Vincent, Vincent, Vincent… Antologico
Iannozzi Giuseppe
Vincent
Girasoli tesi
al sole giallo
Un taglio e via,
via l’orecchio
per non sentire
più le grida di dentro
e quelle tra i campi
Un taglio,
senza dalla vita
aver avuto mai
un soldo di gioia
Si macchiano
di rosso i girasoli,
mentre continua il sole
a martellarmi la testa
che duole e duole
Tumore
“Che cos’è l’amore?”, urlò il vento con somma freddezza.
“Un vuoto da riempire”, disse uno.
“Una fossa troppo piena”, disse il secondo.
Il terzo crollò il capo, e più volte sputò catarro in terra e no, e se ne andò poi via, lasciando filosofo e prete a lucidare un tumorale suo sputo non per caso caduto sulla pesante negra bara.
Ti penso cattiva
Ti penso cattiva
perché gli uomini
– che analfabeti sono –
lettere d’amore
ne scrivono tante assai
Poi le donne
le ritagliano,
ne fanno coriandoli
per carnevale,
per un capriccio di vento
E però, più spesso,
accade che le parole
diventino epitaffio
– una caduta da cavallo
che proprio non si pensava
Ma il collo torto e ritorto
– senza vita – lascia il capo
perché cada sul petto finalmente
– quasi una lacrima
che ha già preso sembianze
d’inumano teschio
Così giovane
Quando il sole avrà spento
la luce dei miei occhi, ricordarmi
che un tempo son stato bello
anch’io – e che giovinezza ha nutrito
i parti di quelle illusioni
che ora rimetto al vuoto immenso
Seconda scelta
Sempre in movimento
Sempre in tormento
come se questo tempo
non dovesse finire mai
da Roma a Nuova York
E forse c’hai ragione:
più mi guardo in giro
più capisco che tutto,
che tutto il mondo
è paese di chiacchiere
e di faccendieri con la 24ore
In verità un film sì,
ma di seconda visione
Eccetera eccetera
Il vino, la bicicletta nuova e lucente
e il vento fra gli eccetera eccetera
E noi nel buio cimitero
a cercare di capire
il senso della vita, toccando
con mani tremanti,
per indefiniti momenti,
angeli di freddo marmo
E pensiamo, pensiamo
che i momenti restano e restano
sul momento un bel niente,
un bel niente senza spiegazione
E iniziare le frasi con una “e”,
con un “ma” o un “però”;
Ci perdiamo così,
per una congiunzione
fra vita e morte, sole e luna,
poesia e distrazione
Bigi i colori,
la pazzia sulla tavolozza,
e Van Gogh ancora
senza cognizione di sé
E noi qui
ci siamo dimenticati
di sistemare
il testo in testa al tenore,
all’insignificante commediante
che in ogni caso sa le arie a memoria
e che però ripete, chissà perché,
solo e sempre
… Aida, mia dolce Aida
Il nome dei morti
Siamo già al giorno
senza fiori,
e tu ti chiedi
se le mani nude e ferme,
se i guanti o gli schiaffi
La farina, la spiga, la polisemia
Il cammello non passa ancora
per la cruna dell’ago;
e ancora la luna forgia l’argento
E ancora si tinge di te
questa notte che i morti
li chiama per nome
Nessuna paura
Nessuna paura mai
per la nera morte
Sogni, sogni soltanto
dall’alba e dal tramonto
accarezzati:
questo siamo,
con una data di scadenza
Rogo di idee
Caldo, dannato caldo
Carbonio e idrogeno,
perenne rogo
che sfida degli Dèi la sfida
Caldo, fuoco fuochino
E poi sempre è
un buco nell’acqua
Ma le strade di Roma
tutte portano altrove
E semafori gialli rossi verdi
Chi ci capisce
ci capisce più niente
Le pinze per l’esse blesa
e chiodi per meglio fissare
in testa puntini e puntini
di sospensione
Ti chiedi ancora
a che ora è la fine del mondo;
i bambini fanno il girotondo,
le streghe giocano invece coi desideri
per dolcetti e scherzetti
E giù in fondo alla strada
parenti serpenti piangono
il morto ancor caldo nella bara
sudando sette camicie
e invocando Gesù Cristo,
in bocche sdrucite masticando
le Sette piaghe d’Egitto
Ma considera Ade,
la fotografia sgranata
delle anime dannate
Considera la tromba delle scale,
la caduta, il collo rotto
e l’immaginazione delle portinaie,
la psoriasi che non passa
sotto le ascelle e più giù ancora
Considera il caldo che fa male,
quel delitto irrisolto di Simenon
E bicchierini di limoncello
per annebbiare meglio il cervello
E le calze a rete sempre su,
le gambe mai spogliate;
e allora di nascosto spiare
da sotto la cattedra la soluzione
nei puntini di sospensione
ben nascosta
Malattia
Guarda! Ho preso un bicchiere di cristallo. E una coppa di legno. Ho bevuto il sangue di Cristo. Per essere immortale. E quello di Lucifero. Per essere accanto a Te. Guarda, guarda l’Amore. E’ Fragile. Un bere fino in fondo l’ultima goccia. Di Sangue. Di Malattia. Un danzare a piedi nudi per sussurrarti all’orecchio “le bugie hanno le gambe corte!”, ma spogliandoci sempre in un Tango quando gli occhi dentro agli occhi. C’è verità nello Sguardo. Non si frena il disco. La clessidra e Suzanne – bellissimi perdenti -, una musica così triste, così bella. E noi zingari in un altro Tango scivoliamo.
Siempre te recordaré, mi Carmencita.
Ricordo ogni cosa
Ricordo ogni cosa. Lo spot della Coca-Cola. Il tempo fermo nella sua clessidra. Il giorno del nostro primo incontro. Le bollicine. Bevevo te. Avevo sete di te. Lo schermo della televisione e una rivoluzione in sottofondo. I cartelli di protesta. E i manifestanti lungo le strade in un fermo immagine. Le bollicine. Non so come, ma fracassai la lattina fra le mani per arrivare fino a te. Ero una bollicina sulla tua rossa lingua assetata. Ero la tua sete. Romantico. Nevrotico. Perché il domani è domani. Non oggi. Il domani, la caduta dell’America e un pelo incarnito di Allen Ginsberg fra il grigio e il nero della mia barba. E la tua carezza.
Complimenti Beppe 🙂
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Grazie, Rosy. 🙂
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Sono poesie scritte da te in questi giorni, oppure le hai ripescate ?
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Sono poesie vecchie, molto vecchie. Un post antologico. Risalgono a 10 e 15 anni or sono. Fanno parte del mio periodo più “nero” a livello poetico. Non ho granché da mettere in poesia or come ora. Non ho ispirazione, per cui riprendo da quel mio mare magnum che in tanti anni ho riempito. D’altro canto giusto è anche tornare al passato, a ciò che si è stati e che nel bene e nel male si è prodotto, o creato. Ripesco il meglio, perlomeno ciò che a mio avviso è salvabile tra le migliaia di poesie messe nere su bianco.
Anche per “pallottole e majakovskij” si parla di poesie ripescate. Niente di nuovo.
https://iannozzigiuseppe.wordpress.com/2015/10/14/pallottole-e-majakovskij-antologico/
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Hai fatto bene a ripescarle, io ancora non le avevo lette… mi sono piaciute davvero tanto 🙂
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Fanno veramente male, bellissime, tristissime, fanno venire il magone…. Dovunque prendi ispirazioni sei un anino tormentato. Ciao Kinglear
Daniela
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Ne proporrò delle altre, sempre roba vecchia o molto vecchia. Qualcosa che si possa salvare forse c’è. 😉
beppe
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Cara Daniela, grazie. Hai ragione, sono liriche votate alla “non speranza”, quasi a un cinismo esistenzialista. Può darsi di sì, che sia uno spirito tormentato, ma chi non lo è? 😉 In fondo, a ben vedere, il meglio o il peggio di noi lo diamo grazie a quell’infausto dio che è il dolore. E io sono un re folle. 😉
Un abbraccio ringraziandoti
beppe
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Ho letto con piacere. Vi posso segnalare il contest lanciato dalla trasmissione “Muro” su Sky Arte e dal Fatto Quotidiano per segnalare i murales che hanno “salvato” le nostre città? http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/01/muro-e-il-fatto-quotidiano-inviateci-le-foto-dei-murales-che-hanno-salvato-le-vostre-citta-dalla-bruttezza/2085974/
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