Giovanni Agnoloni
Sentieri di notte
Intervista all’autore
di Giuseppe Iannozzi
Scheda editoriale:
http://www.galaadedizioni.com/schede/sentieridinotte.htm
Rassegna stampa:
http://giovanniag.wordpress.com/sentieri-di-notte-romanzo
Sinossi: Quale energia è racchiusa nel Chakra del Castello di Cracovia? E chi è Luther, l’androide che una notte del settembre 2025 si sveglia sulle sponde del lago di Lucerna accanto al cadavere del suo creatore? Un’oscura minaccia si profila all’orizzonte di un’Europa messa sotto scacco dalla Macros, multinazionale informatica che da Berlino ha preso il potere privando il continente di internet e dell’energia, mentre a Cracovia un’enigmatica nube bianca avanza inglobando la città. La salvezza sta nel cuore di quella nebbia, attraversata da uno studioso irlandese di teologia in cerca del suo passato, e nel viaggio verso la Polonia di Luther e del programmatore cieco Christoph Krueger. Un romanzo figlio della poetica del Connettivismo e di una lunga ricerca spirituale che mira al ritorno alla Fonte, a una fusione con la radice dell’Essere. Un viaggio viscerale tra l’Ombra e la Luce.
Sentieri di notte è il primo romanzo della collana “Larix”, diretta da Davide Sapienza. Dopo Nel cuore della Groenlandia di Fridtjof Nansen (2012) e prima di un’antologia inedita di scritti di Barry Lopez curata da Davide Sapienza in uscita nel 2013, quest’opera contribuisce a tracciare la visione della Collana che è dedicata all’esplorazione in senso geografico, umano e letterario.
L’opera è prenotabile sul sito dell’editore, www.galaadedizioni.com, e disponibile in tutte le librerie italiane e sui principali siti di commercio librario online.
Distributori: Medialibri Diffusione srl e Libro Co. Italia srl
1. Sentieri di notte (Galaad edizioni), Giovanni Agnoloni, è il tuo primo vero romanzo, una sorta di thriller ambientato in un futuro possibile. In quanto tempo, e soprattutto come hai maturato le idee contenute in Sentieri di notte?
– È stata una genesi lunga, un percorso che è iniziato circa sei anni fa, una notte stellata in un bar d’Oltrarno, a Firenze, quando mi venne l’idea per l’incipit. Poi per un bel po’ di tempo sono rimasto fermo ai primi tre capitoli, mentre venivo accumulando idee e spunti a sé, che pensavo destinati a formare racconti indipendenti. I fatti tragici successi nella mia vita tre anni fa – con la perdita della mia fidanzata – mi hanno posto di fronte al dolore, e mi hanno costretto a “stasare” un condotto creativo che era bloccato dalla paura. Da questa spinta – di cui peraltro avrei fatto volentieri a meno – sono nati sia il mio ultimo saggio, Tolkien e Bach, sempre edito da Galaad, sia Sentieri di notte, alimentato dai miei viaggi per l’Europa e dalle mie esperienze di scavo interiore, a fini terapeutici ma anche di crescita spirituale. I vari “racconti separati”, così, sono venuti evidenziando delle venature di connessione, delle assonanze e un’energia intima che le collegava. È stata una strada impegnativa, in cui le idee e le narrazioni nascevano spesso, per l’appunto, di notte, come dice il titolo. Forse, anzi, se il romanzo si chiama Sentieri di notte è – ci penso adesso per la prima volta – perché è frutto di percorsi miei, onirici e contemplativi, sviluppatisi soprattutto tra mezzanotte e le tre del mattino.

Giovanni Agnoloni
2. Alfred Elton van Vogt, in Crociera nell’infinito, indicò per primo il “connettivismo” al fine di conferire una validità letteraria a una dottrina inventata. Sentieri di notte è anche un romanzo che trae non poca ispirazione dalla poetica del Connettivismo. Tu, Giovanni Agnoloni, come sei entrato in contatto con questa poetica? E, quali sono oggi, in Italia, gli esponenti maggiori del connettivismo?
– Il mio primo incontro con il Connettivismo è avvenuto attraverso la collaborazione con il sito www.domist.net di Marco Milani, uno dei fondatori del movimento, insieme a Sandro Battisti e Giovanni De Matteo, che è anche l’estensore del suo Manifesto (http://www.next-station.org/nxt-ex-1.shtml). Tutti e tre grandissimi amici, con cui a ogni appuntamento è bello ritrovarsi, come peraltro con gli altri connettivisti. In seguito ho iniziato a partecipare a progetti collettivi (su tutti, la raccolta di racconti A.F.O.Avanguardie Futuro Oscuro, edita Edizioni Diversa Sintonia e poi nuovamente uscita con Kipple Officina Libraria: http://www.kipple.it/index.php?route=product/product&product_id=62), e ho partecipato a diversi eventi (le “NeXT-Con”) con il movimento e i suoi principali esponenti (ricordo anche, tra gli altri, Francesco Verso, Mario Gazzola, Lukha B Kremo, Marco Marino, Domenico Mastrapasqua e Roberto Furlani), fino al primo grande festival connettivista della fine dell’ottobre 2012, la NeXT-Fest (http://giovanniag.wordpress.com/2012/10/20/la-next-fest-il-primo-festival-connettivista/), che ha visto la partecipazione del grande Bruce Sterling – che ho avuto il piacere di intervistare: sto attualmente lavorando alla traduzione del testo, di prossima pubblicazione su www.postpopuli.it – e di protagonisti non solo del movimento in sé e di altri aspetti della fantascienza italiana (su tutti, il bravissimo Dario Tonani, alfiere dello steampunk italiano, con il suo Mondo 9, in uscita con Delos Books: http://www.dariotonani.it), ma anche delle sue matrici storiche, come gli ultimi epigoni del Futurismo. In occasione di questa manifestazione, che ha avuto risalto anche a livello europeo (http://scifiportal.eu/not-for-connectivists-guide-to-the-galaxy-i/), ho presentato per la prima volta Sentieri di notte, con Francesco Verso come relatore.
3. Temo che non tutti, oggi come oggi, sappiano dire che cosa sia il connettivismo. Molti immaginano che sia una derivazione transculturale della New Age. Hai voglia di portare un po’ di luce e indicare quali sono le sostanziali differenze che intercorrono fra i due movimenti culturali-spirituali?
– La New Age per me è un pastone filosofico-religioso indebitamente sincretistico, frutto di confusione e potenzialmente pericoloso. Il Connettivismo è un movimento letterario di avanguardia che si radica nella storia non solo della fantascienza – con principale riferimento alla matrice del cyberpunk – ma della letteratura italiana, con riferimento al Futurismo e al Crepuscolarismo, come ho sottolineato in un panel condotto da Alex Tonelli durante la NeXT-Fest, in cui mi sono immerso nella profondità di suggestioni della poetica crepuscolare, appoggiandomi anche alle sonorità della musica di Claude Debussy ed Erik Satie, mentre Alex esplorava le risonanze con le avanguardie artistiche d’inizio XX secolo, dal post-impressionismo al cubismo e al surrealismo, fino addirittura al cubofuturismo russo. Può sembrare un “di tutto un po’”, ma da un lato, se questo è vero – nel senso che le matrici sono tante –, non fa che confermare la natura aperta e a-dogmatica del movimento, che è prima di tutto una sensibilità poetica; dall’altro, non è giusto affermare, come a volte viene fatto, che il Connettivismo non dica nulla di nuovo per il fatto di avere tante matrici storiche, in quanto riesce a fondere – in modi diversi e in media artistici diversi: poesia, narrativa, musica e arti visuali, principalmente grafica e architettura – numerosi spunti offerti dalla storia letteraria e artistica, con però – e questo è il punto – un elemento di assoluta originalità: l’idea della connessione con il Profondo, con i livelli più intimi dell’animo umano. Insomma, la sua visceralità, che, unita al lirismo, ne fa un “prodotto” (se tale si può chiamare) con una sua matrice unica, pur nella varietà delle sue voci. Da questo tipo di ispirazione è nato Sentieri di notte, così come il pure recente romanzo Olonomico di Sandro Battisti (Ciesse Edizioni; http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2012/11/23/olonomico-di-sandro-battisti-un-romanzo-connettivista/). Altra uscita recente, i tre racconti di Crepe nella realtà di Mario Gazzola (http://www.amazon.it/Crepe-Nella-Realt%C3%A0-ebook/dp/B009XY0OH8) (Alea eBooks). Infine, mi piace citare un meraviglioso racconto di Sandro Battisti, uscito nel 2010 sulla rivista “Continuum”, Il sentiero della spirale (http://www.fantascienza.com/magazine/racconti/14297/il-sentiero-della-spirale/), che esemplifica alla perfezione questa poetica, e che ascoltare al reading di Sandro alla NeXT-Fest romana è stato un’esperienza da brividi.
4. In Sentieri di notte, spesse volte, nel corso della trama, vengono citati gli archetipi junghiani. In che misura questi archetipi possono spingere l’individuo verso una ricerca e una ricongiunzione con il Sé?
– Gli archetipi, immagini simboliche che l’uomo attinge al suo profondo, sono fondamentali veicoli di consapevolezza dei nessi che ci legano alla Natura, al resto della razza umana e (per chi ci crede, almeno) alla sua radice del Divino. Ci permettono di condurre il percorso di individuazione, quello per cui – Jung sostiene – si arriva a liberarsi delle maschere dell’Ego, di quelle apparenze e identità “costruite” che ci vengono trasmesse dalla famiglia e dalla società in senso lato, per attingere la coscienza di chi veramente siamo, cioè del nostro Sé. E i canali tramite i quali agiscono sono di vario tipo, dalle immagini e dalle sensazioni dei sogni agli stessi rimedi floriterapici, come ho sottolineato in Tolkien e Bach (http://www.galaadedizioni.com/schede/tolkienebach.htm), e alle sincronicità, le “coincidenze significative” che capitano nella vita, e che per me sono pane quotidiano (ricordo lo splendido saggio di Robert H. Hoepcke Nulla succede per caso, ed. Mondadori: http://www.ibs.it/code/9788804517726/hopcke-robert-h-/nulla-succede-per.html). Sta poi a ogni persona interpretare e comprendere tutto questo e, per quanto possa essere aiutata, nessuno può farlo al posto suo.
5. Luther è un androide, per certi aspetti, molto umano, dotato di una memoria coniugata al passato e di un suo proprio spirito. Luther è il figlio tecnologico dello scienziato Joseph Hermann, frutto di una tecnologia avanzatissima, che attualmente non esiste; siamo dunque di fronte a una fantasia che, forse, un domani potrebbe realizzarsi; e, con un certo allarmismo, c’è chi già pensa a dei programmi per far fronte a una battaglia fra uomini e macchine, che, in un lontano futuro, si potrebbe sviluppare. Siamo di fronte a della pura fantasia, o c’è invece motivo di dar vita a un po’ di (sano) allarmismo, e se sì, per quali ragioni? L’umanità, oggi immersa in un medioevo tecnologico, rischia sul serio di perdere la propria spiritualità?
– Questo è un tema cruciale, su cui ebbi modo di esprimermi in un’intervista gentilmente fattami per la rivista “Otrolunes” (http://otrolunes.com/), il grande scrittore cubano e ottimo amico Amir Valle, di cui sono traduttore per l’Italia (http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/06/15/amir-valle-intervista-giovanni-agnoloni/) e recentemente uscito con il suo romanzo Non lasciar mai che ti vedano piangere (Edizioni Anordest: http://www.ibs.it/code/9788896742587/valle-amir/non-lasciar-mai.html). Secondo me la tecnologia è uno strumento prezioso, preziosissimo (da traduttore, oltre che da scrittore, lavoro con tutto il mondo grazie al computer e a internet), però il suo abuso può portarci a perdere il contatto con la radice di noi stessi, che è e resta nella Natura e nel Profondo. Purché non si perdano di vista queste radici, possiamo usarla in modo fruttuoso.
6. In Sentieri di notte sopravviene un blackout totale che investe l’intero sistema elettrico e informatico dell’Europa. Cracovia è il centro nevralgico: le sue periferie e, progressivamente (quasi) anche il centro, sono stati avvolti da una nebbia impenetrabile, nel tentativo di sostituire l’architettura originaria con degli ologrammi. Il pericolo è il Bianco, che se non verrà ricacciato presto indietro investirà tutta l’Europa distruggendola: “Quattro, cinque giorni al massimo e il Bianco si sarebbe impadronito anche del centro. Erano gli esiti estremi del grande progetto di riconfigurazione olografica degli spazi urbani: immensi proiettori sparavano fasci laser capaci di disegnare edifici avveniristici, che macchinari di ultima generazione avrebbero realizzato nei minimi dettagli, guidati dallo stesso programma che aveva ideato le costruzioni. Ma qualcosa era andato storto: dal cuore dei cantieri era nata una foschia, dapprima leggera, poi sempre più densa, che si era portata via tutto.” (pag. 17 di Sentieri di notte). Dietro tutto questo c’è la Macros, la mano di un potenziale dittatore il cui intento è quello di impadronirsi del potere in Europa. Il momento storico, che stiamo nostro malgrado vivendo (attraversando), non è dei più felici: nel tuo romanzo, Giovanni Agnoloni, lanci anche un allarme socio-politico?
– Sentieri di notte è sicuramente una distopia, nella misura in cui ipotizza un prossimo futuro tendenzialmente (almeno a livello di rischio) catastrofico. La scommessa dei protagonisti è appunto di evitare questa catastrofe. Non cadrò certamente in discorsi facili sulla “fine del mondo”. Ma quello che è importante è prendere atto di come questo mondo, per come è stato concepito fino ad oggi, sia sostanzialmente arrivato al capolinea. Avanti così, sul piano ecologico, economico e sociale, non si va. Serve un approccio equilibrato, che rispetti le diversità di pensiero e le libertà individuali ma ponga dei limiti per salvaguardare l’ambiente e i diritti di base delle persone. E serve una visione individuale ma non individualistica, che si centri sull’avvicinamento al Sé, raggiunto il quale si può veramente abbracciare l’Altro con totale adesione di cuore (“Amerai il prossimo tuo come ami te stesso”, ovvero il tuo Sé).
7. Che rapporto c’è fra la Cristianità, il Connettivismo e il tuo Sentieri di notte?
– Io interpreto l’anima lirico-viscerale del Connettivismo, che di per sé è un movimento a-confessionale ma, proprio perché open-source, è aperto a riflessioni anche di natura mistico-spirituale (in questo ambito, curo con con grande piacere, per la rivista ufficiale del movimento, “NeXT”, la rubrica “HolYsTolk”, che partendo da spunti tolkieniani entra in questi territori). Per me il rapporto a cui alludi esiste, e lo percepiamo sul terreno degli archetipi, centrali in Sentieri di notte, per l’impostazione di pensiero junghiana di cui il romanzo è espressione. Uno degli archetipi fondamentali del pensiero di C.G. Jung è il Vecchio Saggio, ovvero il Sé, ciò (e chi) siamo dietro (e prima di) tutte le maschere che portiamo per (illuderci di) lenire le ferite della vita. In questo punto di fondo di noi stessi si realizza l’incontro tra la dimensione immanente e quella trascendente. Non a caso, è qui che, come desumibile dalla lettura del più filosofico dei Vangeli canonici, quello di Giovanni, si colloca il punto in cui (parafrasando le parole di Gesù in Gv 15, 4) possiamo rimanere in Lui e Lui rimane in noi. Cristo, dunque, diventa l’Archetipo per eccellenza. Prima della sua vicenda terrena (e storica), Dio era “oltre”. Da quel momento in poi, diventa anche qui ed ora, e soprattutto dentro. Lo sottolinea bene uno dei più affascinanti vangeli cosiddetti apocrifi, quello di Tommaso (si veda l’edizione Macro Edizioni del 2001, a cura e per la traduzione di Mario Pincherle, di cui mi sono occupato su Postpopuli.it (http://www.postpopuli.it/10772-il-vangelo-di-tommaso/). Qui Gesù non fa che ripetere, in varie forme e luoghi, che le vie privilegiate per conoscere il Padre/Madre (Fonte di ogni cosa che esiste) sono l’intimo, dunque il Sé e la sua ricerca, e la Natura, in cui Lui si manifesta ovunque, anche sotto un sasso.
8. C’è un’energia nel Chakra del Castello di Cracovia. Il termine chakra fa parte della filosofia indiana e significa ‘ruota’, ma molteplici sono le accezioni: ‘vortice’, ‘plesso’, ‘centro di forza’… In Sentieri di notte trovare il Chakra è la missione (impossibile) di Desmond, Luther, Krueger, Kristine, Piotr… Tutti i tuoi personaggi, nell’epilogo, si troveranno fianco a fianco per riportare la Luce sull’Europa e, probabilmente, sul mondo intero. Cristianesimo e connettivismo si amalgamano in una dottrina nuova, o forse più antica del mondo. E questa dottrina fa paura perché dice che, nella sostanza, tutte le religioni hanno qualcosa in comune. Potresti approfondire?
– Non credo si tratti di una dottrina nuova, e infatti non sono un sincretista, mentre credo nel confronto interreligioso (da qui il mio interessamento alla filosofia indiana alla base della dottrina dei Chakra, centri energetici del corpo umano e del pianeta, ma anche al buddhismo, in particolare nella sua versione zen: http://www.postpopuli.it/5159-il-cristo-zen-intervista-a-raul-montanari/). I vari credo religiosi hanno, da tanti punti di vista diversi, dato voce alla ricerca intima dell’uomo volta all’attraversamento dell’Ombra (che qui intendo in senso junghiano di “potenzialità inespressa”, maschera, coagulo interiore che impedisce l’espressione del Sé) e al raggiungimento della Luce, cioè appunto del Sé. Lo stesso buddhismo e altri culti dell’Oriente, quando alludono al “risveglio” interiore, ovvero alla ricerca dell’illuminazione, sottintendono proprio questa realtà. Ma con un limite. Se c’è un motivo per cui io mi sento visceralmente cristiano, è infatti perché non mi limito a pensare che, una volta liberatisi dalle catene dell’Ego, si approdi al vuoto cosmico, macredo (perché lo sento) in quell’incontro di fondo, nel Sé, con una Persona che è Dio-fatto-uomo, Cristo. Il Sé, infatti, è intuizione potente di un Oltre che va al di là degli stretti confini dell’individualità, perché passando per l’attuazione del Desiderio profondo dell’Anima, e dunque per la piena adesione a una vocazione di Vita, attua una connessione radicale con il Tutto in ogni sua componente, e con l’intimo del Sé di ogni individuo. La radice di questo è un sentimento di Amore universale che è la quintessenza stessa dell’energia e della luce, e che alberga pure nel buio della notte (oscura dell’anima, sì, ma anche cosmica). Del resto questo è reso chiaro dalla radice sanscrita (luce) della parola “Dio”, che è non è il Signore con la barba sulla nuvola, ma appunto il principio vitale/energetico, e inoltre il principio vitale fattosi Persona e impegnato in un costante dialogo con ciascuno di noi, volto alla piena realizzazione del nostro potenziale.
9. Nel tratteggiare i personaggi del tuo romanzo, tu, Giovanni, ti sei forse ispirato a persone realmente esistite o esistenti?
In linea di massima no… sono visioni maturate nel mio intimo. Ma sicuramente Desmond è quello che mi rispecchia di più, soprattutto per la perdita della sua amata Leyla, che diventa una sorta di spirito-guida, mediante il congegno dell’infravisore (grandiosamente evocato dallo splendido booktrailer di Sentieri di notte dello scenografo e amico Gabriele Calarco – http://www.youtube.com/watch?v=ZQYmm6XjBdA). È esattamente andata così, per me, in una vicenda umana del tutto distinta, peraltro, da quella narrata nel romanzo (nonostante io e la mia fidanzata Agnieszka abbiamo veramente vissuto a Cracovia, prima che lei lasciasse questa dimensione terrena).
10. Si può dire che Sentieri di notte è un noir che attinge influenze diverse e dal cyberpunk e dalla fantareligione?
Elementi cyberpunk ce ne sono certamente: l’androide, la rete e la realtà virtuale, che non solo nelle visioni interiori del programmatore cieco Christoph Krueger, ma anche nelle visioni onirico-archetipiche di Desmond O’Rourke nel Bianco cracoviano, esplicano tante e diverse potenzialità. Fantareligione non direi. Per me, come dicevo prima, esiste un’unica vera fede (http://www.postpopuli.it/8466-a-medjugorje-e-dintorni-fuori-dagli-schemi/), che per quanto possa partire da qualunque percorso religioso o (com’è stato per me, che per tanti anni sono stato ateo) dalla riscoperta della dimensione della Natura, e/o ancora dall’esplorazione del profondo della psiche, inevitabilmente porta ad un punto, il Sé, dove si può realizzare l’immedesimazione in Cristo. A noi e al nostro libero arbitrio, giunti a questo passo, dire “sì” o “no”. E per dire “sì” bisogna sentirsi chiamati e affidarsi. E quando siamo chiamati da Lui è difficile resistere.
11. C’è un bacino di potenziali lettori per Sentieri di notte, o è invece un romanzo adatto a tutti?
Sentieri di notte è un noir dalle tinte fantascientifiche e spirituali, ma non è in senso stretto un romanzo di genere. È un “romanzo romanzo”, e infatti è il primo vero tentativo di infiltrazione del Connettivismo (a livello, appunto, di romanzo) nella letteratura mainstream, ovvero “non di genere”. Quindi può interessare sia agli appassionati dei generi, sia agli amanti della narrativa in senso lato. Ed è un’opera che, nonostante le profondità a cui si spinge, memore del modello del mio più grande maestro, J.R.R. Tolkien, ha il suo punto di forza nell’essere una storia, dunque nella leggibilità, oltre che nella non eccessiva lunghezza. Probabilmente in due giorni o meno lo leggerete tutto, anche perché inizierà a “lavorare” dentro di voi e vi “chiamerà”. E non per mio merito: quando scrivo, non sono autore, ma tramite. Il merito è di Qualcun altro.
Sentieri di notte – Giovanni Agnoloni – Galaad Edizioni – Collana Larix, n. 2 – Distributori: Medialibri Diffusione srl e Libro Co. Italia srl – pp. 230 – Euro 12,00
Pingback: Giovanni Agnoloni – Sentieri di notte (Galaad edizioni) – Intervista all’autore di Giuseppe Iannozzi |
Pingback: GIUSEPPE IANNOZZI MI INTERVISTA SU “SENTIERI DI NOTTE” « Giovanni Agnoloni – Writing and Travelling
Grazie ancora per l’attenzione, Giuseppe!
Giovanni
"Mi piace""Mi piace"
Caro Giovanni, il tuo romanzo merita, altrimenti non mi sarei preso la briga di raccomandarlo.
Giuseppe
"Mi piace""Mi piace"