Federica Pistono e Bahaa Taher. Intervista alla traduttrice e curatrice de ”L’oasi del tramonto” (Cicorivolta edizioni) – di Giuseppe Iannozzi

Federica Pistono e Bahaa Taher

Intervista alla traduttrice e curatrice

de “L’oasi del tramonto”

Giuseppe Iannozzi

in evidenza

titolo: L’oasi del tramonto
autore: Bahaa Taher
Cicorivolta edizioni
collana: i quaderni di Cico
(traduzione dall’arabo e nota introduttiva di Federica Pistono)
ISBN 978-88-97424-41-3
© 2012 – € 14,00 – pp. 348

Federica Pistono

Federica Pistono

il sito ufficiale di Federica Pistono

http://www.narrativaaraba.com/

con preghiera di diffusione

1. In ordine di tempo “L’oasi del tramonto” di Bahaa Taher è l’ultimo lavoro che hai tradotto per Cicorivolta edizioni. Bahaa Taher, insieme ad altri intellettuali, era considerato un esistenzialista borghese, poi un comunista, ovvero un sovversivo. A tuo avviso, Federica Pistono, quali sono stati i motivi storici per cui Taher è stato così bollato, costringendo lo scrittore a lasciare il Cairo per riparare in Svizzera?

L'oasi del tramonto - Bahaa Taher

L’oasi del tramonto – Bahaa Taher

Bahaa Taher appartiene al gruppo di autori egiziani chiamati ‘la generazione degli anni Sessanta’. Questi scrittori e intellettuali sono accomunati dalla volontà di un profondo rinnovamento sociale e dall’opposizione alla riduzioni delle libertà civili imposte dal regime nasseriano. La delusione degli intellettuali raggruppati intorno alla rivista ‘Galleria 68’ è dovuta anche alla disastrosa sconfitta riportata nella Guerra dei Sei Giorni, sconfitta interpretata come un tradimento delle speranze nutrite nel periodo della lotta per la liberazione e negli anni successivi.
Con la presidenza di Sadat, negli anni dell’Infitah, dell’apertura all’America e al capitalismo, questi scrittori, considerati nel periodo nasseriano come corrotti esistenzialisti borghesi, diventano, ora, agli occhi del regime, dei sovversivi, dei comunisti.
Negli anni ‘70, Sadat comincia a perseguitare gli intellettuali in rivolta con la sua politica filoamericana e non più filopalestinese. È questo il clima pesante che induce Taher a trasferirsi in Svizzera.


2.
Il 68 Egiziano, in linea teorica, potrebbe aver qualche punto di contatto socio-culturale con il niccianesimo e poi con l’esistenzialismo ateo di Sartre e Camus?

Il 68 Egiziano trova la sua voce nella rivista letteraria ‘Galleria 68’, che esprime l’insoddisfazione degli intellettuali che vi aderiscono nei confronti della politica nasseriana dell’ultimo periodo. Negli intellettuali di ‘Galleria 68’, troviamo influenze e punti di contatto con la cultura occidentale contemporanea. La problematica centrale, caratteristica di Taher ma comune anche agli altri scrittori, è quella della rottura del confine tra lo spazio fisico e lo spazio psicologico dei personaggi. Questa rottura, presente in modi diversi nei vari autori, identifica il discorso autoritario e repressivo del regime con lo spazio fisico e psicologico in cui si sentono confinati gli intellettuali. Questo mi fa pensare, più che a un contatto con il niccianesimo, a un indebitamento con Kafka.
L’esistenzialismo di Sartre e Camus ha indubbiamente influenzato il 68 Egiziano, anche se, più che nell’opera di Taher, mi sembra di trovarne tracce in altri scrittori egiziani di questo periodo. Penso per esempio a Edouard al-Kharrat, nei cui romanzi si respirano atmosfere che ricordano i ‘saggi solari’ di Albert Camus.

3. Ne “L’oasi del tramonto”, Bahaa Taher racconta le vicissitudini di Mahmud e Catherine a Siwa. La storia è quella di un rapporto basato sull’incomunicabilità. In gioventù, Mahmud ha fatto parte di una loggia massonica e si è anche proposto in prima linea a favore della rivolta urabista. Mahmud è stato costretto ad abiurare i suoi ideali oltreché ad abbandonare colei che amava sul serio, con il cuore: una schiava. Si deve dunque pensare a Mahmud come a un uomo senza nerbo, come a un perdente?

Sicuramente la vicenda di Mahmud e Catherine, protagonisti del romanzo ‘L’oasi del tramonto’ di Bahaa Taher, è una storia di incomunicabilità, non solo tra i due personaggi e il mondo esterno, ma anche tra Mahmud e Catherine. Anche Mahmud vive, a mio avviso, quella rottura tra spazio fisico e spazio psicologico cui accennavo sopra. È questo il senso del suo progressivo chiudersi in se stesso, del suo isolarsi dal mondo che lo circonda fino alla devastante scelta finale. È certamente un perdente, un uomo che non riesce a venire a patti con il proprio passato, un individuo che non riesce a perdonare se stesso, che rimane invischiato nel proprio inferno interiore.
È sicuramente una figura tragica, un uomo triste e introverso, un ‘personaggio irrisolto’, ma non lo definirei ‘senza nerbo’. Forse sfortunato, la moglie di certo non lo comprende e non lo aiuta, oggi lo definiremmo probabilmente un depresso.

4. La rivolta urabista: cosa significò questa rivolta sotto lo slogan “l’Egitto agli egiziani”? E, oggi, l’Egitto è degli egiziani, o rispetto al 1882 poco o nulla è cambiato?

La rivolta urabista del 1882 si opponeva all’invasione inglese dell’Egitto. Lo slogan ‘l’Egitto agli egiziani’ significava dunque, semplicemente, dire no alla colonizzazione del proprio paese da parte di una potenza straniera.
L’Egitto di oggi, due anni fa, ha vissuto quella che viene chiamata la Primavera araba, una riscossa contro i regimi autoritari e oppressivi, una richiesta di libertà, di democrazia, di giustizia sociale.
La situazione oggi, a due anni dalla Rivoluzione di Piazza Tahrir, appare ancora indefinita e confusa. La presidenza di Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, ha deluso le aspettative dei giovani rivoluzionari e di quanti si aspettavano un reale cambiamento in senso democratico.
La situazione è comunque ancora nebulosa, difficile prevedere quale piega prenderanno gli avvenimenti.
Una cosa è certa: libertà, democrazia, giustizia sociale, sono gli ideali in cui aveva creduto Mahmud nella sua giovinezza, quelli per i quali Taher ha dovuto scegliere la via dell’esilio negli anni ‘70, quelli per cui ancora oggi ci si batte in Piazza Tahrir.

5. Chi è (in realtà) Catherine? Più vittima o femme fatale, o meglio ancora vittima e carnefice di un fato non stornabile?

Catherine, la moglie irlandese di Mahmud, è, a mio parere, prima di tutto una persona egoista e superficiale. Lo dimostra nel corso di tutta la sua vita: sposa il primo marito Michael senza amarlo, disprezzandolo anzi, solo per rubarlo alla sorella verso la quale ha un complesso di inferiorità.
Rimasta provvidenzialmente vedova, sposa Mahmud, uomo appartenente a un’altra cultura e religione, in base a una mera e fuggevole attrazione fisica, senza interrogarsi sul futuro di una simile unione e senza sforzarsi minimamente di capire il marito. Con l’arrivo a Siwa esplode la sua ‘follia archeologica’, la sua determinazione a scoprire il sepolcro di Alessandro Magno, motivata in gran parte da un gran voglia di rivalsa per gli insuccessi matrimoniali e da un desiderio sconfinato di affermarsi come studiosa.
Nulla le importa dei problemi del marito, non la scuote neppure la consapevolezza di irritare i suscettibili e bellicosi abitanti di Siwa.
Si dimostra egoista e direi, spietata, sia con la giovane Malika che con la sorella Fiona, gravemente ammalata.

6. E chi è invece Malika che sfida le regole dell’oasi? La donna, dopo la morte del marito, si traveste da uomo e si incontra con Catherine decretandone così la rovina. Catherine e Malika sono forse faccia d’una stessa medaglia?

Malika è una giovane e bellissima siwana, Taher ce la presenta proprio come un simbolo della gioventù e della bellezza. Ama la sua libertà sopra ogni altra cosa, è animata da uno spirito fiero e indipendente che la induce a comportarsi senza tenere in considerazione leggi e consuetudini. È questo suo spirito libero, che la accomuna allo zio, l’anziano Shaykh Yahya, che la spinge a travestirsi da uomo e a vagare nell’oasi durante il periodo del ‘lutto vedovile’, infrangendo una secolare tradizione che vuole le vedove recluse per mesi dopo la morte del marito.
Non credo che Malika e Catherine rappresentino due facce della stessa medaglia: Malika è fiera e coraggiosa, paga con la vita le sue scelte. Catherine, invece, pur comportandosi in modo provocatorio, trasferisce il rischio delle sue azioni sugli altri, a pagare saranno Malika e Mahmud, non lei.

7. Catherine crede, sbagliandosi, che la giovane siwana Malika stia con lei tentando un approccio lesbico. Ma c’è dell’altro: scoprendosi attratta dalla giovane siwana, Catherine la condannerà senza esitazione alcuna, con terribile crudeltà. Nell’attuale società araba, per quella che è la tua esperienza del mondo arabo, Federica Pistono, con che occhio viene guardata la condizione di essere omosessuale?

In realtà, a mio avviso, è Catherine a scoprirsi, all’improvviso, lesbica e attratta da Malika fin dal primo incontro.
Malika cerca solo un’amicizia diversa, con persone estranee al suo mondo, che le va stretto e in cui si sente soffocare.
Non è possibile parlare di omosessualità nella società araba, semplicemente perché non esiste una società araba omogenea e compatta, ne esistono tante e diverse, a seconda dei paesi cui ci si riferisce. Ci sono delle aree del mondo arabo più vicine al modo di sentire occidentale, aree battute dal turismo internazionale, raggiunte dai canali satellitari occidentali, assimilabili ormai, per mentalità e costumi, al mondo occidentale, specialmente nelle grandi città. Ci sono zone del mondo arabo che sono invece rimaste tagliate fuori, per taluni aspetti, dalla globalizzazione, soprattutto a causa di regimi che hanno adottato un’interpretazione fondamentalista dell’Islam, come il wahhabismo in Arabia saudita. In queste aree, parlare di omosessualità è ancora un problema.

8. Ci sono dei valori fondamentali che “L’oasi del tramonto” trasmette al lettore? Dei possibili insegnamenti?

‘L’oasi del tramonto’ è, in realtà, una storia tragica, la storia del progressivo sgretolarsi non solo del matrimonio di Mahmud e Catherine, ma soprattutto dell’equilibrio mentale dei due protagonisti. Con la partenza dal Cairo, l’abbandono delle abitudini quotidiane, l’insediamento a Siwa in una realtà ostile, comincia l’inarrestabile quanto irreversibile deterioramento delle condizioni psicologiche dei due coniugi.
Nel romanzo appaiono, peraltro, alcuni personaggi positivi che assistono, addolorati e impotenti, a questa deriva. Il primo è Shaykh Yahya, un anziano capo del clan dei Gharbiyin, che invita Mahmud a tornare in sé e a venire a patti con il proprio passato. Shaykh Yahya rappresenta la voce della ragione in un mondo dominato dall’oscurantismo e dalla superstizione, un uomo pronto a pagare con la vita, in gioventù come in vecchiaia, la propria volontà di seguire la voce dell’intelligenza e del buon senso.
Altro personaggio positivo è Ibrahim, l’attendente di Mahmud, che si dimostra capace di grande coraggio e generosità, rischiando la vita e pagando con una lesione permanente il salvataggio di un bambino siwano. Ibrahim è inoltre una personificazione della lealtà e della fedeltà verso Mahmud, che ama non come un superiore ma come un figlio.
E infine Fiona, la povera, sfortunata sorella di Catherine, condannata dalla tubercolosi. Dolce e generosa, tutto il contrario di Catherine, conquista l’inaccessibile cuore dei Siwani e suscita in Mahmud una disperata passione.
Sicuramente positivo anche il personaggio di Malika, con la sua fierezza, il suo coraggio indomito, il suo sprezzo per l’ipocrisia.
Quindi posso rispondere positivamente: nel romanzo troviamo tanti elementi e valori positivi, non soltanto tragedia.

Federica Pistono

Federica Pistono

9. Come hai affrontato la traduzione de “L’oasi del tramonto” di Bahaa Taher? Quali sono le peculiarità linguistiche e stilistiche di Taher?

La gran parte del romanzo è in arabo classico, piano e scorrevole. La traduzione non ha comportato particolari difficoltà.
Diversa la situazione per alcuni dialoghi resi in dialetto. Si trovano nei capitoli in cui la voce narrante appartiene a un abitante di Siwa.
In queste parti ho incontrato maggiori difficoltà, ho comunque scelto di rendere il dialetto in lingua italiana, senza differenziare il tessuto linguistico di questi dialoghi da quello del resto del romanzo. Non avrei saputo scegliere un criterio di diversificazione, così, inevitabilmente, la traduzione risulta meno ‘gustosa’ dell’originale.

Ghassan Kanafini

Ghassan Kanafini

10. Federica, tu hai tradotto dall’arabo parecchi romanzi che, altrimenti, sarebbero rimasti sconosciuti ai più, ottenendo un buon riscontro di critica e di pubblico; tuttavia c’è ancora molto da fare affinché la cultura araba entri a pieno diritto fra i Classici della Letteratura mondiale.
In Italia, e non solo, la Letteratura Araba è guardata con sospetto e pregiudizio, per cui un editore è quasi sempre restio a pubblicare opere di autori quali Bahaa Taher, Ghassan Kanafini, Zakarrya Tamer, etc. etc. Qualcuno, sbagliando, pensa che la Letteratura Araba sia difficile. È invece vero, perlomeno a mio giudizio, che il lettore, oggi come oggi, è stato purtroppo abituato a leggere fin troppe storie che mettono in campo pochi collaudati facili e semplicistici stereotipi; nel corso degli anni il lettore è stato come lobotomizzato, privato della capacità e della voglia di scoprire mondi e culture diverse da quelle occidentali. La tua opinione in merito?

La letteratura seriale, commerciale, ha effettivamente ‘lobotomizzato’ il lettore occidentale medio, abituandolo a una trama ‘ preconfezionata’ a personaggi scontati e insipidi, a un finale banale.
Quando questo lettore, non più avvezzo ad applicare il senso critico a quanto legge, si trova di fronte a un testo diverso, con ritmi narrativi nuovi, situazioni e personaggi diversi dal solito, sovente si perde, non capisce, chiude il libro e torna agli amati, vecchi schemi.
Occorrono scelte coraggiose da parte di editori, autori, traduttori, che spingano i lettori ad essere più curiosi e coraggiosi nelle loro letture.

11.
Quali sono i prossimi libri che per noi tradurrai? Puoi fornire qualche anticipazione?

Federica Pistono

Federica Pistono

Cicorivolta Edizioni intende affidarmi la traduzione di tre nuovi romanzi: si tratta di ‘Sarmada’, un libro di un giovane autore siriano arrivato nella long list dell’Arabic Booker Prize del 2012; di ‘Hind e i soldati’, della scrittrice saudita Badriyya al-Bashar, sulla condizione femminile nel paese più conservatore del mondo arabo: infine, de ‘La nipote americana’, della scrittrice irachena Inaam Kachachi, la storia di una giovane irachena, naturalizzata americana, che torna al suo paese per lavorare come interprete per l’esercito degli Stati Uniti durante l’invasione americana dell’Iraq nel 2003 e anni seguenti.
Tre autori, tre storie completamente diverse, ma tutte, a mio avviso, splendide e ricche di spunti davvero avvincenti.

(*) La traduttrice, Federica Pistono, (http://narrativaaraba.com/), (http://federicapistono.com/) è laureata in Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, ha conseguito un diploma di master in Traduzione letteraria ed editoriale dall’Arabo presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Vicenza.
Ha inoltre conseguito il Diploma in Lingua araba presso l’Istituto di Lingua Araba dell’Università Statale di Damasco nonché il Diploma in Lingua araba presso lo Yemen Language Center di Sana’a. Per Cicorivolta Edizioni ha tradotto, di Ghassan Kanafani, il romanzo L’altra cosa (Chi ha ucciso Layla al-Hayk?), i racconti Uomini e fucili e i tre romanzi brevi, o racconti lunghi, L’Innamorato, Susine di aprile e Il cieco e il sordo, contenuti nell’opera dal titolo “L’Innamorato”, tutti pubblicati per la prima volta in Italia tra il 2011 e il 2012. Nel 2012, ha inoltre tradotto e pubblicato, da Cicorivolta, “Primavera nella cenere e altri racconti” e la raccolta “Il tuono”, tratti dall’Opera di Zakaryya Tamer.

Leggi anche l’intervista a Federica Pistono a cura di Giuseppe Iannozzi

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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