Non mangio da un sacco di tempo
ANTOLOGIA VOL. 238
Iannozzi Giuseppe
Nameless by Valeria Chatterly Rosenkreutz
MI SPIACE, MIO LIBRO SACRO
Mi spiace,
l’indice,
che girava
a una a una
le pagine
del Libro Sacro,
accusa stanchezza,
è adesso inceppato
o giù di lì,
come il grilletto
nel corpo rugginoso
di una pistola
Mi spiace,
non c’è più
una sola poesia
che sappia colpire;
dalla canna,
di tanto in tanto,
sol vengono fuori
abusate banalità
– parole a salve
LIBERO PIÙ DI DIO
Il naso quasi uguale a quello
di quel Pinocchio sì ingenuo,
e tante tante inezie da scontare,
ma nessuna voglia di bruciare
tra le fiamme per farmi fiamma
anch’io
Nessun Dio, nessun Mefisto
nel cuore o in una tasca:
per questo solo mi dirò
un po’ Pinocchio, un po’ imperfetto
E così chi mi ama potrà seguirmi
o inseguirmi là dove vado io,
là dove non esiste il giudizio
di certi infami che in bocca hanno
profonde carie e immense bugie
pronte a giudicare chiunque
per presto sbranarlo nel rogo
d’una più che mai falsa verità
E tu, se ancora mi ami un po’,
se credi di sì, provaci a prendermi…
io libero più di Dio
ASCOLTANDO VOCE DI RASOIO
Io mi chiedo perché
Sei sparita quando dicevi
che andava tutto per il meglio,
che le tue ciglia non mordevano lacrime
Sei andata via,
lasciando un buco nella vita mia
Alle pareti sopravvivono le tracce
di tutti i quadri che hai portato con te
Sulla scrivania, accanto al calamaio
riposa la cornice
che fa prigioniera la tua immagine
Sei andata via nel più freddo giorno d’inverno
Hai detto che andava tutto a meraviglia,
che non mi dovevo meravigliare
se ridevi come una pazza a ogni ora
Ti accendevi poi una sigaretta
e la mano l’allungavi verso la bottiglia,
e il bicchiere lo riempivi una due tre volte
Sei andata via che era quasi Natale
Qui fa un freddo cane, proprio come allora:
le strade sono battute da uguale solitudine,
gli ambulanti vendono castagne calde a nessuno,
e un bambino spara palle di neve contro un albero
È che non me ne sono fatto ancora una ragione
Chissà se adesso mi stai pensando
o se mi stai dimenticando nell’orgasmo
d’una nuova felicità a me ignota più della verità
Ma lo so, sono gli oziosi pensieri
di uno che piano piano aggiusta la puntina sul piatto
per poi accasciarsi in poltrona
sotto la voce di rasoio di Cohen
Sei andata via
Sospetto che lo hai fatto apposta
di non lasciarmi neanche un biglietto
Non ti potrò perdonare mai:
il clima di festa mi ha sempre danneggiato
Sono ancora qui al punto di partenza,
mentre rimetto a posto la puntina sul vinile
Manchi tu, ma Gesù risorge sempre
Sempre uguale a se stesso, ogni anno
Senza scucir parola, ogni anno ti rimpiango
ascoltando i miei più tristi dischi in vinile
RICORDERAI IL SORRISO
(da “Donne e parole”)
Ricorderai il sorriso
che ti amava tanto,
che t’imbarazzava tanto
Scoprirai che,
che fra sole e luna
davvero poi non c’è
tutta quella differenza,
tutta quella diffidenza
che gli amici dicevano a te,
che i cinici
insegnavano ieri a te
E scoprirai da te,
da te,
che male davvero non c’è
sotto la neve bianca,
né sotto la cenere ancor calda
E ti chiederai perché,
(perché?)
ogni cosa ha fatto male a te,
a te più che a me
E, fra le lacrime
con o senza un perché,
puntini di sospensione…
QUANDO LEI MORÌ
Quando Jane mori,
lei che era la mia migliore amica,
pensai di tornare indietro
a quando ero uno stupido ragazzo
sempre pronto a fare a cazzotti,
a far incazzare la gente
con un perfetto saluto fascista.
Pensai tante cose allora…
buttai nello stomaco fiumi di alcol,
ma non servi ad allagare il vuoto.
Come ne uscii non lo ricordo:
immagino sia un bene
perché altrimenti sarei oggi
uno di quei fottuti bastardi
che bevono e bevono
solo per lamentarsi più forte.
CROCE
Per te ho dimenticato il cervello
Per te ho curato l’amore d’un bordello
Per te ho lavato la faccia di Dio
Per te ho danzato sotto la pioggia
Per te ho detto addio alla carta d’identità
Per te ho ucciso un fiasco di vino
Per te ho prosciugato i sette mari
Niente ti è mai bastato
Neanche un più semplice mazzo di rose
in mano a un pazzo è stato sufficiente
Volevi tu solo la mia croce
GIALLO VAN GOGH
Quanto amore c’è
non immagini, oh no;
eppur c’è, nascosto
o alla luce del sole,
ma sempre in un angolo
che non avevi previsto
Di Van Gogh un girasole,
tutto quel giallo, tutto
quell’amore salvato
soltanto quando l’uomo,
ormai di dolore impazzito,
per chissà quale dove andato
VESTITO A LUTTO
(prima versione)
Ho capito
che vivere o morire
non è poi differenza
Saranno i rimpianti
a passar di bocca in bocca
domani
a favore dei pettegoli
sedicenti poeti;
ma niuno saprà mai
la verità e se mai una
ha trovato nel petto mio
albergo
Sulla tomba mia
non scrivere versi
Sulla tomba mia
non portare lacrime silenti
o grida da donare al cielo
Ho vissuto
e visto abbastanza
e sentito in ugual misura
Lasciami
come si lascia la sabbia
che nelle mani a coppa raccolta
tosto dalle dita fugge via
Lasciami all’ellera,
alla gramigna e alle piante
che sullo spoglio marmo
vorranno ricamare il loro squallore
Sarò felice così,
nella morte eterna
vestito a lutto finalmente
QUALCHE VOLTA
Qualche volta,
quando il crepuscolo disegna stanchezza
più grande di quella che l’alma mia contiene,
scopro che soltanto vorrei un attimo di pace
o uno di guerra, perché possa finalmente cadere
la maschera della Confusione e dell’Illusione
in un sorso di buon vino rosso. Guardo poi nell’Oltre
e scopro che vuota è l’autobiografia del mio Ritratto,
e, quasi distratto, tosto lo sguardo volgo altrove
per non incontrar mai più il Riflesso mio costretto
nel vuoto del bicchiere.
Sette ballerine francesi danzano sul palco d’un carillon,
mentre uccido i sogni segnati sul calendario più vecchio di me;
e le mie mani contano dieci giovani dita e di perderne tre
non se ne parla proprio: il piano ha bisogno della mia tecnica
e dei miei bianchi denti, e pure di tutti quelli
che domani prenderanno il nero di vistose otturazioni.
Qualche volta,
quando la luce si spegne e l’alma s’affoga in un Delirio
che non so dire, solo allora capisco quando grande
l’Astuzia di Morfeo che nega del crepuscolo le sfumature
per il nero più nero della notte.
LA BIBBIA E IL KAMASUTRA
Sono stato una nobile rosa e una virgola invisibile,
un temuto capitano e una spiaggia di sabbia fine
Sono stato oltre le tante lingue dei sogni:
non è stato però sufficiente cacciarsi
nell’occhio dell’accecante loro tempesta
e uscirne,
così adesso sull’acqua del fiume disegno la Luna
Un miracolo un milione di anni fa:
nessuno ancora conosceva la stupidità,
lo schizzo d’inchiostro e le pagine di carta
Nessuno sapeva a cosa andava incontro
quando dall’alto delle Montagne Tuonanti
piovevano neri diamanti e grazie erotiche
Per questo, perché questo è successo,
restituitemi alla poesia di Playboy
e del National Geographic,
restituitemi al miracolo dei Ladri della Notte,
alla nudità d’una donna che più di me
conosce quanti e quali peccati
ha cullato il mondo prima della civiltà
Un miracolo: Tex Willer e Sinatra,
la Bibbia e il Kamasutra,
un segno d’amore sopra la banalità
che ogni cosa va come va
NON GIOCHERÒ MAI PIÙ
Il Piccolo Buddha m’invitò
a toccargli la mano;
diedi così inizio al piano
di spogliarmi dei capelli
Il Piccolo Buddha disse
che ero nato per amare
Gli risposi che ero a secco,
che le mie possibilità
erano a un minimo storico
Ho lavato via la sporcizia
dal cranio, ma non è stato
come avevo immaginato;
per questo adesso vado in giro
bussando di porta in porta,
chiedendo di restituirmi
la forza che ho perduto
– prigioniero d’un sogno
Tutte le notti prego
con il cappello poggiato di sbieco
sul cranio rasato;
e a ogni nuova alba
mi rendo conto che mai più giocherò
con i tuoi lunghi capelli, Cristina
LA TUA BELLEZZA
Non parlare
Taci
Ho le scarpe rotte,
e le stringhe in mano
e non sono un poeta;
ma il peggio è
che per tutto questo
non c’è un perché,
in ogni caso non uno
che si possa spiegare
con semplicità
Non parlare
Taci
Sono un randagio
E non mangio
da un sacco di tempo,
e dormo sempre poco
impegnato come sono
a guardarmi le spalle
nel cuore delle mie notti
senza un cane accanto
Non parlare,
fammi l’amore invece
Fammi vedere
la semplice bellezza
d’una donna nuda
NON CALPESTIAMO I SOGNI
Non calpestiamo i sogni,
d’altro canto ognuno di noi
ha fragilità da coltivare
Non calpestiamo i sogni
Fuori, come sempre, piove
e non si vedono in cielo le stelle
Ma domani, forse, sul ciglio
della strada un fiore sboccerà
CHE BEL SORRISO CHE C’HAI
Che bel sorriso che c’hai,
che bel visino che fai
E io sempre qui a far la parte,
la solita che ben conosci,
quella del cretino con il sorriso,
del poeta che alla bell’e meglio
risuola scarpe
per i poveri di spirito
– semi sparsi per il mondo,
affidati al vento,
o forse solo prigionieri d’un canovaccio
che manco il gobbo ricorda bene
UN GIORNO
Un giorno
che non abbia
rivali e sabbia
da dimenticare;
un giorno
che Sole e Luna
avran perso
per sempre valore
agli occhi
di uomini e dèi;
un giorno,
quel giorno
nel giardino Proibito
a piedi nudi
mi verrai a trovare
e un vecchio saggio
senza più desideri
troverai
addormentato sotto
un nocciolo in fiore
NON PERDERE LA TENEREZZA
Un gesto, uno
per non sprofondare
nella paura d’amare
e per non dimenticare la tenerezza
Donare fiori di campo,
fiori rubati al vento
che accarezza i campi;
regalare secondo l’occasione
rose o fiori d’oro
a chi oggi c’è
e anche a chi domani no,
seppellendo al di là di noi
il superfluo,
pungenti spine e petali appassiti
che potrebbero far sfiorire
nel tempo breve d’un secondo
l’anima del ricevente.
SONO IL PICCOLO EBREO
Sono il piccolo Ebreo che a mano ricopia i libri proibiti,
sono il ladro che entra nella casa del suo miglior amico,
la mano che per fame taglia la gola al bue e all’asinello
Sono il poetastro che della Bibbia ben poco ha compreso,
l’Ebreo Errante che bussa alle porte della fortezza Bastiani,
il vecchio usuraio che al mercato compra una fanciulla
perché è sempre troppo lunga la notte senza nessuno accanto
Quando mi avete incontrato sulla vostra strada
l’ho detto chiaro e tondo:
“So bene chi sono, non sono perfetto.
Ma voi! Dentro di voi si annida il buio più buio”
Lo ripeto, lo ripeto, ve l’ho detto chiaro e tondo,
ed era solo ieri
Non avete compreso,
dubito capirete oggi la drammaticità della verità:
non basta illuminare il cielo con una lampadina
per dire se Dio c’è o non c’è
Ho distrutto una dopo l’altra le vostre strane immagini,
e ho calpestato gli orrori coltivati nei vostri giardini;
siete venuti a lamentarvi, ma non vi ho dato un soldo
Chiaramente, non avete compreso
Ho dato al fuoco le mie poesie,
quelle che ritenevo belle, e ho lasciato che
il vento soffiasse via la loro cenere
Lo ripeto, lo ripeto, ve l’ho detto chiaro e tondo,
ed era solo ieri:
“Non inquinate chi sono con la vostra vanagloria”
Non avete compreso, non avete compreso,
e dubito che un giorno capirete
Quando mi avete incontrato sulla vostra strada
l’ho detto chiaro e tondo:
“Conosco i miei limiti, voi non conoscete i vostri”
Non avete proprio digerito la mia verità,
e oggi gridate ai quattro venti che non ho detto il vero,
e cercate di invertire del fiume il senso della corrente
Non avete capito, non capirete mai
Ho fatto la mia scelta, ho fatto la mia scelta
Vi ho dato le spalle per cercare di capire le stelle
con il poco talento che riconosco d’avere
Vi ho dato le spalle per continuare il mio viaggio,
tenendo per mano la fanciulla di cui ignoro il nome
Ho fatto la mia scelta, ho fatto la mia scelta
PER IL SEGNO DELLA CROCE
La tua mano per il segno della croce
La mia risposta a denti stretti
Gli zingari hanno occhi di fuoco,
gli angeli non so,
ma gli uccelli son negri stormi
che bucano il cielo
Come sempre
le strade nel fango si fanno pestare
E si tirano su le braghe
o se le calano gli uomini
Il tuo segno segna la via
E i tuoi occhi,
belli, non dico di no
E le tue mani,
delicate, non dico di no
E le tue gambe,
lunghe, non dico di no
E’ quel tuo modo di…
di condannare
che non mi va proprio giù
BELLA RAGAZZA DEI MIEI VENT’ANNI
Nei miei occhi tristi vivo è il pianto
che il tempo non ha saputo consumare
Ancora a te io penso, bella ragazza
dei miei vent’anni, della giovinezza
tenera e sì tanto fragile di sogni su sogni
Le ingenuità insieme le abbiamo segnate
Non sono però bastate a consegnarci
al presente belli com’eravamo ieri,
stupidi e innocenti, con la testa persa
fra nuvole di rivoluzioni
Sangue di colomba bagna il viso
Silenti lacrime dagli occhi ancora
per te, per te che ho amato tanto,
con generosa ostinazione di credere
ogni giovane immortale per sempre
Ma così presto passano le stagioni,
appassiscono i fiori e nel cuore invece
crescono in fretta tanti e tanti dolori
Le tue prime calze a rete…
Il tuo primo sorriso di donna…
La tua felicità per un niente…
Quel tuo felice dire “si può fare…”
Nelle notti di solitudini tornano
e nella promessa che fu di ieri
fantasmi sono che fanno male
ogni volta un po’ di più…
I tuoi primi baci, i tuoi giochi…
Il mio amore che diceva a te
“amo te, amo soltanto te, solo te”
Ma così presto passano le stagioni
Le ingenuità insieme le abbiamo segnate,
e non sono bastate, non sono bastate…
ZOLFO
Di bugia, di zolfo la coda del diavolo,
quasi sempre uguale a certe lingue
che al mondo intero si dicono pentite;
e sempre in male azioni si spendono
a danno del povero cristo a sputar denti
sulla via mai calpestata da piedi santi.
EPITAFFIO
Lascia che dicano e dicano…
han soltanto la loro parola,
l’epitaffio tremendo
che per sempre li seppellirà
nella muta terra senza pietà
LA SPOSA
Ieri ho ricevuto da un amico una lettera: racconta di sé, le solite cose che già so. In ultimo mi scrive che presto si sposerà. Ho guardato mia moglie e le ho riferito la notizia. Lei non ha fatto una piega: ha sempre odiato i miei amici, soprattutto quelli che non è riuscita a portarsi a letto. Amico, che Dio ti benedica!
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