Donne che non portano le gonne
2 apocrifi bukowskiani inediti e altre storie
Iannozzi Giuseppe
Acquista Bukowski, racconta! dall’editore Il Foglio Letterario o dal curatore Iannozzi Giuseppe
GLI AMICI MIEI SONO
(apocrifo bukowskiano – traduzione di Iannozzi Giuseppe)
Gli amici miei sono,
come damigiane mezzo vuote sono:
si presentano a tarda sera gridando,
piegandosi subito in un mezzo inchino,
vanno poi via senza pagare il conto,
fingendo una distrazione da niente,
proprio come Dio che giura e spergiura
“Non è colpa mia, non è per mia volontà
la cecità delle stelle!”
Gli amici miei sono,
sono il poco che sono:
si presentano con un sorriso canagliesco
e subito sparano la richiesta
d’un consiglio che non contempli il vino,
lamentando strangolanti problemi di fegato,
scucendo dalle tasche ragnatele di cent’anni,
vanno poi via con discrete porzioni
di rutti in gola e di nicotina nei polmoni,
vanno via
con la convinzione d’aver rubato il meglio,
tutto il meglio che, in una notte d’inverno,
si potesse rubare a un coglione,
facendola franca sull’identità
Gli amici miei, a ben vedere,
sono quasi uguali a una vergogna di scolo,
quasi uguali a certe puttane che la danno via
per finire nei versi distratti d’un poeta
senza né arte né parte
Gli amici miei, ci crediate o no,
si mordono il culo nei cimiteri
BELLA UBRIACA
(apocrifo bukowskiano – traduzione di Iannozzi Giuseppe)
Bella ubriaca, se sol sapessi
quante volte ti ho chiamata
per darti sesso e amore
Non hai mai risposto
Fredda più dell’inverno
sei rimasta a mirar il cielo
Con la zappa in mano ho scavato
sempre nella terra, fino in fondo
Seppelliti sogni e uomini,
sempre ho raccolto biondo grano
e mai mi son spiegato il miracolo
Bella ubriaca, a piedi scalzi
ho scalzato scale su scale
Lungo le colline gravide di cicali
ho inseguito pellegrinaggi folli,
e in un mantra il nome tuo l’ho ripetuto
Non è servito, in me son tornato
là dove ogni sera mi aspetta
il rosso pieno d’un buon vino
Bella ubriaca, le ciglia raggi
di consumata vecchiaia oramai
Ma ancor non ti ho dimenticata
CHI SIAMO ADESSO NOI?
Si perdono le voci,
gli echi malfatti
di santi e poeti .
Si perdono negli addii
che sol guardano
al tramonto il sole.
Cadono le nostre maschere
e lasciano scoperti
volti indecifrabili,
così adesso mi chiedo io
dove ieri persi l’incoscienza
che mi faceva bambino.
Non ridi, non piangi,
ma vivo è il silenzio,
più vivo di te è
e così mi spengo io,
nel buio cercando
di toccar del niente
la frusta e la coda.
Chi siamo adesso noi?
Ti sei forse accorta tu
che non sono poi io
un miracolo o un dio.
Forse sol t’eri ieri persa
dietro a una immagine,
considerando la fantasia
e lasciando indietro
la realtà.
NIENTE DONNE
Niente poesie d’amore
Niente storie d’ubriachi
Niente peccati di giorno
Niente orgasmi di notte
Niente gambe scoperte
Niente minigonne o tacchi alti
Niente, niente gambe aperte
Tutte indaffarate a farsi seghe mentali
E non un cane che le consoli
queste donne che non portano gonne
né una lacrima di rossetto
Niente donne, niente
Niente gonne, niente
Ma così tante sempre
e tutte uguali agli uomini,
che più non cantano
storie d’amore,
d’ubriachi abbracciati
a qualcuna di simile
a una puttana,
– una bottiglia di rosso,
infimo vino
senza dentro vanità
né un goccio di verità,
per una sbronza da poco
uguale al niente assoluto
NUOVA RELIGIONE
Torna, sì,
torna pure qui
dove il cielo è
di nuvole bigio;
dove resiste
una cortina
di fumo fumato;
dove le lire son finite
tutte dentro a un pozzo
che ha annegato
i desideri di gioventù
e pure quelli confessati
ai riflessi
dentro agli specchi
Torna pure qui
Non troverai granché,
briciole e odori lontani,
frammenti taglienti di vetro
lungo i polsi di Babilonia
E non dire quando,
se tornerai
vestita di sabbia
da capo a piedi
Le labbra cucite
per tacere un bacio
o l’idea
che la religione
sincera sol quando
si fa da parte
per la nascita
d’un nuovo amore
MORGANA
Come son passati
questi anni,
questo mi chiedi?
Che domanda!
Son passati
Ma morta
non è memoria
Ogni giorno
una stilla di dolore
Ogni minuto
una lacrima dagli occhi
Morgana,
Occhi Verdi,
per quanto
sei stata lontana?
Eco sei,
eco che in me scava
in profondità
Quanto sei ancora
da me lontana?
Nessuno sa dirlo,
nemmeno io
che da sempre t’amo,
anche se m’hai
costretto a vivere
in prigione di pietra,
nella convinzione
che mai riuscirò
a erodere l’antichità
di loro durezza
Ma se domani
le lacrime mie
avranno ragione
della petrosa durezza,
sarò io libero
e ti raggiungerò,
Morgana
E mi amerai
o me la pagherai!
COLOMBELLA
Colombella,
Colombella sì tanto bella,
per dove hai preso il volo
stavolta?
Sei forse andata a trovare
quel tuo dandy tutto strano
vestito di piume faustiane
e che in gelosia mi sconvolge;
o sei andata ben dentro
al bosco nero perché niuno
possa venire a cercarti?
Colombella,
Colombella non sei bella
come nel sogno
che per te ho inventato
Mi devo arrendere
a quella tua pazzia
che tu dici santa e puttana!
Con chi l’hai fatto lo scandalo
mentr’io qui mi brucio il cervello
per divinar responso?
Non sei dantesca fiammella
Piuttosto suonatrice di pifferi
E i topi li porterai fino in città
perché t’insegnino una verità
che non esiste se non nel sogno
che ho qui io vergato
con sangue di pavone
Colombella,
Colombella quanti topi!
Il bosco l’hai trovato e questo
ci hai portato
Il dandy l’hai scordato e questo
ci hai portato
Questo codazzo di topi neri
come il culo dell’inferno
Colombella,
prenderò il volo, prenderò
il volo prima di perdere
completamente il cervello
per colpa della tua pazzia
INGENUITA’
Respiro i tuoi pensieri
che passo dopo passo
metti in circolo
Che dopo ventiquattro scalini
resistono nel battito affannato
affamato d’altro amore
Respiro ogni tua parola
perché mi possa entrar dentro
e farmi un po’ bello
come te,
come il tuo cuore
che lo so non sa battere per me
Rimango qui
con le labbra intatte
Amore non l’ha mai sfiorate
e le tue son per altri più belli
Non mi lamento
ma in segreto ci soffro
Così ti dico quel che sento
mentre cerco di starti dietro
passo dopo passo
forte solo dell’ingenuità
che non s’arrende in petto
nonostante sappia da sempre
che destinato sono alla sconfitta
NUVOLE DI GUERRA
Correvo, correvo perché,
perché avevo ancora tanto, tanto
da fare; e ancora non è finita
Volevo vedere il mare
prima che la guerra lo prosciugasse
Volevo incontrare una ragazza,
una pazzia che fosse tutta mia
Volevo sentire la salsedine
e una canzone dei Rolling Stones
prima che naufragasse il cielo,
rosso di speranza alla sera,
dentro il cuore blu del sale
Volevo solo questo,
ma non ce l’ho fatta
Sono morto prima
di calpestare la spiaggia
coi miei sconsolati nudi piedi
Sono saltato in aria
e non ho sentito niente,
neanche una fitta di dolore
Ho cessato di esistere
L’ho capito solo adesso
che da lassù
– uguale a nuvola fra tante –
guardo il mare rosso di sangue
sotto di me
Corro, corro attraverso il cielo,
ma non sarà mai più come prima
E c’è ancora così tanto da fare!
ROSA DI COMPLEANNO
E tu nulla mi dici
Il silenzio assapori
fra le labbra
quasi fosse un bacio
E tu nulla mi dici
Ma gli occhi tuoi
si fanno
sospetto sognante
di nuovi amori;
e chiusa in te,
con ardore,
piano te li racconti
E tu nulla mi dici
Sol ti tradisce
una nota di rugiada
su quella rossa rosa
nascosta nella timida
piega dei giovani seni
Solo una lacrima
d’ingenuità
che piano scivola via
E tu nulla mi dici
ed è il tuo compleanno
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