BIONDE RISATE IN RIVA AL FIUME
Antologia di poesie inedite e rielaborate
Iannozzi Giuseppe
immagine di Valeria Chatterly Rosenkreutz
Le tue gambe
Ho sognato un mondo d’amore,
di seni sodi e di volti gentili
Ho sognato l’erba alta sfogliata
dalle carezze degli amanti
in cerca d’un filo d’ombra
prima di fare all’amore,
e alberi frondosi, verdi, carichi di fiori
che domani saranno frutti maturi
Ho sognato un mondo
Quelle labbra,
oh quelle labbra sì rosse
che a morderle fan tremare l’anima;
la tua bocca sì dolce,
e la mia mano sul tuo volto
a sfiorar con la punta dell’indice
l’incertezza tua sospirata a metà
prima di darti all’ardore della lingua mia,
mentre la sinistra già scivola
lungo le gambe nude in bellezza,
dal calore di Dio baciate
Né al comando né al potere
Vuoti i palmi
rivolti al cielo,
né al comando
né al potere anelano
Inesorabile il tempo,
imparziale giudice,
ha già spazzato via
tanti
e tanti millantati capolavori,
facendoli cadere al di là
dei quattro angoli della bussola,
e nulla memoria ne è rimasta
L’uomo
che per la vita intera
sull’immortalità s’arrovella
presto muore dimenticato,
senza neanche
la consolazione d’un epitaffio
…meglio non corteggiare
ambizioni e illusioni;
meglio vivere di quello che dì
dopo dì sulla stadera c’è,
sopprimendo la tentazione
di guardarsi allo specchio
per scoprire se sul volto
una nuova ruga c’è
Essere in sette vite
Del gatto gli occhi son spiriti di ieri
Ti osservano dall’inferno dell’essere
in sette vite e in nessuna in particolare
Ti osservano
Altro non possono
Vengono da lontano, da oltre il Nilo
E l’uomo che t’ama
è appena andato via con la scusa
di dover far rifornimento di sigarette
In fondo lo sai che presto tornerà,
come sempre, stanco d’aver perso
un’altra volta la sua scommessa
Ti racconterà di come ha provato a bere
da un finto specchio d’acqua in un deserto
E di nuovo in tuo possesso sarà
All’oblio destinati
destinati ad amare
per due graffi di solitudine sulla schiena
destinati a fare i buffoni
per un sorriso di piorrea e una dentiera
destinati a cauterizzare l’occhio buono
per non vedere chi vicino a noi muore
destinati ad essere il poco che siamo
…lecchiamoci le ferite
o cominciamo a cadere
come foglie al vento
nella tomba dell’oblio
Col vento vai via tu
Te ne vai
col vento, tu
In altro dove ti porti
dove non posso io
raggiungerti
e in ginocchio
chiederti di nettarmi
dal solo occhio buono
che m’è rimasto
quella lacrima
che sì tante volte
vedesti
scivolar giù
sul mento mio
E’ quasi il giorno
che ci vide
l’uno accanto all’altra,
e deciso hai
che arrivata è l’ora
di dimenticare
il buono e il cattivo
allo stesso modo
Ti fai lontana,
lontana come foglia
che il vento la suona
per farne sua armonica
di libertà
se non proprio di verità
Lupa
Quando mi venisti accanto
addosso avevi l’odore della Lupa,
ma più forte era il profumo
di quei mille vergini fiori
intrecciati sul tuo bianco petto
E negli occhi l’azzurro del cielo
Un bacio solamente
L’ingenuità
d’una colomba
ferita
Il tuo volto
sul mio
stranito
Un bacio solamente
che però
brano a brano
l’anima
dal petto
m’ha scavato
Bionde risate in riva al fiume
Era tutto così bello,
il sole che picchiava forte,
e l’erba alta verde e soffice
Fiori dappertutto,
e nell’aria profumo di fragilità
Dall’idillio intorno a me cullato,
fra le dita una ciocca bionda raccolsi
e scoppiasti tu subito a ridere
insieme al piccolo fiume
da noi così poco distante
Era d’oro quella ciocca
E il tuo volto felice
era estasi in un bianco sorriso;
fui così tentato,
così tentato di credere al divino
Arrossendo lievemente,
ti alzasti nascondendo le gambe
sotto la corta gonna
Fra le scomposte chiome degli alberi
prendesti a correre,
come braccata da una feroce felicità
Fino alla riva del fiumiciattolo ti portasti
In esso i nudi piedi calasti,
rabbrividendo un poco appena
Ti ero dietro
Affannato ammirai te
muover sicura i passi
Ridevi alzando spruzzi al cielo,
un calcio e poi un altro
– una bambina che vuol giocare
Rimasi, non so
per quanto tempo,
con quella immagine di te
nel cuore piantata
Poi fui costretto a esalare
l’ultimo respiro
Crepuscolo
troppo a lungo ci siamo riposati
su questo sottile rosso crepuscolo
spettri, e mai un silenzio diverso
da quello delle nostre voci;
è dunque vero che siamo morti!
La più bella e desiderata
Tu, la più bella e desiderata
Da quel tragico paradiso
d’una felicità sempre uguale,
ti ho strappata
Sul mio petto ti ho portata:
eri tu
come una rosa appena dischiusa,
un po’ timida e fragile
ma feroce di spine sullo stelo
Per bere una goccia del sangue mio,
un dì di primavera mi hai graffiato
Così tanto mi sono commosso
e non ho osato, non ho osato dirtelo
Ti ho però baciata,
più a lungo del solito
E hai tu capito, e ti sei presto alzata
e nuda ti sei specchiata facendoti triste;
sei poi tornata da me
e piangendo ci siamo addormentati
Attraverso le commessure delle persiane giù
il mattino è poi arrivato e con le sue lame di luce
i nostri occhi di pianto rappreso ha stuprato
E ancor t’amo, ancor t’amo
Mi guardavi strano
Tu mi guardavi strano
Avevo io appena scoperto l’amore
Ti sembravo, buffo ti sembravo
a riempirmi la bocca di baci
Hai fatto tu la doccia
Ho aspettato io indeciso,
innamorato dell’odore di te sulla pelle
Poi il telefono ha dato uno squillo
Tutta bagnata sei corsa a rispondere,
come se da quella telefonata l’avvenire
Ti ho cercata sotto l’Angelo di Marmo
Di te ho chiesto ai dannati di Pigalle
e nelle case di Genova mi sono nascosto
sempre invocando il tuo nome
E ti ritrovo oggi, qui, uguale a ieri
né invecchiata né innamorata,
mentre affilo coltelli in strada
per portare a casa, a sera fatta,
pochi danari a malapena utili
a non lasciar morire la bocca
Canto la vita che fugge
Canto la vita che fugge,
che più non avrà beltà
o verità da dire
al cielo di nuvole gonfio
e di sole a sprazzi
Canto quel che i pazzi
non sanno dire chiaro e tondo,
che il tempo è poi sempre
un momento:
non s’ha mai forza di condurlo
alla bocca che già è passato,
lasciando ogni viro scontento
Canto, canto e m’accontento
M’accontento
come un malato terminale
povero in canna,
che stende la mano
senza sapere se una moneta
o un colpo di pistola in dono
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