Donne fatali e altre sciocchezze
ANTOLOGIA VOL. 240
Iannozzi Giuseppe
ORIENTALE
Il Piccolo Monaco ha sorriso
al fiume impetuoso
La Donna ha alzato
gli occhi a mandorla
da terra
e ha tenuto il silenzio
come le hanno insegnato
quand’era una bambina al Tempio
IL TUO SCHIAVO È QUI
Il tuo schiavo è qui
Gli hanno comandato di obbedire,
di seguire la linea tracciata da Mosè
Il tuo schiavo è nelle pagine della Bibbia,
ha riparato alla meno peggio la sua vita,
guardando in faccia i secoli
Quando cala la sera
accende milioni di candele
per disperdere l’oscurità,
per scorgere l’ombra della verità,
per non correre il rischio
che i secoli lo scalzino troppo
Il tuo schiavo ha visto,
ha visto tirar su piramidi di dolore,
ha visto cadere la gloria delle nazioni
A occhio nudo ha visto
amore e odio stringersi di nascosto la mano,
e ti può dire che in giro per il mondo
non molto è cambiato:
nei campi di concentramento
uomini donne bambini muoiono
scavandosi il viso nel filo spinato
Il tuo schiavo ricorda la Storia
Di tanto in tanto scrive le sue memorie,
nascondendole come meglio può
dalla malvagità degli occhi delle spie
perché non ha tempo da perdere,
perché ha ancora tanto da fare
nel tentativo di salvare una vita
che salvi il mondo intero
QUANTA NEVE
Quanta,
quanta neve viene giù!
Tu non ci sei più
a sorridermi seduta
a gambe incrociate
sul nostro bianco letto
Non mi tieni più
stretto stretto al tuo petto
Quanta neve,
quanta bianca neve
viene ancora giù…
SALOMÈ
Era logico che portassi via l’amore,
che solo mi lasciassi il ricordo crudele
delle tue cosce lisce e dei tuoi seni duri
Non è stato facile accettare
che saresti stata presto d’un altro
Tu non hai mai avuto problemi
ad allacciare nuove relazioni pericolose
Hai ancora quel ritratto
che ti vede coi capelli al vento
e la guerra alle spalle?
Hai ancora quel disco graffiato
che mettevamo su per fare all’amore?
Tutto s’è perso così facilmente
Sembra impossibile ma devo accettare
che sei d’un altro di me più perverso
Tutto s’è spento per colpa della bellezza,
della consapevolezza che gli amanti
non ti sarebbero mancati con scorte di ori
E avevo io da offrirti solo la mia testa:
e il cuore, poco in verità, Salomè
MI GUARDAVI STRANO
Tu mi guardavi strano
Avevo io appena scoperto l’amore
Ti sembravo, buffo ti sembravo
a riempirmi la bocca di baci
Hai fatto tu la doccia
Ho aspettato io indeciso,
innamorato dell’odore di te sulla pelle
Poi il telefono ha dato uno squillo
Tutta bagnata sei corsa a rispondere,
come se da quella telefonata l’avvenire
Ti ho cercata sotto l’Angelo di Marmo
Di te ho chiesto ai dannati di Pigalle
e nelle case di Genova mi sono nascosto
sempre invocando il tuo nome
E ti ritrovo oggi, qui, uguale a ieri
né invecchiata né innamorata,
mentre affilo coltelli in strada
per portare a casa, a sera fatta,
pochi danari a malapena utili
a non lasciar morire la bocca
CON VOCE DI RASOIO
(da “Fiore di Passione”)
Con voce di rasoio
all’orecchio ti sussurro: “Spogliati,
lasciami tornare a casa,
fammi tornare alla vita
o donami alla morte”
Con voce di baritono
t’invito a darmi a una musica proibita
Con mani nude e impacciate
ti prego di lasciarmi andare
o di donarmi a un tempo senza confini,
senza partenze o arrivi
Il mondo, questo girotondo infelice,
non credi anche tu
conti già fin troppi perché
senza alcun’ombra di risposta?
Questo gioco mio e tuo
non è forse abbastanza
per andare avanti?
Se la cerchi c’è, se la sai vedere c’è
una Fontana di Trevi in ogni città,
fra macchine e fabbriche di rabbia
Possibile tu non avverta
come viene, come viene su,
limpida e fresca, l’acqua?
Con delicatezza
in un lampo bagna caseggiati,
alberi e giardini,
e fanciulle in fiore, innocenti o quasi
Come un monaco tibetano
all’orecchio ti sussurro: “Spogliati,
lasciami tornare a casa,
fammi tornare alla vita
o donami alla morte”
Ho nel cuore il suono d’una campana
e in tasca un rasoio ben affilato
per prendermi cura di me,
dello spirito che albe e tramonti
allo stesso modo bacia
Come un uomo, come un bambino
ti porto il mio ordine bene in chiaro:
“Spogliati, spogliati per me,
senza vergogna spogliati
e mostrami la tua femminilità
senza arrivi o partenze”
Come uomo, come uomo
t’invito a tagliare
il cordone ombelicale
al poeta che non sono,
affinché possa venire in te
DENTRO AGLI OCCHI
Vedrai,
un giorno il cielo ti franerà
dentro agli occhi
e non vedrai altro che l’azzurro,
poi un blu profondo
che si farà nero per l’eternità
Vedrai abissi alieni che da eoni e eoni
gridano il silenzio rotto
soltanto da un sordo basso lamento
E allora sentirai scalpitare
dentro al petto l’anima tua
che non sa comprendere;
davanti a te
avrai l’Universo intero creato,
che in sette giorni agli uomini fu dato
Però non solo a loro, così il terrore
avrà ragione di te, di quel tuo desiderio
di voler credere e scoprire altri mondi
NON LASCIO BACI
Non lascio baci
sui cuscini
Non li lascio
Cadaveri;
se poi spogliati
sarebbero
di me il peggio
MI DICESTI DI NON BACIARTI
Mi dicesti di non baciarti
perché mi sarei affezionato
Perché la lontananza
con il tuo sapore in bocca
mi avrebbe dato tormento
ora caldo ora freddo
Mi dicesti tante altre cose
che non val la pena di riesumare
Stef, ricordo bene quel momento
che ti baciai facendoti tacere
L’HAI BACIATA
La bocca mia sdentata
– non sbaglio –
tu l’hai baciata
E’ stato poi
che è sopravvenuto
il silenzio di noi
COSÌ I NOSTRI BACI
Come l’erba
che nei prati cresce
così i nostri baci
a primavera
Con l’autunno
si son spenti nel bruno
del secco fogliame
Poi la prima neve
per sempre li ha sepolti
NELL’OMBRA DEL TUO BOSCO
Nell’ombra del tuo bosco
mi hai dato il primo bacio
– il primo vergine amore
E sei poi fuggita via,
lasciandomi al destino mio
che tu prevedevi
non sarebbe stato bello
NON MI SONO FATTO NIENTE
a Cinzia Paltenghi,
sempre e per sempre Mamma Lupa
Non mi sono fatto niente
Sono caduto
e non mi sono rotto le ossa
Il muro di Berlino c’è ancora
nonostante dicano sia andato giù,
e a Ovest il sole è ben nascosto
dietro montagne di neve bianca
Non mi sono fatto niente
Sono caduto e i numeri della Cabala
non hanno detto un bel niente
I giorni sul calendario
sembra non passino mai
dove ora io sto, questo so
Fantasmi mi menano pacche sulle spalle
rassicurandomi che passerà,
che non è poi così difficile far volare il tempo
con una buona educazione mentale
Ripasso a memoria Gogol’
e di notte sogno un camino,
larghe spire di fumo
che affumicano parole
Non mi sono fatto niente
Sono caduto
e adesso vesto stracci,
e spio il mondo di fuori
da dietro uno spiraglio,
da dietro uno spiraglio
della prigione dove io sto
IO NON AMO (E TU NON AMI)
Mi piace immaginare la rugiada
che al mattino rinfresca i fiori,
e amo guardare le tue lacrime
mentre fumo la prima sigaretta
Mi piace il rumore del fiume
e la sua risata che invade la casa;
amo il sudore che scivola sulla tua pelle
e vorrei dirti di non lavarlo via,
di non chiuderti in bagno, nel box doccia
Amo il tuo corpo e l’anima che l’accompagna
Ma io non amo la frusta della tua lingua
Ma io non amo vederti chiudere la porta
Tu come la bianchezza d’una colomba in volo,
come una vestale sposata alla mia ombra,
per tutto questo ho preso la tua anima
Tu come l’audacia d’un’aquila sulla preda,
come il desiderio di Maria Maddalena per Cristo,
per tutto questo ho preso il tuo corpo
Ma io non amo la frusta della tua lingua
Ma io non amo vederti chiudere la porta
E tu ridi, e piangi. e castighi
Poi fuggi via in un addio ma mai per sempre
E io non rido e non piango, però bestemmio
Sodomizzo poi dei nostri corpi l’impronta sul letto
Tu non ami la frusta del mio cuore.
e non ami vedermi aprire la porta
Ci lasceremo liberi oltre noi stessi
quando non ci sarà più alcuna Stagione,
perché io non amo vederti chiudere la porta,
perché tu non ami vedermi aprire la porta
Ci cercheremo liberi oltre noi stessi
quando sarà finito il tormento dell’Eternità
perché io non amo la frusta della tua lingua,
perché tu non ami la frusta del mio cuore
QUANDO HAI PERSO LA FEDE E L’AMORE
Quando la paura morde la coda ai cani
e non sai dove andare e perché,
c’è solo una cosa che tu possa fare,
aspettare che un angelo si ricordi di te
Quando non hai più motivi per specchiarti
e ogni giorno è uguale a quello precedente,
c’è solo una cosa che tu possa fare,
aspettare che un angelo ti salvi o ti condanni
Quando non hai più domande e risposte
Quando la luna affoga in fondo al mare
Quando la notte fa male
e la tua anima è fredda di dolore,
non ti resta che pregare
Quando hai perso la fede e l’amore
e ogni altra cosa che ti faceva felice,
anche se non ci credi non ti resta che pregare
Non ti resta che questo
anche se non ci credi
Anche se non ci credi…
Anche se non ci credi ti sveglierai
e lei ti dirà d’esser venuta per te
Con dolcezza ti inviterà a scegliere
la carta dal mazzo, vivere o morire
Quando il tempo ti ha pugnalato alle spalle
Quando il danno è la sola moneta che hai
Quando la donna che hai amato è lontana
e non ne vuol più che sapere d’un buffone,
non ti resta che aspettare e pregare
che un angelo, in un modo o nell’altro,
ponga fine a tutto questo
Quando temi per la tua vita
ma non t’importa più come e quando,
un angelo arriverà a donarti un bacio
e non avrai più paura del destino
Non avrai più paura d’andare avanti
Non avrai più paura della fine
perché avrai tutto il tempo che ti serve
per fermarti per sempre senza paura
I.
Malamente appoggiati
a storte stampelle
stanno oggi i saggi,
a terra presto rovinando
con ubriaca pesantezza;
più fragili di certe foglie
che un impietoso autunno
una a una strappa,
donando loro soltanto
la loquacità del fischio del vento
e delle civette lo scherno
II.
Vanta ogni mortale fallimento,
nel cuore un paletto di frassino;
eppur facilmente non si muore;
la fine soltanto quando il vampiro
che siamo allo specchio in frantumi
confessa di non esser stato all’altezza
delle più semplici luciferine bassezze
III.
Avevo dodici discepoli
che i passi miei seguivano,
baciando le mie orme
fossero esse sulla sabbia
o sull’acqua
Chi in me credeva
i giorni suoi passava
a me accanto,
ma dimenticando
gl’insegnamenti:
in testa sempre
il solito grillo,
quello d’erigere
pietra su pietra,
schiavo dopo schiavo,
una chiesa
che nel suo ventre
di balena, senza posa,
raccogliesse fedeli
da ogni angolo del Creato
Dissero ch’ero io
dei Giudei il Re;
io sol dissi d’esser Re,
e forse fu peccato
Il tradimento
– seppur non agognato –
dicono fosse nel piano divino,
cosicché ancor oggi
dir non so se peggiore fu
il morir mio in croce tradito
o se di Giuda il destino
all’Eternità impiccato
D’una cosa son certo:
se lo sguardo butto
al mondo dabbasso
nulla è cambiato
COSÌ VERO
Così vero!
Ci sveglieremo
sotto
il caduco fogliame
d’un salice piangente
dal vento commosso,
e il mondo d’attorno
lo guarderemo piano
come al rallentatore.
Così vero
che ci sveglieremo
per sognare ancora
a occhi aperti il sole
e una terra
senza più uomini e guerre.
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