Diaz di Daniele Vicari. Un film poco omerico | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Diaz di Daniele Vicari
Un film poco omerico

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

I Black bloc secondo Vicari nel suo film Diaz

I Black bloc secondo Vicari nel suo film Diaz

Diaz di Daniele Vicari – Un bel film, con due pecche però: la quasi santificazione di Carlo Giuliani e una rappresentazione un po’ troppo edulcorata dei Black bloc che, nel film di Daniele Vicari, sembrano essere degli agnellini allo sbaraglio, impauriti e tremanti e oltremodo giovani. Ma chi ha messo ieri a ferro e fuoco Genova erano dei Black bloc ben preparati, che sono entrati e usciti dall’Italia come nulla fosse. La rappresentazione dei Black bloc che ne fa Vicari è molto debole: non trova corrispondenza nella realtà. Che Giuliani venisse santificato, o quasi, era purtroppo scontato: il giudizio è univoco, non si fa accenno alcuno a Mario Placanica che era poco più d’un ragazzo di 21 anni, un carabiniere sì, ma pur sempre molto giovane, un giovane che suo malgrado si è trovato di fronte a un altro giovane con il volto coperto e pronto a scagliargli addosso un estintore.

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sentenza definitiva: Placanica agì per legittima difesa. Poi qualcuno, nessuno glielo nega, può anche pensare e credere che la Corte Europea dei diritti dell’uomo abbia favorito Placanica, ma questa è una cosa che non sta in piedi: truschini in stile X-Files? Non siamo ridicoli.

C’è tanta roba vergognosa, tanta robaccia vergognosa nel G8, negli accadimenti di Genova: il massacro alla Diaz non ha nessuna scusante. Nessuno ha subito un solo serio provvedimento disciplinare, perlomeno per quanto m’è dato di sapere. Quel maledetto giorno hanno picchiato a sangue, macellato poveri innocenti e indifesi, hanno inferto umiliazioni, hanno offeso l’Umanità e i diritti dell’uomo, e nessuno ha pagato per tutto questo. Una indecenza, una sporchissima indecenza, sangue che non si laverà mai via e che rimarrà a testimoniare la carneficina che è stata operata da quelle Forze dell’Ordine che avrebbero dovuto evitare gli incidenti invece di provocarli ad arte. Ma non facciamo di tutte le Forse dell’Ordine un fascio: pensare, anche solo alla lontana, che tutte le Forse dell’Ordine siano corrotte e violente sarebbe pensiero ingiustificabile oltremodo calunnioso.

Giuliani e Placanica: due giovani, l’uno contro l’altro, uno pronto a scagliare un estintore a volto coperto. Che avrebbe mai dovuto fare Placanica? Farsi fracassare il cranio dall’estintore? E’ stato costretto. Un dramma, chi dice di no. Un doppio dramma che ha visto contrapposti due giovani, entrambi troppo spaventati dal casino che gli vorticava attorno. Troppo giovani entrambi per un contesto così grave e pesante come il G8. Ma non illudiamoci che i Black bloc fossero giovani e ingenui, carini e biondi, puliti puliti, tremanti e indifesi. Semplicemente quelli che sono ritratti nel film di Vicari non sono dei Black bloc: sono un inserto poetico, una nota stonata in un film che altrimenti avrei detto ottimo.

Ho qui evidenziato solo queste due pecche, null’altro: il giornalista, quello con la barbetta e gli occhialini gandhiani, apprende della notizia d’un giovane che è morto a Genova, molla così il PC, e senza il consenso del Direttore del giornale per cui lavora, si prende il suo giorno di vacanza e va a Genova. Finisce poi alla Diaz. Inutile che dica d’essere un giornalista: lo pestano comunque a sangue. Giuliani è sempre nel film, in un modo o nell’altro. Fa muovere gli eventi, fa muovere i personaggi. E l’impressione che io ho avuto è che il regista l’abbia quasi santificato facendone a tutti i costi una vittima, dimenticando che dall’altra parte, o meglio che di fronte a Giuliani c’era un giovane di 21 anni, Mario Placanica, un carabiniere con poca esperienza che si è visto accerchiato e minacciato da un ragazzo come lui pronto a spaccargli la testa, senza né ‘se’ né ‘ma’, con un estintore e non con un fionda giocattolo. Tutto questo nel film non c’è, si parla e si parla di Giuliani, del ragazzo: se ne parla fra le righe e se ne parla non poco. Sarebbe stato giusto, molto più giusto, dar voce a entrambe le parti giacché si è voluto tirare in ballo (a tutti i costi) Giuliani, anche se non era strettamente necessario per parlare dei macellai che hanno macellato degli innocenti indifesi alla Diaz.

Diaz di Daniele Vicari non riesce ad essere a pieno titolo un film omerico. Un film necessario, ma imperfetto, politicamente schierato.

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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2 risposte a Diaz di Daniele Vicari. Un film poco omerico | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

  1. cinzia stregaccia ha detto:

    in realtà ,sarà mia pecca naturalmente, ma l’unico che ho letto scrivere di questo fatto con obiettività sei stato tu.
    cinzia

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  2. Iannozzi Giuseppe ha detto:

    Ho letto diverse cose in giro che non segnalo in quanto mi permetto di evidenziare che sono abbastanza di parte.

    Il film è bello, ma ci sono delle pecche e le ho evidenziate: quel giorno non c’era solo Giuliani, c’era anche Placanica. E chiunque fossero i Black bloc – perché non si sa ancora oggi -, non erano di certo quelli del film di Vicari: se hai visto il film, davanti a simili Black bloc ti viene da ridere, o perlomeno hai un moto istintivo di tenerezza tanto sono carini, pulitini, perfettini, giovanissimi, insomma dei veri e propri agnellini. Agnellini spaventati che poi tremanti e piangenti – e non scherzo – si rifugiano dentro un bar mentre alla Diaz succede l’inferno. E mentre stano nel bar, al sicuro, dovresti vederli come tremano e piangono e si disperano: degli agnelli. Ma c’è che quelli di Vicari, semplicemente, non sono dei Black bloc, sono un inserto poetico, molto poetico. Una stonatura.

    Altra pecca è parlare di Giuliani, fra le righe sempre o quasi, e senza dar voce a Placanica.
    Il film è riuscito, un discreto film, ma è schierato ed è evidente. Manca il piglio omerico, di chi racconto gli avvenimenti e li racconta tutti senza intervenire portando delle sue conclusioni. Si poteva far di meglio.

    beppe

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