PIANO SI SPENGONO LE LUCI
Iannozzi Giuseppe
Donne e Parole – Iannozzi Giuseppe – Edizioni Il Foglio – ISBN 9788876066450 – pagine: 604 – © 2017 – prezzo: € 18,00
Si spengono le luci
Piano,
in silenzio quasi,
si spengono
a poco a poco le luci,
e si raffreddano gli animi
ma mai abbastanza, mai:
e bruciano, bruciano
sulla linea del tramonto
speranze e promesse
per accompagnarci
nel cavo della notte,
nella sua profondità
che sfida di Dio
l’eterna Luce
– la Genesi.
Lui ancor ti spia
Guardi il mare,
con l’anima scivoli
dentro alla sua profondità,
riemergi poi bagnata,
saporosa di sale,
e torni sulla spiaggia,
sotto al sole
per farti riscaldare
Hai però dimenticato
una o due alghe
che ai tuoi capelli
si sono allacciate
E non ti sei accorta
che lui ancor ti spia
Dai suoi occhi blu
sei scappata tuffandoti
in mezzo alle onde:
con gli occhi ti abbraccia,
ed è solo un ragazzo,
un ragazzo solo,
proprio come te,
proprio come te
Su una lama di vento
Fantasmi appassiti
su una lama di vento
piano raccontavano
di nuvole e pettegolezzi,
di libri e occasioni perdute
A una sconosciuta
su una strada a caso
ho sparato il mio nome
perché presto lo dimenticasse
Ho consegnato poi
a uno di bocca buona
senza un dente buono
né in alto né in basso
il perché si sta così bene
a non scrivere d’amore
…perché ho visto cose
che non stanno
né in cielo né in terra
Perché ho visto
uomini e donne
come topi ghiotti e ciechi
rosicchiare oscene illusioni
Versi su versi
Versi su versi
gettati giù,
uguali all’uguale
senza mai capire
che vuole il sole
tentazioni e stagioni
Ridicoli i poeti,
ridicoli tutti
sempre a sudare,
rapidi sì
ma mai abbastanza,
nel tentativo
di catturare
fra le bacchette di bambù
delle mosche il volo
Un origami la donna
Un origami la donna,
sfinge anche,
ma si sa che
di sé e dei diversi
mai è contenta
Talvolta
di Nemesi si fa figlia,
e di uomini e cavalli
le nude spoglie
non disdegna
Sol dicea
Sol dicea
“Quel che ho
nell’anima mia
poco o niente,
ma di più quel che
non scorgete”
Sol dicea
la povera sua verità
che i Signori li seppelliva
in un indiscusso silenzio
Incubo goduto a metà
Da un incubo goduto a metà
si leva da folle’occaso il sole
In un sogno abortito a metà
nella fontanella cranica
si dimentica il bambino
E niente più bonsai poi
Luna bugiarda
Quante volte ho fatto a botte
con l’acquasanta
vestendo
il rosso
– che dicono sia del diavolo –
e una bocca di trentadue denti
Su lividi tramonti
vuoti d’allegria
fu inciso il destino mio
Lungo i Sette Mari
ho cercato Sirene e Venti
E sempre sotto la Luna
ho cantato ebbro;
e salse lacrime
m’han segato il viso
Sino a Babilonia mi son spinto,
cercando fra le macerie
una parola o un volto amico
che m’insegnasse Poesia;
e di Dio la faccia irata
subito ho incontrata,
la bocca spalancata come fornace,
cosicché indietro ho mosso il passo
ma non prima d’aver gridato la collera,
la fragilità dell’Ebreo Errante
E anche Dio ha piegato il ginocchio,
lo giuro che così è stato
Tu, Luna, che luce diffondi,
or dimmi la Verità,
dimmi se speme è giusto nutrire,
se dopo tanti e tanti anni
ancor son qui e son sempre io
non diverso e non migliore,
soltanto più stanco
del lungo vagabondare
Ora non tacere
Il dubbio dissolvi,
adesso e per sempre,
o giuro che mai più mi troverai
di fronte a te in ginocchio
Ultima tentazione d’un uomo solo
Tu non mi ami
Non mi ami, tu
Quante, quante illusioni
ho pianto sul cuscino
nelle notti in bianco
pensando te a ogni istante
Tu non mi ami
E non posso io legarti,
non posso straziarti l’anima
come fai tu con la mia,
con un graffio di sguardo e via
Ogni santa notte immagino
sulla schiena mia le tue unghie
a graffiarmi la vita
A niente serve, non serve
Non sei tu con me a farmi l’amore
Mi fa star male il pensiero di te,
di te così bella,
così bella e impossibile per me
Dentro di me ci sei tu,
chiodo fisso piantato
ben dentro a mani e piedi
Prima o poi il fondo lo toccherò
e sarò per sempre perduto,
destinato a spiegare alla gente
perché con tanto fracasso son caduto,
sollevando nuvole di polvere e cenere
A tutti sarò costretto a spiegare
che avevo una croce
e che non era abbastanza
per il mio dolore, così son caduto
Per una goccia di dolore in più
son caduto
Non mi ami e al dolor mio
non posso inchiodarti,
anche se la tentazione c’è
Marlene, dimmi perché
E adesso sì che è finita
Marlene, Marlene, Marlene…
Non c’è più Dio al confine
della Germania
Tu hai sempre su
la solita aria svagata
Fumi sigarette buone
Fuori tuonano i cannoni,
muoiono i barboni
gli zingari e i papponi,
tutti in un campo uguale,
tutti condannati
a medesimo basso destino
Tuonano i cannoni,
tagliano le nuvole
in due questo cielo
che i preti dicono essere
Infinito di Dio;
c’è però solo una strada in salita,
d’ingiusta penitenza,
e poi il fischio delle pallottole
veloci alla schiena
Non ne esce salvo uno mai
Si fa pesante di fumo
questo cielo,
si fa di carne umana
che brucia e brucia e brucia
Marlene, Marlene, Marlene…
Che ne farai adesso della cenere?
Ne farai…
un lusso o un niente?
A chi darai il tuo rossetto,
la prima boccata di fumo?
Marlene, Marlene, Marlene…
Belle come te
in Germania non ce n’è
Il sorriso bianco
è più bianco della neve
di questo triste inverno,
di questo inverno
che a rotta di collo vien giù
fra scoppi di risa isteriche
e urla di cenere
Marlene, Marlene, Marlene…
Fra scoppi di risa isteriche
e urla di cenere,
dimmi perché, perché…
Dammi indietro il mio sitar
Dammi indietro il mio sitar,
i libri degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia
Quando sono venuto
te l’avevo detto che ero
di passaggio;
hai taciuto,
mi hai messo in mano un rasoio
e con sguardo tagliente
hai accarezzato i miei capelli
Ho obbedito,
ci siamo poi seduti
senza scucire una parola:
fuori c’era aria di rivoluzione
Dammi indietro quel giorno,
il suono estatico del sitar
che insegnava all’anima
la ribellione e la comunione
Dammi indietro le ciocche dei miei capelli
e il Grande Vuoto dell’Universo
Quando sono venuto non ho mentito,
credevo davvero d’essere una zucca vuota,
uno che solo studiava per non capire un’acca
Ora ho bisogno di suonare,
di tornare sulla strada sotto il sole
Ho conosciuto tante malattie,
alcune mortali, ma sono ancora qui
Ho visto piccoli uomini spaccare teste
e ho visto i loro stupidi becchini
Ho visto monaci scivolare lungo il fiume
con la pancia gonfia d’acqua e il volto ammaccato
L’Universo ha impiegato proprio niente
per cadere nel suo Centro
Così ti chiedo di darmi indietro il sitar
Sono una zucca a metà e non vuota,
me l’hai insegnato tu immersi
nelle luci delle candele
Ma ora devo trovare il Suono Perfetto
che ci sollevi dalla Miseria
Fuori c’è più morte che rivoluzione,
non è tempo buono per la meditazione
I Beatles sono quasi tutti morti
I Rolling Stones sono neri dentro
Oh sì, sono così neri dentro
Tutti noi lo siamo
Dammi indietro il mio sitar,
le stagionate parole degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia
per dirmi “ti amo”
Ciao King, tu non sei un poeta, sei una mitragliatrice che spara e spara versi 🙂 tutti da leggere con golosità e invidia..

Bravo complimenti ci sei solo tu così produttivo, non credo ne esistano altri .
Ti ho letto pure ad Aphorism.it Meravigliosa quella poesia, mi sono iscritta per commentarti ,ma poi ho scrittto anch’io qualcosa
Non è importante come entri nel palcoscenico della vita degli altri, l’importante è l’uscita di scena; quindi prendi fiato, sorridi comunque sia andato lo spettacolo e fai il tuo inchino migliore. Ma soprattutto, non concedere mai il bis ad un pubblico che non lo merita.
Charlie Chaplin
Dolce serata, 1 Bacio ♥
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Si spengono le luci, e poi una sequenza logorante e in “crescendo”. Ci conduce a un finale tragico e di resilienza. Il tendone si chiude, lo spettacolo è già un ricordo. L’attrice, la primadonna, diventa una musa. Si genereranno quindi altre opere: “dammi il mio sitar”: la sofferenza è madre naturale dell’ispirazione poetica.
Belle! E di più.
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Agnellina Vany, mi sa che scrivo un po’ troppo e che pubblico anche un po’ troppo, e non so mica se essere tanto produttivo sia poi un bene. 😉
Ho visto che ti sei iscritta su Aphorism.it e tutto per commentarmi. ♥ Grazie di cuore, bambina.
Ma ho visto che hai scritto anche un aforisma. ^_^
Oh, il bis non si concede mai, neanche a chi meriterebbe. Il bis è roba da snob e da stupidi. E questo vale tanto per gli affari personali quanto nell’arte. Sul palcoscenico si entra e quando si esce si esce sul serio.
Charlie Chaplin la sapeva lunga. ^_^
♥ Un fresco bacio a te, Monetina Vany
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E tieni ragione, cara Nadia. La prima è una poesia essenziale ed esistenziale a cui fa seguito l’unica che è di felicità, svagata, “Lui ancor ti spia”.
Il resto raccontano l’esilio, il dolore, l’amore perduto, quello ritrovato, l’amore ucciso (mi riferisco ai monaci trucidati nel 2007, nel 2012, ma non è che oggi sia diverso, anche se le notizie faticano ad arrivare). C’è poi “Marlene, dimmi perché” che è un po’ la mia presa di posizione nei confronti della guerra, dove Marlene ha una valenza puramente simbolica.
La poesia nasce sempre da uno stato di sofferenza, perlomeno che io sappia. Diversamente i poeti sarebbero dei buffoni e null’altro. Ma io poeta non lo sono, sono uno che scrive e tanto fa.
Grazie infinite, Nadia.
Lasciamo però una immagine felice, di buddità in fiore.
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Fantastica.
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Perché oggi non hai scritto?:) Sono sicura stai infornando pagine quasi fossero dolci, per dopo.

Ciao, vai a vedere cosa ho combinato io oggi su Aphorism e su google+
1 Bacio ♥
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Ci hai preso alla grande, sto terminando un racconto e delle poesie anche. Oggi, più di ieri, cerco di sfiorare una perfezione impossibile. 😉
Che hai combinato su Aphorism e Google+, Spice Vany? 😉
1 fresco bacio a te, Bambina Speziata ^_^
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Opssssss scusa non volevo mettere ancora quella foto
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Sei una pasticciona. 😀 😀 😀
Il link rimanda a una immagine che è privata, per cui non è possibile che io o altri la vedano. Forse la vedi tu perché hai il permesso di vederla.
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Facciamo così, ce la metto io una immagine carina. 😀
Quel link è inservibile. 😀
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