bonjour tristesse
iannozzi giuseppe
bonjour tristesse
alla memoria di Françoise Sagan
ho ricevuto la tua lettera di addio
dieci papaveri rossi e la chiave di violino
ho preso il mio, il resto è tornato, è tornato
a essere bianca colomba, libera
di cercare un dio
bonjour tristesse!
c’è odore di caffè nell’aria,
e c’è un mare di posa
nel cestino dei rifiuti
quante stelle in cielo!
questa notte c’è voglia di dar corpo alla follia
quanti sogni repressi!
questa notte non c’è bisogno di poesia
questa notte sigarette e whisky
questa notte proverò il sessantanove
con il tuo fantasma inquieto
questa notte prenderò il toro per le corna
non mi dire che non si può fare
non dire un no
ho ricevuto la tua lettera di addio
e lo sai che un dio non ho
ho preso il mio, il resto è tornato, è tornato
a essere un mattino di tristezza e un buongiorno!
monaca di monza
come una morte annunciata, come una vita
al gusto di profilattico, alla mia porta ti sei presentata
era una vita intera
che ti aspettavo
è da quel lontano giorno che gesù camminò sulle acque
che continui a ripetere che avrei perso la semplicità
ma non ho mai avuto paura degli sgambetti
fra apparenza e realtà
qui la tua natura morta
e il campo di concentramento
era una morte infinita
che ti aspettavo prendendo per buono
che ancora avresti dato tutto per scontato
adesso siedi come nulla fosse
incroci le gambe
e sacrifichi il tuo sorriso alla mia sigaretta
ma se è vero, se è vero che ho perso la semplicità
allora questo gioco di occhi che si scontrano non vale
il sapore di uno scarto, plagiato
adesso sto fermo al mio posto
e fumo nervoso
non ho molto da raccontare o da giustificare
ma se è vero, se è vero che apparenza e realtà
fanno lo stesso gioco
allora c’è il mio che non puoi proprio prendere per scontato
ho piedi piagati ma anche forza per tenere il mio passo
ho ancora il mio amore e la vastità percettiva di un bambino
se sono stato un bambino schiantato dal pianto
se lo sono stato veramente, sono cresciuto
solo per incontrare questo momento
perché è da una vita intera e da una morte infinita
che te lo volevo dire a chiare lettere
“piccoli uomini crescono”
come una morte annunciata, come una vita
al gusto di profilattico, hai preso la strada
che ti ha condotta lontana dalla mia porta
era una vita intera
che aspettavo, vederti fallire nella convinzione che
“piccole donne non crescono”
farfalle
tengo il mio, la strada
si sbaglia sempre
quasi mai abbastanza
come le foglie cadono
così le farfalle e il loro volo
il ritorno fa paura
come l’andata
e sempre la pioggia spinge
il mio riflesso nelle pozzanghere
dicesti “non finirà”
dicesti “è così la vita”
così adesso lo so
che ogni male viene per nuocere
per piovere
tengo il mio, la strada
tutti hanno un dolore
e una commedia da portare avanti
come le foglie cadono
così le farfalle e la vita in volo
confuso infinito leopardiano
sparare sulla croce rossa
sepolcri imbiancati e il milite, il milite ignoto
è stato vent’anni fa
che mi dicesti in un soffio di vita “dovrei smettere di vivere”
è stato facile farmi sordo e ridurre il mio coraggio tetraplegico
c’erano proprio tutti al funerale e la pioggia veniva giù grossa
cadeva la bara in due metri per due per raggiungere l’infinito
ero lì come il milite ignoto e d’attorno solo sepolcri imbiancati
è stato facile prendere tutti i sentimenti e farne zibaldone
sparare sulla croce rossa e nascondere la gobba in un’ombra
questo volevi, riposare
e non vedere la luce del sole e della luna
se fu poesia l’ultimo passo decisivo, se fu un momento infinito
questa terra tutto inghiotte e la memoria si fa torbida e torpida
quello che voglio veramente è trovare
e dimenticare un posto lontano
quello che posso è metterci su una croce
e riesumare l’ombra
e tornare, tornare da me, sparare sulla croce rossa
c’erano proprio tutti al funerale
è stato facile darmi il colpo finale
ridurre il mio coraggio tetraplegico
vent’anni fa giocavamo a prenderci in giro
oggi è un po’ diverso, è una misura inferiore
in questo confuso infinito leopardiano
tutto quello che mi serve è
tornare, tornare da me, sparare sulla croce rossa
metterci su una croce, sparare all’ombra gobba
tornare, tornare da me, sparare sulla croce rossa
metterci su una croce, sparare all’ombra gobba
in questo ottuso infinito senza senso
identità
qual è la mia identità?
il cerchio si chiude
sono polvere di stelle – sono a passeggio, libero
sono forbice – sono gemini, sempre uguale il taglio
sono collage – sono a pezzi, sempre mischiato
sono grigio bianco e nero – sono vero, intero
sono blu – sono uno che stona, sangue nelle vene
indovina un po’ tu
te, quale la mia identità
solo il fuoco intorno a me
chi sa dire chi non è
non fa per me
solo l’acqua intorno a me
e ponti da tagliare strada facendo
una rivoluzione pazza
il sogno sul piatto della bilancia
e quello sulla catapulta
una storia così senza né capo né coda
il lupo perde il pelo ma non il vizio
indovina un po’ tu
te, se hai un’identità
o solo un tutù da mane a sera
quale, quale la tua età?
sono la piuma dell’arcangelo gabriele
ma anche la lingua di lucifero caduto
sono tutto quello che vuoi che sia
sono tutto quello che vuoi che sia vero
caduto dal cielo, riemerso dal cielo
non è difficile
si tratta solo di capire
che il mondo gira lo stesso
con o senza di me
perché dire un di più quando sai
che non ce n’è?
non è difficile
si tratta solo di intuire
che il mondo si fa da sé
e l’uomo pure o si fa fare
non è troppa differenza
solo il fuoco intorno a me
solo l’acqua intorno a me
e ponti da tagliare strada facendo
come un bambino tutto il destino
da scrivere intorno alla tua difesa abbattuta
dall’oggi al domani
il cavallino a dondolo, le onde del mare
e questa gloria da coglioni
sopravvissuto, solo sopravvissuto al terrore dannunziano
contraddizioni fanno ressa nei rissosi gorghi del passato
bisogna che non ci pensi, bisogna che impariate a guardarmi
con occhio diverso
cambiato ma non dall’oggi al domani
ogni meraviglia è nell’occhio che vedi, nella cataratta
che ho preso quand’ero ancora bambino, bella gioia!
la contraddizione e i puntini di sospensione non reggono
il discorso
è ancora una questione irrisolta fra me e me, bella gioia!
ogni meraviglia è nell’occhio che mi dirai domani
in fondo alla bottega dei giocattoli
ogni occhio è nell’occhio che mi oscurerai domani
sul fondo del mare trascurato
sì, sono cambiato, non sai però immaginare come
non dall’oggi al domani
la caduta di majakovskij
majakovskij l’ho dimenticato
nella sua pallottola
era troppo simile a una statua caduta
col càpo conficcato nella terra
era troppo vergine, come la bianca materia
perché lo potessi amare
d’un amore profondo fino in fondo
resto e non resto qui ad osservare la caduta
resto qui di fronte all’accaduto
cercando la forza migliore utile a metter a posto
il torto subito, sottoposto all’inquisizione della vita
perché le mani sono la viva terra d’un golem
perché il cuore è statuario sapore, sale di vidal
in rivolta
qualcuno dice che abbia dato via la passione a baal
qualcuno dice e dice alle spalle dell’enfant terrible
la bianca materia andata in frantumi
io la raccolgo per un bacio nuovo
la gioia è tutta nel costruire da capo
dimenticando il càpo conficcato nella caduta
musa, dammi un’altra rivoluzione d’ottobre
se credi si possa volare e cadere senza sprofondare
nel male, nella materia che sono i nostri fragili corpi
qualcuno dice che abbia dato via la passione a baal
qualcuno dice e dice alle spalle dell’enfant terrible
musa, dammi un’altra vita e un rosso sogno sverginato
se credi si possa volare oltre la fragilità della poesia
per un amore a portata di mano
per un amore in rivolta
umiliato e offeso
in memoria di Dostoevskij
l’effetto dostoevskij si svegliò memoria dal sottosuolo
fu un colpo, un’allucinazione, un ballo russo epilettico
fu morire in un conflitto spirituale
fu mettere alla berlina ottimismo e positivismo
condannato a morte
quando correva la primavera pietroburghese
il patto socialista contro la maggioranza zarista
condannato a morte
in dicembre, l’offesa di cinque anni ai lavori forzati
condannato a morte
in dicembre, fucilato nel fuoco dell’epilessia
nel freddo della siberia
umiliato e offeso, fuoco e freddo, ed emarginazione
ti risvegliasti nella posa del caffè, memoria dal sottosuolo
condannato a morte, fuoco e freddo, ed ispirazione
condannato a dar vita a
demoni, idioti e fratelli karamazov
se ci fu colpa
se ci fu colpa, fu un colpo epilettico, il bacio di dio
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