VENDETTA
2a parte
di Iannozzi Giuseppe

Elysian Fields by Chatterly
Elysian Fields è opera di Valeria Chatterly Rosenkreutz
Qui la 1ma parte: VENDETTA – di Iannozzi Giuseppe – 1a parte
Cap. V
La camera puzza. E’ satura del mio odore di animale rabbioso.
Ma è giunto il tempo di uscire allo scoperto.
Sono pronto.
Pronto a far secco chi mi ha portato via la gioia.
Nessuna pietà.
Porterò all’inferno quei balordi figli di puttana.
Io non l’ho aperta la bocca, ma quelli se la sono presa con mia moglie, Melissa. Le hanno tappato la bocca per sempre. L’hanno macellata. Farò lo stesso ai suoi carnefici, costi quel che costi.
Provo schifo per quel che sono diventato. Non c’è più niente di umano in me. Niente. Sono un animale assetato di sangue dominato dalla rabbia e dall’istinto.
Mi sono esercitato per questo.
Il mio corpo è adesso snello e asciutto, coperto di cicatrici.
Indosso una maglietta, un paio di jeans e poco altro. Ai piedi un paio di anfibi.
Esco nel cuore della notte lasciando l’appartamento a soqquadro.
Sono un naziskin e la notte mi appartiene.
VI.
Sono fessi, troppo perché si siano premurati di cambiare abitudini.
Non immaginano che sono sulle loro tracce. Il pensiero che possa vendicarmi non gli ha mai sfiorato l’anticamera del cervello, poco ma sicuro. Ho questo vantaggio su di loro. Io sono da solo, loro sono un bel numero. Non è importante. Avrò le loro teste. Ne porterò all’inferno quanti più posso.
E’ buio pesto. E loro sono dentro. Fingono d’essere un’associazione umanitaria. Non è vero. Sono dei trafficanti d’organi umani. Sono assassini spietati.
Li vedo.
Sono fortunato.
Ho quella cosa, l’illusione dello speleologo.
Non ho bisogno di torce. I miei occhi li ho già puntati sulla prima vittima.
E’ un guardia del cazzo. Un pesce piccolo.
Potrei aggirarlo, o stordirlo.
No, devo farlo fuori. Nessuna pietà.
La lama del mio coltello è ancora vergine.
Non si rende conto d’esser già morto.
Non un gemito. Non se lo aspettava.
Non ha avuto il tempo di capire.
E’ caduto giù come un sacco di patate.
La gola tagliata.
Un taglio profondo. Molto.
Devo fare attenzione a non sporcare gli anfibi con il sangue, che ai miei piedi si sta allargando in una generosa pozza. Non devo lasciare tracce.
Il sapore dolciastro della morte mi sfiora le nari e m’inebria.
Vado avanti.
Il capannone è davanti a me. Accanto ci sono gli uffici amministrativi. Deve esserci qualcuno all’interno. Una lama di luce filtra attraverso la commessura della porta d’ingresso.
VII.
La porta degli uffici non è chiusa a chiave.
Scivolo dentro.
Degli ansimi. Una sottile lama di luce filtra da una porta lasciata socchiusa.
Con passo felpato mi avvicino.
Lo conosco quello che si sta facendo fare un lavoro di bocca da Anna, la staccapompini di questa finta maledetta organizzazione umanitaria.
Gliel’ha preso tutto in bocca. Lavora sodo Anna. Non si risparmia.
Lui è Shegor, un pezzo di merda albanese. Non è un pesce piccolo, per questo Anna non si risparmia.
Con un calcio spalanco la porta.
Anna continua a succhiarglielo di buona lena, Shegor invece mi fissa incredulo.
Prima che possa reagire ha la gola tagliata.
Anna non ha capito un cazzo. Continua a tenerglielo in bocca.
Le ficco la lama del coltellaccio in mezzo alla testa. All’inferno. Alla fine la promozione l’ha ottenuta.
Li lascio così, come li ho trovati.
porca miseria quasi mi hai fatto venite “l’ansia”…
cinzia
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E per fortuna che ti ho fatto venire l’ansia, altrimenti questo racconto sarebbe da buttare.
bacione
beppe
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