Violini rose e sigarette
Iannozzi Giuseppe
… dall’archivio privatissimo
Giorni di peste
a Chatterly,
insostituibile e unica Musa
L’uno accanto all’altro gli avelli,
del pallore lunare si vestono
senza pudore alcuno; nomi e cognomi
per sempre dimenticati in un niente
e che eppur un dì forte furono battuti
dalle campane della solitaria Chiesa
dal camposanto non lontana
Colla vanga in mano il nero becchino
non si stanca di scavare fosse profonde,
rinvenendo di tanto in tanto oscure radici
appartenenti a chissà quale vegetale mostro;
ma più spesso vengono fuori
omeri e tibie, lucidi teschi, mani anche,
e mezzi scheletri sorridenti tutti denti
Una bestemmia dalla rauca gola
tosto si perpetua in eco per l’intorno:
il vecchio becchino il lavoro solito riprende
indifferente allo stormire degli alberi,
ai petali dei fiori dal vento strappati
e sulle sue invisibili ali portati
tra cenere e miseria, su cataste di appestati
morti e alla meno peggio
l’uno sull’altro bruciati
Più dei Sette Cieli
Un giorno vorrei mi sorprendessi
con una poesia di spirito e castità
Ma ben so che alla carnalità
sei votata; sol mi resta la possibilità
di farmi il segno della croce
e di frugare a fondo nelle tasche
in cerca d’un avanzo di sigaretta
Poi d’ogni surrogato piacere stanco,
oramai incapace di pregare
per la salvezza o il giorno del giudizio,
chiuderò le pesanti porte della Chiesa
e da solo rimarrò di fronte a un povero Cristo,
ma pronto ad appendergli al collo
una corda più resistente dei Sette Cieli
Acqua sotto i ponti
In quel lontano giorno d’estate
che la pioggia era appena cessata,
l’acqua del fiume piano scivolava
dalla fine d’un morto arcobaleno
a un ponticello di legno: allegro,
il riso d’un bambino sgorgava
dalla gola e di note il pelo dell’acqua
faceva vibrare
Accanto gli stava una ragazzina:
adorante lo fissava per la calma,
lui e la sua canna da pesca tesa
lanciata fra le onde lente-veloci
specchio d’un cielo capriccioso
ma non abbastanza da minacciare
altra pioggia; con destrezza un pesce su
e poi un altro, proprio come un uomo
Sorridente così, per tutto quel ben di dio
Così sorridente, vincente
Fu allora che lei lo baciò, all’improvviso
senza saper bene perché, consapevole però
che andava fatto prima che fosse un’altra
a carezzar d’amore le imberbi guance
Da allora i giorni son volati fra amenità
e alcune confortanti
ma non troppo genuine verità;
forse ancora ricorda lei quel primo bacio
dalle labbra volato
Sembrava a portata di mano ogni cosa
Ogni cosa davvero, fosse essa facile o no
E oggi non saper dire dov’è finita
quella bambina, se sia donna e madre;
e sempre svegliarsi presto con l’alba
in faccia, e scoprirsi a pregare perché
l’uomo che accanto le sta possa non trovare
nel dedalo dei sogni del risveglio la strada!
Innamorati
Tutti innamorati, oggi
Ma manca la malinconia
Non una goccia di pioggia
Sembra la gente abbia
dimenticato
il grigio delle nuvole
Tutti così innamorati
Tutti ammaccati,
ma fra rose e violini
Tutti, tutti abbracciati
E noi che siamo al di sopra
dei Setti Cieli decidiamo,
ma è buffo, non lo sappiamo
manco noi che cosa
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