Ho mai detto al Cielo che sei bella?
Iannozzi Giuseppe
Ho mai detto al Cielo che sei bella?
Dolci i fianchi lungo le montagne,
e la pioggia, la pioggia non cessa il suo lavoro:
e quasi ogni creatura cerca un minimo riparo
per resistere nei giorni che verranno,
e molte donne cercano, cercano
un tenero amante o un Charles Manson
che faccia loro compagnia fino alla fine
Ho mai detto al Cielo che sei bella,
Te l’ho forse mai detto chiaro e tondo?
Dolci e amari i sogni che ci tormentano
Ogni giorno passa lento sulla tua bellezza,
e ogni goccia di pioggia ti accarezza piano
Da lassù il Signore ci invita a salvarci:
non gli piace affatto questa solitudine
che abbiamo deciso di caricarci addosso
per il resto della nostra vita
E quasi ogni creatura cerca un minimo riparo,
e molte donne cercano, cercano
un tenero amante o un Manson
per viverlo fino alla fine,
e alcune donne solo desiderano qualcuno
con cui stare per un’ora solamente
Non ti ho mai detto che nel Giorno del Giudizio
a nessuno di noi verrà chiesto perché Sole e Luna
non hanno mai fatto niente per essere un po’ di più
Non ti ho mai detto la verità sulla confusione
che alberga quaggiù dove è facile franare
insieme ai secoli delle montagne,
dove è facile cadere in ginocchio
senza aver mai dato all’esistere un perché
Quasi ogni creatura cerca un minimo riparo,
e tutti, davvero tutti gli innocenti cercano
il petto d’una madre
Ho mai detto al Cielo che sei bella
al di là di ogni ragionevole dubbio?
Dolci,
dolci sono i fianchi delle montagne
Non reggeranno ancora a lungo,
non reggeranno ancora a lungo
Giorni di Peste
L’uno accanto all’altro gli avelli,
del pallore lunare si vestono
senza pudore alcuno; nomi e cognomi
per sempre dimenticati in un niente
e che però un dì, forte, furono battuti
dalle campane della solitaria Chiesa
dal camposanto non lontana
Colla vanga in mano il nero becchino
non si stanca di scavare fosse profonde,
rinvenendo di tanto in tanto oscure radici
appartenenti a chissà quale vegetale mostro;
ma più spesso vengono fuori
omeri e tibie, lucidi teschi, mani anche,
e mezzi scheletri sorridenti tutti denti
Una bestemmia dalla rauca gola
tosto si perpetua in eco per l’intorno:
il vecchio becchino il lavoro solito riprende
indifferente allo stormire degli alberi,
ai petali dei fiori dal vento strappati
e sulle sue invisibili ali portati
fra cenere e miseria, su cataste di appestati
morti e alla meno peggio
l’uno sull’altro bruciati
Più dei Sette Cieli
Un giorno vorrei mi sorprendessi
con una poesia di spirito e fedeltà
Ben so che alla carnalità
sei votata; sol mi resta la possibilità
di farmi il segno della croce
e di frugare ben bene nelle tasche
in cerca d’un avanzo di sigaretta
Poi d’ogni surrogato piacere stanco
oramai incapace di pregare
per la salvezza o il Giorno del Giudizio,
chiuderò le pesanti porte della Chiesa
e da solo rimarrò di fronte al Cristo,
ma pronto ad appendergli al collo
una corda più resistente dei Sette Cieli
Acqua sotto i ponti
In quel lontano giorno d’estate
che la pioggia era appena cessata,
l’acqua del fiume piano scivolava
dalla fine d’un morto arcobaleno
a un ponticello di legno: allegro,
il riso d’un bambino sgorgava
dalla gola e di note il pelo dell’acqua
faceva vibrare
Accanto gli stava una ragazzina:
adorante lo fissava per la calma,
lui e la sua canna da pesca tesa
lanciata fra le onde lente-veloci
specchio d’un cielo capriccioso
ma non abbastanza da minacciare
altra pioggia; con destrezza un pesce su
e poi un altro, proprio come un uomo
Sorridente così, per tutto quel ben di dio
Così sorridente, vincente
Fu allora che lei lo baciò, all’improvviso
senza saper bene perché, consapevole però
che andava fatto prima che fosse un’altra
a carezzar d’amore le imberbi guance
Da allora i giorni son volati fra amenità
e alcune confortanti
ma non troppo genuine verità;
forse ancor ricorda lei quel primo bacio
dalle labbra volato
Sembrava a portata di mano ogni cosa
Ogni cosa davvero, fosse essa facile o no
E oggi non saper dire dov’è finita
quella bambina, se sia donna e madre;
e sempre svegliarsi presto con l’alba
in faccia, e scoprirsi a pregare perché
l’uomo che accanto le sta possa non trovare
nel dedalo dei sogni del risveglio la strada!
Tutti innamorati
Tutti innamorati, oggi
Ma manca la malinconia
Non una goccia di pioggia
Sembra la gente abbia
dimenticato
il grigio delle nuvole
Tutti così innamorati
Tutti ammaccati,
ma fra rose e violini
Tutti, tutti abbracciati
E noi che siamo al di sopra
dei Setti Cieli decidiamo,
ma è buffo, non lo sappiamo
manco noi che cosa
Kaddish
Non era previsto,
non era previsto che così presto
cadesse la testa nella cesta
Presto volterò l’angolo
Prego,
ti prego di dimenticare
che mi hai incontrato
Prego,
ti prego di dimenticare
che hai ascoltato le mie parole,
che sono stato uno
che parlava con bocca d’amore
inventando follie su follie
per un sorriso, per il tuo sorriso
Sono stato un folle,
uno senza arte né parte
che non ce l’aveva il diritto
di sconvolgere la tua vita,
invitandoti a posare
la prima pietra per una chiesa
Da te sono stato
per un battesimo di luce,
ma già da un’eternità
nella siccità giaceva lo spirito tuo
Presto volterò l’angolo
Per le parole da me dette
sono stato condannato
a tacere fino alla fine
Per le mie parole
sono stato condannato
a bere l’acidità della tua verità
fino a quando ce la farò
Presto volterò l’angolo,
non te ne dispiacere
Non mi hai conosciuto mai,
mai veramente, mai sul serio:
solo inventavo storie su storie,
giorno dopo giorno,
ora dopo ora,
minuto dopo minuto,
per un sorriso non venuto
Buona fortuna, Giulio
Ciao Giulio, ciao Giulio
Non mi combinar guai,
non troppi in Stile Libero
Ma lo so, il consiglio
non seguirai
E allora, buona fortuna
Ne avrai bisogno in ogni caso
Ricorda però
che se del vero c’è nel dire
che la Fortuna aiuta gli audaci
più spesso li affonda
senza pietà; non guarda essa
all’età per inchini e riverenze,
sol si cura
che il designato segua
il destino
che essa gl’ha segnato
Ciao Giulio, ciao Giulio
Finiti sono i tempi belli
che andavi per frizzi e lazzi
fuggendo da un treno all’altro,
mendicando ospitalità
in un ostello per la gioventù
con faccia da eterno adolescente
Basta un niente, davvero un niente
perché l’esistenza creduta perfetta
cangi tosto in quella d’un Caino
abbandonato da Dio e dal Diavolo
Ciao Giulio, ciao Giulio
Che Fortuna ti presti riguardo
solamente
per il merito sudato sul campo,
e mai per altra stronza misura
Imputato, si racconti!
Si dice
che chi ignora
alla fine
resta ignorato
Dio! E’ questo
che t’è capitato
fra capo
e collo
Fatti forza
Torna
con la mente
a quei tempi
felici e lontani
che t’han visto
protagonista:
cassavi,
censuravi,
mandavi
a quel paese
tacendo
Assiso
sullo scranno
di consulente editoriale
pensavi
che mai una mosca
t’avrebbe guastato
col suo ronzio
i pensieri in testa
E invece,
di punto in bianco,
il posto di giudice
costretto sei stato
a lasciarlo
per occupare
una sedia di paglia
Raccontaci ora
come ci si sente
a scoprirsi
calato
nella parte
dell’imputato,
Giulio
Non ti va?
Non ti capisco
proprio;
e pensare
che ti piaceva
così tanto
raccontarti
sotto questi
Cieli d’Italia
Sotto i Mille Euro
Benvenuto,
benvenuto
nella generazione
sotto i Mille Euro
al mese
Sarà difficile all’inizio
affrontare le spese,
soprattutto quelle ferroviarie
Le FS purtroppo
non fanno sconti
a nessuno, nemmeno
a chi per sua sfortuna
zoppo
Però si sa
che chi va con lo zoppo
impara a zoppicare
Così forse
sarebbe il caso
d’usare un bastone,
giusto per provare
l’effetto che fa
Poi, un domani
– Provvidenza volendo! -,
potrebbe scapparci
una pensione d’invalidità
In Italia
ne accadono tante
di cose strane,
e mai un cane
che dica niente
Non è il caso
d’abbattersi
Siamo in tanti
a morir di fame
ogni cazzo di giorno
Tu pensa,
caro Giulio,
che i più disperati
a forza di tirar la cinghia
non tengono manco più
forza di mano per strapparsi
‘na sega artigianale
Confesso
Confesso… cosa mai
di così grave, cosa?
Mai stato un Dante,
della poesia mai
ho sfiorato io l’altezza
Ma grave m’è la colpa
d’aver al ribasso giocato
con cadaveri di parole
purtroppo sì simili a me
Dall’alto in basso
D’un uomo
l’anima sua
non indagate:
a spese vostre
scoprireste
che dall’alto
in basso
la nera rogna
la consuma
senza mai
venirne a capo
Non parlate d’amore
Non parlate,
non d’amore almeno
Ha Caino chiesto
e gli è stato dato
il possibile e di più
Le croci lassù,
sulle calve colline,
non le vedete
ma le immaginate,
le immaginate bene,
anche se il male
che in petto nutrite
non lo sapete
a parole spiegare
Parlano le mani,
le mani insanguinate
milioni di volte
sulle natiche strofinate
Vedermi stanco
E vedermi stanco
E vederti stanca
Aver sol voglia
d’esser tradotto
là dove riposano
libri svogliati,
sfogliati e spogliati
Aver questa voglia
e null’altro da donare
Torniamo a casa
Torniamo a casa,
a usare carta e penna
per lasciar di noi,
al di là del tempo,
un segno più del sogno
Torniamo a noi,
a lavorar di cuore
Torniamo a casa
Affrontiamo la strada
parlando a lungo,
come due viandanti
che uguale via
hanno da seguire
Donne e parole – Iannozzi Giuseppe – Il Foglio letterario – ISBN 9788876066450 – pagine: 604 – 2a edizione © 2017 – prezzo: € 18,00
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Un pezzo di vita questa poesia. Persino inusuale. Sì, direi che non ne ho mai lette di così reali, una delle più veraci.
Bella, inutile dirlo, anzi bellissima.
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Sì, è molto diversa “Ho mai detto al Cielo che sei bella?” e per stile e per contenuti.
Parlo in generale, non ci sono riferimenti. E’ però realistica.
Grazie, Nadia.
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