nuvole

Le tue labbra le conosco
Me le sogno ogni notte
Poi mi sveglio madido di sudore
Le tue labbra rosse di peccato,
quando il buio è profondo profondo
la fantasia mia le mette a fuoco
Non ti ho detto mai
che ti amo, che della clessidra sei la sabbia
Che senza di te sono un uomo che barcolla

Non ho bisogno di fantasticare ancora
Fa male, fa male saperti bella e lontana
Fa male averti nella testa, un chiodo fisso,
e al mattino scoprire che non mi sei accanto,
che solo ho sognato, che ho fatto all’amore
con la fantasia

Non te l’ho detto
che senza i tuoi occhi su me non vedo futuro,
nutro però il sospetto che tu lo abbia capito
Nutro questa speranza,
ma non è abbastanza se poi abbraccio il vento
e di me rimango scontento, amputato alla radice

Ti conosco

Non è vero
che senza di te non oso vivere con un’altra
Ho mille amanti che per me si tagliano i capelli
E allora perché, perché penso soltanto a te?

È che t’amo più di me
È che t’amo più di me,
solo questa è la verità

Rinuncio alla possibilità di essere un giorno
in un Aldilà ma non a te, non a te

Rinuncio alla possibilità di essere un giorno
in un Aldilà ma non a te, non a te

PREGHIERA DEL MESTIERANTE

Risuolo le scarpe,
un mestierante io
che male sa l’abc
Dio ha voluto così

Dicono cose i clienti
che non intendo
A tutti con il capo
faccio cenno di sì,
e muto muto resto

Pianto chiodi
sotto le suole

Prego in silenzio,
prego la croce e Gesù
perché non si compia
oggi il destino mio
a testa in giù
Prego bene perché
ho del lavoro da sbrigare
per dar ai figli miei
un pane da mangiare

ACERBE BELLEZZE

imparavo sui banchi
i primi rossori e le sconfitte
chiudendomi
in una rima baciata
o in una più libera senza senso
ma sempre osservando
le acerbe forme di quelle donne
che un giorno sarebbero state belle
di passionalità mature
e non una – già lo sapevo –
sarebbe stata per me l’ancella
l’amante nascosta in un vicolo
sotto a un balcone con la pioggia
solamente le mie silenti lacrime
avrebbero dato anima
all’imago dell’amore
che giovane fioriva in me giovane

GRAZIE A DIO

Grazie a Dio non sono poeta
e nemmeno una primadonna,
un lestofante o un politicante
Per Roma nostra basta Nerone

Sol penso che tutta la bellezza,
che ai miei piedi versa pianto,
qualcuno deve averla pensata

Meno d’un peto, ringrazio Dio
Sfamato a fagioli e fantasie,
il vino più buono me lo versa
in un vetro d’osteria l’amor mio

E quello che scarabocchio io
a tarda sera nei vespasiani,
giuro!, non lo saprà nessuno
al mondo mai, grazie a Dio

GIGLIO DI NEVE

Giglio, Giglio di Neve,
lo so, non stai affatto bene lassù,
del tuo nero ritaglio di cielo prigioniera
In un cielo di buio
lontano
dalla luce del Paradiso
ti hanno condannata
Le canzoni alla radio
le ascoltavamo ieri insieme
Ricordo quando a casa mia venivi
per declamare di Yeats una libertà
nell’esoterismo intinta
Dovevi immaginarlo
che gli Arcangeli hanno nomi indecifrabili,
impronunciabili e irraggiungibili,
e che i santi pendono dalle labbra di Dio
senza dedicare un solo pensiero ai suicidi
costretti a non incontrarsi mai;
avresti dovuto immaginarlo
prima di spiccare il grande salto
dal settimo piano laggiù in periferia

Giglio, Giglio di Neve,
siamo adesso così soli e distanti,
e non sappiamo ancora chi siamo,
e nemmeno sappiamo
se saremmo stati in grado
di dar voce a una poesia migliore

BUDDHA OCCIDENTALE

Non ho niente d’importante da dire
per questo motivo, alla fine,
ho scelto di scegliere io la mia via

Per tanto tempo mi son dannato l’esistenza,
pensavo che non potevo scansare il destino
Ero un gran balordo, uno dei tanti
Per tanto tempo ho falciato sotto il sole
Ho affilato la lama e Dio ha taciuto
Ho perso più di quanto sospettassi
La lama, infine, ho preso ad accarezzarla
su ogni creatura della notte
Ha taciuto Dio, ma l’ho visto il suo sorriso
ch’era d’approvazione, che mi suggeriva bene!
La verità però una sola, un balordo io,
ho perciò deciso di prendere in mano la vita mia,
ho deciso di decidere io per me

Non ho niente d’importante da dire
Ingrasso come un Buddha occidentale
Qualche volta mi rendo conto
che il mondo sta collassando,
ma subito penso che non spetta a me
ripararlo
Ho scelto di seguire una via, la mia

Non ho niente d’importante da dire,
niente che non sia stato già scoperto,
di me e del mondo ogni virgola si sa
Non di rado cedo alla tentazione
e butto giù pensieri veramente stupidi,
in maniera automatica
Se solo potessi avere una clessidra
su cui mettermi a sedere per l’Eternità!

Non di rado cedo alla tentazione
e comincio a pensare alle donne
Non ho davvero niente,
niente d’importante da dire

QUAND’ERO GIOVANE SCRIVEVO

Quand’ero giovane scrivevo
sempre appeso a un filo,
inventando greve Fato per desio
di morte, insegnando all’alma
che all’Amore non è lecito
chiedere alcunché, mentre giusta
è l’attesa che la morte avvenga
in foggia né lieta né coraggiosa
Così trascorsi i giorni della giovinezza
morendo un tanto a ogni tramonto
dentro a un nero fiume di inchiostro,
incontrando in sogno donne
che, con volto cinereo, mi segnavano
nel nome del Padre e del Figlio
E poi, un mattino vuoto d’oro in bocca,
più morto che sveglio, con nessuno accanto,
con un fil di fiato dire: “Nulla m’è rimasto
tranne il vecchio calamaio vuoto di china
e un avanzo d’occhio, solitario e cieco.”

Quand’ero giovane scrivevo poesie,
scrivevo per arrivare a baciare l’oggi,
scrivevo per arrivare al mio morire

DEL FIUME LA CORRENTE

Al piacere della poesia
soggiacere
ma senza mai la realtà
ferire o sfiorare
Se v’è poeta
che un grano di senno
l’ha in risparmio
fuori si dirà
dalla sua condizione
il fuoco dentro al petto
soffocando
perché alfine sia
del fiume la corrente
domani a tradurlo
là dove albe e tramonti
non sposano miraggi

FAVOLA CLELIA
(versione con alcune varianti)

Favola Clelia,
lasciami dormire
Tengo un gran sonno
Sogno sempre un somarello
e un cammello
Mica lo so il perché
Però c’è
che mi piacciono
e vado con loro
a volte in groppa, altre no
E viaggio tanto, Clelia bella, davvero tanto,
tu non puoi nemmeno immaginare quanto
Così, ti prego,
lasciami qui, col capo sul cuscino
Lascia che ancor mi perda
in chissà quali regni
e bordelli
Nei miei sogni sono un cavaliere,
e tengo una spada di latta,
e ogni secondo è più lungo dell’intera mia vita
Nei miei sogni sono un cavaliere,
capisci?

Non ti chiedo poi molto, Clelia bella,
lascia che con la fantasia cavalchi ancora un po’

COME CALIGOLA 

Da me tutti, tutti
vogliono qualcosa
Tutti pretendono
o questo o quello
Sia Giuda che Bruto
vogliono

E un po’ tutti mi temono
E un po’ tutti mi amano,
per un momento soltanto,
per quel poco o quel tanto
che per loro potrei fare

Per forza di cose
come Caligola dovrò
di giorno in giorno
pensare di più a me stesso

Circondato da pessimi figuranti
non è davvero possibile fidarsi,
d’obbligo guardarsi le spalle
e l’occhio gettare
a destra e a manca,
la lama cacciando
nell’epa del primo
che mostri l’appestato segno
d’avercelo torbido l’occhio

Più non conto
le teste cadute
accanto
ai nobili miei piedi;
e però sempre
un certo ribrezzo
misto a disprezzo
suscitano nell’animo mio

Piovono forti le accuse,
tiranno e arrogante
Vero o no,
ognuno ha flatulenze,
leggere e pesanti,
da mandare in giro libere;
m’è però sufficiente uno sguardo
all’Albero degli Impiccati
per rifarmi il naso
con profumo di morte che vale

SEMPRE CALIGOLA

Sempre silenzio c’è
attorno a me;
dicono sia io
il Poeta del Sangue
che non uno o una
risparmia
sotto l’impeto
della penna

Che ne sai tu
del silenzio
che confonde
e circonda Caligola?

Senatore il mio cavallo,
non ti dirò però
se zoppo o no

Troppa calce,
questo schifo ogni dì
devo cavalcare,
stando ben attento
a non cadere
o danno mi sarebbe
di morder presto
la polvere
al pari degl’inetti
che fan loro
il pensiero mio

Da vanesi invaso
rido e penso,
penso alla morte,
a quando lei verrà,
ma prima mi diano
gli Dèi il tempo
di far rotolar
un po’ di teste vuote

FINE

la fine impone la fine
sopra ogni cosa
sopra ogni uomo

la fine sopra ogni azione
presente passata futura

la fine è soltanto
simile a sé

la fine è tutto
e niente

la fine è la fine
e non conosce
lacrime o pene
per sé
né ne concede

la fine impone la fine
soltanto questo

AL POETA

Al poeta
non domandare
se la poesia poesia,
quale il significato.

Al poeta
non chiedere
chi è.

DESIDERIO

Ai primi raggi di sole
ambrate perle di brina
su trame che paiono
tele di ragno
brillano e tremano,
e un sommesso
alito di vento
dai tristi pensieri
per un momento soltanto
mi distoglie.

Desiderio m’è
di cercar eterno rifugio
fra le pagine
dei miei diari
di sogni e fantasie
straripanti.
Quanti gli scritti
d’innamorarmi
e d’amor morire,
non so dire.

SUL CIGLIO DELLA FINE DEL MONDO

Sul ciglio della Fine del Mondo, Buddha mi ha detto la verità: “Torna sui tuoi passi, qui ci sono soltanto anime di uomini e rifiuti.”
Ho seguito il consiglio e sulla via del ritorno ho brucato l’erba più tenera della mia vita.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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